La rubrica di cucina...direte, voi care amiche e amici...banale!!! Non direi, perché per noi l'alimentazione è
molto importante per cercare di mantenersi fisicamente bene ,oltre al movimento che è importantissimo!!! Purtroppo già il caro intruso cancro, non è che ci porta bellezza e salute e una volta che
gli abbiamo dato lo sfratto, dobbiamo bonificare il territorio!!! Come? Chi c'è passato lo sa...e la parola magica è affidarsi!!! Affidarsi ai professionisti che faranno un lavoro sopraffino con
pozioni magiche a base di chemio, radio e pasticche di mantenimento per anni!!! Ma siamo sempre qui...meravigliosamente e caparbiamente qui!!! E l'alimentazione diventa elemento basilare per la
salute del nostro organismo.Per le donne operate al seno è invece più grave
ingrassare: oltre a incidere negativamente sull'umore, questo fenomeno è legato
al metabolismo dell'insulina (sindrome metabolica). Dagli studi emerge che le donne con sindrome metabolica hanno un rischio quasi doppio di avere recidive
e metastasi rispetto quelle che non ce l’hanno. Poiché la sindrome metabolica è influenzata dal tipo di dieta e dall’attività fisica, un sano stile di vita si traduce in una riduzione
dei fattori di rischio che favoriscono l’insorgenza di recidive e metastasi.
Si pensa sempre che per prevenire una malattia grave come il
cancro sia necessario sottoporsi a molti esami costosi. Di fatto non è esattamente così: gli esami di diagnosi precoce sui quali c'è attualmente per la prevenzione del cancro della
cervice, della ricerca del sangue occulto nelle feci per la diagnosi precoce del cancro del colon e della mammografia, che consente di individuare i tumori del seno in fase iniziale. Altri
sono in fase di studio, e si spera che in futuro possano aumentare le possibilità di intervento tempestivo.
È stato calcolato, però, che se tutti adottassero uno stile di
vita corretto si potrebbe evitare la comparsa di circa un caso di cancro su tre. La prevenzione,
quindi, è nelle mani di ognuno.
Se sei deciso a fare del tuo meglio per mantenerti in salute, ecco
quali sono i campi su cui puoi intervenire.
Il decalogo della salute
Il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro (World Cancer
Research Fund) ha concluso nel 2007 un'opera ciclopica di revisione di tutti gli studi scientifici sul rapporto tra alimentazione e tumori a cui hanno collaborato oltre 150 ricercatori,
epidemiologi e biologi provenienti dai centri di ricerca più prestigiosi del mondo.
Ne è nato il decalogo che segue, che viene regolarmente
aggiornato (ulteriori informazioni sono disponibili sul sito www.dietandcancerreport.org) https://translate.google.com/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.dietandcancerreport.org/&prev=search&pto=aue ( versione del sito in italiano, basta
evidenziare, ricopiare sul motore di ricerca).
Ecco 10 punti per una buona
alimentazione...
1.Mantenersi snelli per tutta la vita. Per conoscere se il proprio peso è in un intervallo accettabile è utile calcolare l'indice di massa
corporea (BMI = peso in Kg diviso per l'altezza in metri elevata al quadrato: ad esempio una persona che pesa 70 kg ed è alta 1,74 ha un BMI = 70 / (1,74 x 1,74) = 23,1.), che dovrebbe rimanere
verso il basso dell'intervallo considerato normale (fra 18,5 e 24,9 secondo l'Organizzazione mondiale della sanità).
2.Mantenersi fisicamente attivi tutti i giorni. In pratica è sufficiente un impegno
fisico pari a una camminata veloce per almeno mezz'ora al giorno; man mano che ci si sentirà più in forma, però, sarà utile prolungare l'esercizio fisico fino ad un'ora o praticare uno sport o un
lavoro più impegnativo. L'uso dell'auto per gli spostamenti e il tempo passato a guardare la televisione sono i principali fattori che favoriscono la sedentarietà nelle popolazioni
urbane.
3.Limitare il consumo di alimenti ad alta densità calorica ed
evitare il consumo di bevande zuccherate. Sono generalmente ad alta densità calorica i cibi
industrialmente raffinati, precotti e preconfezionati, che contengono elevate quantità di zucchero e grassi, quali i cibi comunemente serviti nei fast food. Si noti la differenza fra "limitare"
ed "evitare". Se occasionalmente si può mangiare un cibo molto grasso o zuccherato, ma mai quotidianamente, l'uso di bevande gassate e zuccherate è invece da evitare, anche perché forniscono
abbondanti calorie senza aumentare il senso di sazietà.
4.Basare la
propria alimentazione prevalentemente su cibi di provenienza vegetale, con cereali non industrialmente raffinati e legumi in ogni pasto e un'ampia varietà di verdure non amidacee e di
frutta. Sommando verdure e frutta sono raccomandate almeno cinque porzioni al giorno (per circa 600g); si
noti fra le verdure non devono essere contate le patate.
5.Limitare il consumo di carni rosse ed evitare il consumo di
carni conservate. Le carni rosse comprendono le carni ovine, suine e bovine, compreso il vitello. Non sono
raccomandate, ma per chi è abituato a mangiarne si raccomanda di non superare i 500 grammi alla settimana. Si noti la differenza fra il termine di "limitare" (per le carni rosse) e di "evitare"
(per le carni conservate, comprendenti ogni forma di carni in scatola, salumi, prosciutti, wurstel), per le quali non si può dire che vi sia un limite al di sotto del quale probabilmente non vi
sia rischio.
6 .Limitare il consumo
di bevande alcoliche. Non sono raccomandate, ma per chi ne consuma si raccomanda di
limitarsi ad una quantità pari ad un bicchiere di vino (da 120 ml) al giorno per le donne e due per gli uomini, solamente durante i pasti. La quantità di alcol contenuta in un bicchiere di vino è
circa pari a quella contenuta in una lattina di birra e in un bicchierino di un distillato o di un liquore.
7.Limitare il consumo di sale (non più di 5 g al giorno) e di
cibi conservati sotto sale. Evitare cibi contaminati da muffe (in particolare cereali
e legumi). Assicurarsi quindi del buon stato di conservazione dei cereali e dei legumi che si acquistano, ed evitare di conservarli in ambienti caldi ed umidi.
8.Assicurarsi un apporto sufficiente di tutti i nutrienti
essenziali attraverso il cibo. Di qui l'importanza della varietà. L'assunzione di supplementi alimentari
(vitamine o minerali) per la prevenzione del cancro è invece sconsigliata.
9.Allattare i bambini al seno per almeno sei
mesi.
10.Nei limiti dei pochi studi disponibili sulla prevenzione delle recidive,le raccomandazioni per la prevenzione alimentare del cancro valgono anche per chi si è già
ammalato.
Queste
sono le indicazioni di massima ma, andiamo più nello specifico punto per punto a partire dalla prossima settimana, parlando del punto n.1 manteniamoci snelli!!!
...
parleremo anche anche della FITOALIMURGIA...
FITOCHEEEEEEEEEEEEEE???
Fitoalimurgia...eheheheheeh!!! Una cucina particolare che coniuga conoscenza,passeggiate,cucinate e
soprattutto ...mangiate ma, con attenzione!!!
Curiosi
eh?
Alla
prossima settimana...
Fitoalimurgia :significa studio delle piante per lo più spontanee, a scopo gastronomico e deriva da tre vocaboli greci:
phyton=
pianta,
alimos = che toglie la
fame,
ergon= lavoro.
16 agosto 2021
Ed iniziamo dal primo punto del decalogo della salute del Fondo mondiale per la ricerca sul cancro:
1. Mantenersi snelli per tutta la vita.
Per conoscere se il proprio peso è in un intervallo accettabile è
utile calcolare l'indice di massa corporea (BMI = peso in Kg diviso per l'altezza in metri elevata al quadrato: ad esempio una persona che pesa 70 kg ed è alta 1,74 ha un BMI = 70 / (1,74 x 1,74)
= 23,1.), che dovrebbe rimanere verso il basso dell'intervallo considerato normale (fra 18,5 e 24,9 secondo l'Organizzazione mondiale della sanità).
Risultati massa corporea:
Grave magrezza
< 16,00
Sottopeso
16,00 - 18,49
Normopeso
18,50 - 24,99
Sovrappeso
25,00-29,99
Obeso classe 1
30,00-34,99
Obeso classe 2
35,00-39,99
Obeso classe 3
≥ 40,00
L'interpretazione dell'IMC viene effettuata secondo i criteri definiti dall'Organizzazione Mondiale della
Sanità, che comunque definisce questa classificazione come statistica e riferibile alla popolazione.
In base a questa classificazione la popolazione italiana (persone di 18 anni e più) risulta così distribuita:
3% sottopeso
51,5% normopeso
35,5% sovrappeso
10% obesa
Se l'indice è troppo alto
Dal punto di vista epidemiologico il valore dell’IMC unito a quello di altri indicatori specifici per la
determinazione della localizzazione del grasso nella valutazione della composizione corporea, valuta (soprattutto per le classi sovrappeso e obesità) l’aumento del rischio di malattie quali il
diabete tipo 2, le malattie cardiovascolari, le malattie articolari da sovraccarico, le disfunzioni ormonali, i tumori e, nelle donne in età fertile, eventuali alterazioni del ciclo mestruale,
difficoltà a concepire e se la gravidanza è ad alto rischio di complicanze sia per la madre che per il bambino.
Per il range di obesità (IMC > 30) o di preobesità (IMC tra 25 e 29,9), anche una piccola perdita di peso (tra il 5% e il 10% del peso reale) porta ad una riduzione del rischio di sviluppare
tali patologie.
Se l'indice è troppo basso
Un IMC al di sotto di 18,5 kg/m2 è indice di sottopeso. Anche questa condizione è associata a diverse patologie,
caratterizzata da una consistente perdita di peso.
No alle diete fai da te
E' importante sapere però che l'indice di massa corporea non permette di distinguere variazioni del peso dovute
all'entità della massa muscolare, della massa ossea, al contenuto di acqua o all'accumulo di grasso.
Quindi, la semplicità di calcolo dell'IMC non deve trarre in inganno, portando a diete "fai dai te".
Possiamo comunque avere un'indicazione di
massima
del mangiar sano...
Salute a portata di mano - Decalogo per il consumo di frutta e verdura.
Cinque porzioni cinque:
ogni giorno mangia "almeno" 5 porzioni di frutta e verdura, compresa quella pronta al consumo senza sale e/o
zucchero aggiunti; varia la scelta dei colori e preferisci quelle di stagione.
Mai senza!
Tieni sempre a portata di mano frutta e verdura in modo da averne sempre una scorta, ben in vista in frigo o nel
surgelatore.
Chi l’ha detto che le verdure
devono essere solo “contorno”?!
Prova finocchi, carote, sedano, pomodorini e tanti altri ortaggi come snack: ne guadagni in salute e metti la
fame a posto!
Studi o lavori?
Scegli l’energia della frutta fresca e riparti con la giusta carica!
Cosa mangi
oggi?
Un bel primo con un’abbondanza di verdure: così hai una gustosa occasione per consumare una delle 2-3 porzioni
di verdura della giornata.
Peccati di gola?
Sì ogni tanto ma sempre con l’aggiunta di frutta alle preparazioni di dolci fatti in casa: saranno più gustose e
sazianti.
Non si butta niente!
Usa ogni parte dei prodotti vegetali: con i gambi della verdura fai brodi e zuppe, dal frullatore/estrattore
recupera il “residuo” della polpa dei frutti e aggiungilo alla bevanda che hai preparato. Vitamine e fibra insieme!
Fai centro con un bel piatto unico!
2-3 volte alla settimana: una buona zuppa a base di cereali (ad es.: pasta, riso, farro, pane integrali, etc.) e
legumi, e il buon nutrimento è assicurato.
La verdura dà il meglio di sé “croccante”.
Cerca di non farla cuocere troppo: manterrai meglio i suoi nutrienti e ti sentirai più sazio.
Dai il buon esempio!
Comincia te adulto per primo a mangiare davanti ai bambini frutta e verdura e sarai più convincente.
Fonte: Ministero della salute
...anche la Giovanna, tutta spuma e panna dovrebbe mangiare più verdura!!!
E la Fitoalimurgia?
Questo termine è stato utilizzato per la prima volta da Giovanni Targioni Tozzetti nel libro
“De alimenti urgentia – alimurgia” (1767), primo
testo scientifico che raccoglie le conoscenze sull’uso delle erbe spontanee in cucina per rendere meno gravi le carestie.
La tradizione orale sull’utilità delle erbe commestibili era la fonte principale di conoscenza e piano piano si è persa venendo meno la necessità di farne uso.
L’uso delle erbe spontanee in Italia è diffuso in tutte le regioni. Oggi, rispetto al passato, la loro raccolta è dovuta ad un crescente interesse per i cibi naturali e non più per
necessità.
Le erbe spontanee sono ricche di sali minerali, proteine, vitamine (A e C) e contengono alte percentuali
di fibre. Rispetto agli ortaggi coltivati (soggetti a selezione artificiale per accontentare esigenze di mercato dove vincenti risultano essere le cultivar più produttive) contengono
una maggiore quantità di principi nutritivi. Mantenere viva la conoscenza e la raccolta delle erbe spontanee permette di conservare il loro potenziale genetico (banca del germoplasma : struttura attrezzata per la raccolta e la conservazione del germoplasma di specie endemiche, rare o a rischio di estinzione, e di specie a interesse
agronomico e selvatiche. Per germoplasma si intende il materiale in grado di trasmettere i caratteri ereditari da una generazione all’altra. Esso è costituito da tessuti o cellule capaci di
ripristinare un organismo intero e rappresenta la variabilità genetica disponibile per una specifica popolazione di individui).
I nomi attribuiti alle piante possono essere di tre tipi :
1.nome dialettale – legato ad un’area linguistica
ristretta;
2.nome volgare (vulgaris = comune) – utilizzato nella lingua nazionale e si affianca a
quello dialettale e scientifico;
3.nome scientifico in lingua latina basato sulla nomenclatura binomia
introdotta da Linneo nel 1753, la prima parola indica il Genere (lettera iniziale maiuscola), la seconda indica la Specie (lettera iniziale minuscola).
Nel piccolo elenco di erbe spontanee che seguirà abbiamo indicato il nome volgare, che talvolta coincide con
quello dialettale (altre volte la stessa erba può avere diversi nomi dialettali a seconda della regione dove viene raccolta), ed il nome scientifico.
Per raccogliere le erbe spontanee bisogna averne una grande conoscenza essendo alcune specie molto simili ad erbe
velenose. Inizialmente, fintanto che non si apprende da persona esperta la conoscenza precisa, meglio acquistarle nei mercatini biologici o a km zero. Però bisogna iniziare, noooo???
Esistono regole che vanno seguite anche in questa operazione in apparenza semplice :
1.La raccolta delle erbe è manuale, talvolta si usa un coltello, una
forbice o una zappetta; le parti edibili di una pianta possono essere : le foglie, il fusto, i germogli, le radici, i tuberi, i bulbi.
2.Non strappare le radici,
tagliare solo ciò che serve, la pianta deve avere la possibilità di ricrescere. Quando è la parte sotterranea della pianta quella che interessa, accertarsi che nelle vicinanze ve ne siano
altre.
3.La raccolta deve essere effettuata in luoghi lontani dalla strada e dai
campi coltivati (inquinamento e contaminazione da fitofarmaci, diserbanti, …).
4.Accertarsi che il luogo prescelto per la raccolta non sia protetto da leggi regionali (per esempio nelle Riserve Naturali) ed
eventualmente informarsi su cosa si può o non si può raccogliere.
5.Conoscere il momento più adatto alla raccolta o tempo
balsamico :
·per le gemme, quando sono ancora chiuse e la fogliolina che la ricopre (perula) non si è ancora staccata;
·per la fioritura, il fiore va raccolto con le foglie più vicine ad esso;
·per la corteccia il periodo migliore è quello della ripresa vegetativa in primavera;
·per le radici, quando la pianta è a riposo;
·non raccogliere nelle giornate di pioggia e di vento;
·il tempo deve essere bello e secco, quando la rugiada è evaporata;
·trasportare le piante in recipienti adeguati che mantengano l’areazione, come i cesti di vimini.
23 agosto 2021
IL SECONDO PUNTO DEL DECALOGO DELLO STAR BENE:
- mantenersi fisicamente attivi tutti i giorni.
Il decalogo
della salute
Il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro (World Cancer Research Fund) ha concluso
nel 2007 un'opera ciclopica di revisione di tutti gli studi scientifici sul rapporto tra alimentazione e tumori a cui hanno collaborato oltre 150 ricercatori, epidemiologi e biologi provenienti
dai centri di ricerca più prestigiosi del mondo.
Ne è nato il decalogo che segue, che viene regolarmente aggiornato
(ulteriori informazioni sono disponibili sul sito www.dietandcancerreport.org):https://translate.google.com/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.dietandcancerreport.org/&prev=search&pto=aue
Oggi, 23 agosto 2021, parliamo del punto 2 del decalogo della
salute scritto dal FONDO MONDIALE PER LA RICERCA SUL CANCRO (ulteriori informazioni sono
disponibili sul sito www.dietandcancerreport.org)
2.Mantenersi fisicamente attivi tutti i giorni. In pratica è sufficiente un impegno fisico pari a una camminata veloce per almeno mezz'ora al giorno; man mano che ci si
sentirà più in forma, però, sarà utile prolungare l'esercizio fisico fino ad un'ora o praticare uno sport o un lavoro più impegnativo. L'uso dell'auto per gli spostamenti e il tempo passato a
guardare la televisione sono i principali fattori che favoriscono la sedentarietà nelle popolazioni urbane.
• L’inattività fisica è il quarto più importante fattore di rischio di mortalità nel mondo.
• Circa 3,2 milioni di persone muoiono ogni anno a causa dell’inattività fisica.
• L’inattività fisica è un fattore di rischio fondamentale per le malattie non trasmissibili, quali le patologie cardiovascolari, i tumori e il
diabete.
• L’attività fisica apporta benefici significativi alla salute e contribuisce a prevenire le malattie non trasmissibili.
• Nel mondo, un adulto su tre non è sufficientemente attivo. • Nel 56% degli Stati membri dell’Orgaismo Mondiale della Sanità, da qui in
avanti chiamato OSM ) sono in atto politiche per contrastare l’inattività fisica. • Gli Stati membri dell’OMS hanno concordato di ridurre del 10% l’inattività fisica entro il 2025.
Che cos’è l’inattività fisica?
Secondo la definizione dell’OMS, per attività fisica si intende ogni movimento corporeo prodotto dai muscoli scheletrici che comporti un
dispendio energetico - incluse le attività effettuate lavorando, giocando, dedicandosi alle faccende domestiche, viaggiando e impegnandosi in attività ricreative. Il termine “attività fisica” non
andrebbe confuso con il termine “esercizio”, che è una sottocategoria dell’attività fisica caratterizzata dal fatto di essere pianificata, strutturata, ripetitiva e volta a migliorare o a
mantenere uno o più aspetti della forma fisica. Sia l’attività fisica di intensità moderata che quella vigorosa apportano benefici alla salute. L’intensità delle diverse forme di attività fisica
varia a seconda delle persone. Per risultare benefica per la salute cardiorespiratoria, ogni attività fisica dovrebbe essere praticata in sessioni di almeno 10 minuti di durata. L’OMS
raccomanda:
• per bambini e adolescenti: 60 minuti al giorno di attività di intensità da moderata a vigorosa;
• per gli adulti (dai 18 anni): 150 minuti a settimana di attività di intensità moderata.
Benefici dell’attività fisica.
Un’attività fisica regolare di intensità moderata - ad esempio camminare, andare in bicicletta o praticare sport - apporta benefici
significativi alla salute. Ad ogni età, i benefici dell’attività fisica superano i potenziali danni, ad esempio quelli legati ad incidenti. Praticare anche poca attività fisica è meglio che non
praticarne affatto. I livelli di attività consigliati si possono raggiungere abbastanza facilmente rendendosi più attivi nel corso della giornata in modi relativamente semplici.
Livelli di attività fisica regolari e adeguati:
• aumentano il benessere muscolare e cardiorespiratorio;
• migliorano la salute ossea e funzionale;
• riducono il rischio di ipertensione, malattie cardiache coronariche, ictus, diabete, tumore della mammella e del colon e depressione;
• riducono il rischio di cadute e di fratture dell’anca o delle vertebre;
• sono fondamentali per l’equilibrio energetico e il controllo del peso.
Rischi legati all’inattività fisica L’inattività fisica è il quarto più importante fattore di rischio di mortalità a livello mondiale e causa
il 6% di tutti i decessi. E’ superato soltanto dall’ipertensione sanguigna (13%) e dal consumo di tabacco (9%) e si attesta allo stesso livello di rischio dell’iperglicemia (6%). Circa 3,2
milioni di persone muoiono ogni anno perché non sono abbastanza attive. L’inattività fisica è in aumento in molti paesi, rendendo più pesante il carico delle malattie non trasmissibili e
ripercuotendosi negativamente sulla salute in tutto il mondo. Le persone insufficientemente attive presentano un rischio di mortalità dal 20% al 30% più elevato rispetto a persone impegnate in
almeno mezz’ora di attività fisica di intensità moderata nella maggior parte dei giorni della settimana.
L’inattività fisica è la causa principale di circa:
• il 21-25% dei tumori della mammella e del colon;
• il 27% dei casi di diabete;
• il 30% delle malattie cardiache ischemiche.
La diminuzione dell’attività fisica è dovuta in parte all’inazione durante il tempo libero e a comportamenti sedentari in casa e sul lavoro. Allo
stesso modo, contribuisce all’inattività fisica anche un incremento dell’utilizzo di mezzi di trasporto cosiddetti “passivi”.
Diversi fattori ambientali collegati all’urbanizzazione possono scoraggiare le persone dal diventare più attive, ad esempio:
• paura della violenza e del crimine nelle aree all’aperto;
• alta densità di traffico • cattiva qualità dell’aria, inquinamento;
• assenza di parchi, marciapiedi e impianti sportivi e ricreativi.
Come aumentare il livello di attività fisica? Sia la società che le persone possono agire per aumentare il livello di attività fisica. Nel
2013, gli Stati membri dell’OMS hanno concordato di ridurre del 10% l’inattività fisica nel quadro del “Piano d’azione mondiale per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili
2013-2020”. Nell’80% circa degli Stati membri dell’OMS sono state elaborate politiche e piani per contrastare l’inattività fisica, che tuttavia sono operativi solo nel 58% dei paesi. Le autorità
nazionali e locali stanno anche adottando politiche in una serie di settori per promuovere e favorire l’attività fisica. Le politiche per aumentare il livello di attività fisica mirano a
garantire che:
• camminare, andare in bicicletta e altre forme di trasporto attivo siano accessibili e sicure per tutti; • le politiche relative al lavoro e
al posto di lavoro incoraggino l’attività fisica;
• le scuole abbiano spazi e strutture sicuri per permettere agli studenti di occupare il tempo libero in maniera attiva;
• un’educazione fisica di qualità aiuti i bambini a sviluppare modelli di comportamento che permettano loro di rimanere attivi in tutto il
corso dell’esistenza;
• impianti sportivi e ricreativi forniscano a tutti l’opportunità di praticare
sport.
Quindi care amiche e amici, ci dobbiamo sforzare di fare attività fisica...
Non vorrete mica diventare come la signora Lella, che mangiava e leccava anche la scodella?
E poi continuiamo con la Fitoalimurgia, cioè l'uso in cucina di erbe spontanee
e...vedrete che sorprese.
Oggi ve ne mostreremo tre e sfido chiunque a non conoscerle:
Acetosella – Oxalis acetosella–
·Periodo
di raccolta : primavera-estate.
·Parti
utili : foglie con i gambi.
·Proprietà:
utile nei disturbi gastrici e nelle congestioni epatiche.
·Impiego
in cucina : dal sapore acidulo adatta per insalate. Componente fondamentale della zuppa “d’imbroi“, tipica dell’alta Brianza.
Il bello è che, quando ero piccina, mi piaceva strappare il trifoglio, così si chiama dalle mi' parti, e mordicchiare i gambi: il liquido acidulo
che ne veniva fuori, a noi bambini ci faceva passare la sete... e poi ci garbava un monte!!!
·Impiego
in cucina : come aromatizzante per patate lesse, per uova strapazzate o per insaporire minestre, zuppe e frittate.
Quando andavo ni' bosco con il nonno, si trovavano dalle parti del viottolo...erano tipo agli in miniatura, ma con un sapore più gentile...la nonna ci faceva delle minestre
così profumate che me ne ricordo ancora!!!
Bardana maggiore – Arctium lappa –
·Periodo
di raccolta:
radice in autunno, foglie maggio-luglio prima della fioritura.
·Impiego
in cucina : le radici come le patate; i piccioli sbollentati e poi tirati in padella.
Io devo dire, che la mia più bella infanzia e gioventù l'ho vissuta allo stato brado: da quando ho memoria a quando avevo vent'anni e più, ho passato i momenti più belli da zie
e nonni, in campagna e montagna, allo stato brado! Libertà totale...giochi, e conoscenza di tante piante... per esempio, con la bardana ci si giocava a tiraci dietro le " lappole" quei fiori
viola, che in cima hanno come degli uncini che si appiccicavano a maglie e magline...poi, giùùùùùù!!!
Corri da monte a monte!!! Ci si divertiva con nulla? Si, ma che bellezza...
Scommetto che tutte voi care amiche e cari amici, queste piante le conoscete benone...e scriverò anche delle ricette interessanti...allora a prestissimo !!!
La vostra Calandrina Vespasiana...si, ma come mai mi chiamo così?
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30 agosto 2021
Il decalogo della salute
Il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro (World
Cancer Research Fund) ha concluso nel 2007 un'opera ciclopica di revisione di tutti gli studi scientifici sul rapporto tra alimentazione e tumori a cui hanno collaborato oltre 150 ricercatori,
epidemiologi e biologi provenienti dai centri di ricerca più prestigiosi del mondo.
Ne è nato il decalogo che segue, che viene regolarmente aggiornato
(ulteriori informazioni sono disponibili sul sito www.dietandcancerreport.org):https://translate.google.com/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.dietandcancerreport.org/&prev=search&pto=aue
.
Oggi il terzo punto:
3-Limitare il consumo di alimenti ad alta densità calorica ed evitare il consumo di bevande
zuccherate. Sono generalmente ad alta densità calorica i cibi industrialmente
raffinati, precotti e preconfezionati, che contengono elevate quantità di zucchero e grassi, quali i cibi comunemente serviti nei fast food. Si noti la differenza fra "limitare" ed "evitare". Se
occasionalmente si può mangiare un cibo molto grasso o zuccherato, ma mai quotidianamente, l'uso di bevande gassate e zuccherate è invece da evitare, anche perché forniscono abbondanti calorie
senza aumentare il senso di sazietà.
Mangiare è uno dei bisogni primari di tutti gli esseri viventi, ma
per un uomo e una donna adulti il cibo rappresenta molto più che uno strumento per soddisfare un bisogno fisiologico dell'organismo e sono molte le implicazioni psicologiche che si nascondono
dietro a ogni pasto. Innanzitutto il cibo è un momento
sociale molto importante per gli esseri umani, che amano mangiare in compagnia a
differenza di molti altri animali che invece mangiano da soli per proteggere il loro cibo dai predatori.
A tavola si rafforzano i rapporti di amicizia, si festeggiano i lieti eventi, ci si
dichiara al proprio innamorato e si concludono spesso affari.
Ma a volte il cibo diventa anche una valvola di sfogo e un appiglio
al quale aggrapparsi per combattere lo stress o la
depressione.
Succede allora che si mangi troppo o male, privilegiando alimenti
grassi o dolci, spesso molto calorici, che soddisfano - anche dal punto di vista chimico - il bisogno di "riempire un vuoto"; o che altre volte invece si mangi in modo irregolare, ingerendo tutto
quello che capita e cedendo anche a vere e proprie abbuffate (il cosiddetto binge
eating), molto dannose a lungo andare per la salute e il mantenimento di un peso corretto.
Meglio allora, in caso di tristezza o stress eccessivo, provare a puntare
l'attenzione su qualcosa di diverso dal cibo e, nel caso ci si accorga che il cibo è diventato un rifugio psicologico, chiedere consiglio a un medico o a uno psicologo.
Composizione calorica e nutrienti
Quali sono i numeri della buona tavola? Quante calorie servono per
raggiungere questi obiettivi? La società italiana di nutrizione umana (SINU) si occupa di calcolare i LARN, i livelli di assunzione di
riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana. Per gli adulti
maschi, ad esempio, le chilocalorie giornaliere dovrebbero essere circa 2.300, mentre per le donne ne bastano meno di 2.000.
Ma anche in questo caso generalizzare troppo è un errore: il numero
di calorie giornaliere varia di molto a seconda dell'età, del sesso, della
costituzione(peso e altezza)e dell'attività fisica
svolta. Non è facile controllare se ciò che mangiamo copre i propri fabbisogni. A
volte lo fanno i nutrizionisti quando preparano una dieta, ma è praticamente impossibile per una persona comune controllare se si ingeriscono le giuste quantità di tutti i nutrienti senza perdere
il gusto di mangiare, a forza di fare calcoli durante i pasti. Il nostro corpo, inoltre, è abituato ad accumulare quello che si mangia in eccesso e a cederlo quando ce n'è di meno a disposizione.
Per questo, secondo le tendenze più moderne della nutrizione, se si seguono con regolarità e costanza le raccomandazioni della sana alimentazione il corpo si regola da
sé, senza bisogno di calcoli complicati o di bilance.
Per regolarci possiamo anche tenere conto di alcune indicazioni
generali sulla composizione di ciascun pasto. È importante, infatti, sapere che le calorie sulla tavola di un adulto dovrebbero essere così distribuite: proteine (15-20%), grassi (20-30%)
e carboidrati (55-60%).Nel
considerare queste percentuali bisogna tenere conto che non si riferiscono al peso degli alimenti, ma all'energia
fornita. Per esempio 20 grammi di grassi o olio forniscono 180 Kcal, mentre 20 grammi
di carboidrati ne forniscono 80: è dunque evidente che per raggiungere le percentuali sopra riportate dovremo mangiare molti cereali integrali e pochi grassi.
Menù e porzioni
Gli studi epidemiologici e la ricerca molecolare hanno permesso di
conoscere a fondo le caratteristiche degli alimenti e il loro effetto sull'organismo, ma non è sempre semplice seguire i consigli degli esperti nella vita di tutti i giorni. Viene da chiedersi
per esempio come si traduce in pratica la raccomandazione di consumare 5 porzioni di frutta e verdura in un giorno. E come è possibile conoscere la composizione degli alimenti che mettiamo nel
piatto.Il primo passo è senza dubbio quello di leggere sempre con grande
attenzione le etichette, preziosa fonte di informazioni nutrizionali che ci permettono
di capire cosa realmente stiamo mangiando. Bastano alcune informazioni per costruire un menù completo e sano, qualche indicazione su cosa si intende per porzione e il gioco è fatto, ma se ciò non
bastasse, le possibilità di informarsi sono molte.
L'INRAN
- Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la
nutrizione - ha messo a disposizione molti dei dati conosciuti sulla
composizione in nutrienti e in contenuto calorico di moltissimi alimenti, ma esistono anche programmi che permettono di fare questi calcoli più agevolmente. Attenzione
però: non è necessario pranzare con la calcolatrice in mano per riuscire a
costruirsi un menù salutare: mettersi a tavola non deve trasformarsi in un lavoro, ma deve rimanere un piacere.
Tutti gli zuccheri semplici andrebbero fortemente
ridotti: quelli contenuti nella frutta sono infatti sufficienti per soddisfare il
nostro fabbisogno. Non solo è necessario prestare attenzione al classico zucchero bianco, ma anche allo zucchero di canna, al fruttosio, al miele, ai vari sciroppi e dolcificanti artificiali.
Tutti, infatti, vanno a incidere sul nostro peso e sullo sviluppo di alcune patologie, dal diabete alle neoplasie. Per dolcificare bevande e dolci sarebbe meglio ricorrere ad alternative più
naturali, come il succo di mela o la frutta
essiccata. Il caffè e le tisane dovrebbero essere gustate al naturale.
Fonte:
AIRC
Non vorrete mica diventare come Manetta, che della dieta, fece trombetta ( pernacchia )!!!
Ma torniamo anche alla nostra Fitoalimurgia alla scoperta delle erbe commestibili spontanee.
Borraggine :periodo di raccolta: fiorisce da maggio a
settembre.
·Parti
utili : le foglie ed i fiori.
·Proprietà :
emollienti, espettoranti, sudorifere, antireumatiche. Il Ministero della salute con un decreto ha stabilito che
fiore, foglia e pianta erbacea con fiori della Borago officinalis sono da considerare degli estratti vegetali non ammessi negli integratori alimentari.
·Impiego
in cucina : le foglie fresche nelle insalate altrimenti nelle frittate, nei risotti, nelle minestre. I fiori sono edibili e vengono utilizzati soprattutto a scopo
decorativo.
Buffo: anche adesso se mi affaccio dalla terrazza sul piccolo giardino condominiale, è pieno di questi fiorellini
celesti...quasi quasi mi faccio una frittata!!!
·Periodo
di raccolta:
le foglie marzo-aprile, i fiori giugno-luglio, le radici ottobre-novembre.
·Parti
utili : radici, foglie giovani basali prima della fioritura.
·Proprietà:
stomachiche, depurative, diuretiche, stimolanti del fegato, amaro-toniche, lassative.
Impiego in cucina : La radice tostata è un surrogato del caffè (veniva chiamato caffè prussiano).
Si può consumare cruda o cotta.
Mi piacciono molto i fiorellini che uso spesso nel mio tarocco della Cucina e a volte, fateci caso, in molti ristoranti vengono usati a scopo
decorativo...
Crescione – Nasturtium officinale –
·Periodo
di raccolta:
aprile-giugno.
·Parti
utili : foglie giovani e giovani getti prima della fioritura.
·Impiego
in cucina : si apprezza in modo particolare in insalata, nella cottura molte delle sue proprietà eccezionali si
attenuano.
Mi ricordo da piccina, quando allo stato brado, andavo per i boschi e i fossi con il nonno
o la zia si partiva con la zappa e un paniere alla ricerca delle erbe: molto ricercato era il crescione nelle zone umide, che era risaputo miracoloso per la caduta dei capelli. E allora, giù
insalate e anche decotti da mettere sulla testa. E nella cultura popolare, sempre si trovava giovamento...Bei tempi...
E ora che abbiamo una piccola cultura della Fitoalimurgia, che continueremo a conoscere, il prossimo lunedì la Calandrina Vespasiana si cimenterà un un piatto con ingredienti naturali e...se lo mangia anche!!! Intanto buona lettura, sempre con buonumore!!!... forse...
6 settembre 2021
La cucina....4° punto del decalogo mondiale per la ricerca sul cancro. Il decalogo della salute
Il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro (World Cancer Research Fund) ha
concluso nel 2007 un'opera ciclopica di revisione di tutti gli studi scientifici sul rapporto tra alimentazione e tumori a cui hanno collaborato oltre 150 ricercatori, epidemiologi e biologi
provenienti dai centri di ricerca più prestigiosi del mondo.
Ne è nato il decalogo che segue, che viene regolarmente aggiornato (ulteriori
informazioni sono disponibili sul sito www.dietandcancerreport.org):https://translate.google.com/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.dietandcancerreport.org/&prev=search&pto=aue
Ecco il punto 4 del decalogo:
4. Basare la
propria alimentazione prevalentemente su cibi di provenienza vegetale, con cereali non industrialmente raffinati e legumi in ogni pasto e un'ampia varietà di verdure non amidacee e di
frutta. Sommando verdure e frutta sono raccomandate almeno
cinque porzioni al giorno (per circa 600g); si noti fra le verdure non devono essere contate le patate.
Tra gli alimenti che negli ultimi
anni sono risultati più promettenti dal punto di vista preventivo si possono menzionare:
1) i cereali
integrali, non
raffinati perché ricchi in fibra, composti fenolici, minerali, vitamine e altri elementi in traccia, che oltre ad aumentare il senso di sazietà, riducono la risposta glicemica e migliorano la
sensibilità all’insulina; 2) i
legumi, forniscono
proteine di buona qualità, aiutano a tenere basso il colesterolo e rallentano la velocità di assorbimento del glucosio 3) la frutta inclusa la
frutta secca,
caratterizzata da un profilo lipidico in linea con le raccomandazioni e da un elevato contenuto in fibra e polifenoli, che oltre a migliorare il profilo lipidico con conseguente riduzione del
rischio di malattie cardiovascolari, modulando la risposta glicemica, riduce il rischio di diabete; 4) l’olio di
oliva, per la presenza di
ben caratterizzati polifenoli che riducono l’ossidazione dell’LDL-colesterolo, marker di rischio cardiovascolare e di rischio per i tumori al seno. 4) le
verdure di tutti i
tipi secondo stagione per la attività protettiva. Un elevato consumo di verdura diminuisce del 18% il rischio di tumore del seno.
Aggiungiamo per le amiche e gli amici che ci
seguono una tabella della stagionalità di frutta e verdura, che può essere una buona indicazione per cercare di comprare frutta e verdura fresca di stagione.
Ma quali sono le verdure di
stagione?
Ecco una bella tabellina:
Questo è una stampa della Regione Toscana, ma insomma, può andare bene anche per altre regioni!
E stiamo attenti alla dieta: non vorremmo mica diventare come le Grazie ciccie? Che mangiano e sgranocchiano le salsicce !!!!!
Ma andiamo avanti con la FITOALIMURGIA, con altre tre piante che possiamo trovare in ogni prato e crescono spontaneamente!!!
·Impiego
in cucina : I semi vengono utilizzati come aromatizzante di carni, pesci, verdura, frutta, dolci e liquori ; le foglie ed i fusti (quest ‘ultimi anche essiccati) servono per
profumare minestre, piatti di verdure, carni di coniglio e agnello, pesce..
Nelle nostre campagne del Mugello, Val di Sieve , il finocchio si trova in abbondanza e ha un profumo!!!! Sia fresco che secco!!!
Quanto ne ho raccolto e quanto ne ho seccato e se mi trovo in qualche posto in vacanza o anche straniero che lo vedo lo prendo per seccare!
A S.Antioco , ne presi per tutto l'inverno!!!
Malva – Malva sylvestris –
·Periodo
di raccolta:
da maggio a settembre.
·Parti
utili : foglie giovani e i fiori.
·Proprietà:
emollienti intestinali e dell’apparato respiratorio, stomatiche, lenitive, blandamente lassative.
Impiego in cucina : petali e fiori crudi in insalata oppure cotta nei risotti e nelle minestre.
Quando ero piccina, il nonno Cesare, andava a cercarla e, ne metteva a bollire due o tre foglie in un pentolino: poi
beveva l'acqua per una quindicina di giorni e ...ragazzi!!! Come dimagriva!!! Un portento!!!
·Impiego
in cucina : le foglie, del tutto innocue dopo una breve sbollentatura, perdono il loro potere urticante, servono per preparare risotti, minestre, frittate, tortelli, torte salate,
ripieni, ecc.
La mi'nonna ci faceva i tortelli ai posto della bietola o degli spinaci: prima va sbollentata eh! Non facciamo scherzi!!!
Care amiche e amici, come vi avevo preannunciato dalla settimana prossima , partiranno due rubriche di cucina di piatti cucinati e da cucinare: una Fitoalimurgica e l'altra di una signora
chiamata Rita...Ma chi è la Rita...ve la presenterò prossimamente, perché in questi giorni la ci ha fatto uno scherzaccio!!! Al prossimo lunedì e donne, curatevi e prevenite sempre...anche con il
mangiare!!!
13 settembre 2021
Il decalogo
della salute
Il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro (World Cancer Research Fund) ha concluso
nel 2007 un'opera ciclopica di revisione di tutti gli studi scientifici sul rapporto tra alimentazione e tumori a cui hanno collaborato oltre 150 ricercatori, epidemiologi e biologi provenienti
dai centri di ricerca più prestigiosi del mondo.
Ne è nato il decalogo che segue, che viene regolarmente aggiornato
(ulteriori informazioni sono disponibili sul sito www.dietandcancerreport.org):https://translate.google.com/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.dietandcancerreport.org/&prev=search&pto=aue
5. Limitare il consumo di carni
rosse ed evitare il consumo di carni conservate. Le carni rosse comprendono le
carni ovine, suine e bovine, compreso il vitello. Non sono raccomandate, ma per chi è abituato a mangiarne si raccomanda di non superare i 500 grammi alla settimana. Si noti la differenza fra il
termine di "limitare" (per le carni rosse) e di "evitare" (per le carni conservate, comprendenti ogni forma di carni
in scatola, salumi, prosciutti, wurstel), per le quali non si può dire che vi sia un limite al di sotto del quale probabilmente non vi sia rischio.
La carne – inclusa quella rossa e quella lavorata – rappresenta senza dubbio una importante fonte di proteine ed è importante
ricordare che le proteine animali sono costituite dalle stesse molecole di quelle vegetali, gli amminoacidi.
La pericolosità delle carni rosse e lavorate per il rischio di cancro dipende sia
dalle quantità sia dal modo con cui alcune componenti interagiscono con l'organismo. Per esempio, la lavorazione delle carni per la loro conservazione e le modalità di cottura modificano le molecole presenti o ne generano di nuove che possono aumentare il rischio di sviluppare un
tumore.
I cibi di origine animale contengono, oltre alle proteine, anche molte altre
sostanze tra cui i grassi saturi e il ferro nel gruppo eme. In dosi eccessive essi possono provocare un aumento di colesterolo, dei livelli di insulina nel sangue e l'infiammazione
del tratto intestinale, aumentando il rischio di certe patologie, tra cui i tumori, in particolare quelli del colon-retto.
Un consumo modesto di carni
rosse non aumenta in modo sostanziale il rischio di ammalarsi di cancro del colon-retto in
individui a basso rischio. Le persone a elevato rischio individuale (per familiarità o presenza di altre patologie) dovrebbero discutere del loro piano alimentare insieme a un medico, per
valutare quanto è opportuno ridurre l'apporto di carne rossa e carni lavorate, considerando che nella carne vi sono alcuni nutrienti (come la vitamina B12, il ferro e lo zinco) che sono
comunque preziosi per il benessere dell’organismo.
Quali patologie sono associate a un eccessivo consumo di carne rossa?
Nessuna patologia è causata
soltanto dal consumo di carne rossa. Tuttavia gli epidemiologi concordano sul fatto
che gli individui che seguono diete ricche di proteine animali, soprattutto carni rosse e lavorate, hanno un maggior rischio di sviluppare patologie come diabete, infarto e problemi
cardiovascolari, obesità e cancro.
Riguardo ai tumori, il rischio aumenta soprattutto per quelli dell'apparato gastro-intestinale, come il cancro al colon-retto e allo stomaco,
ma anche per alcuni tumori dipendenti dagli ormoni, come quello al seno, alla prostata e all'endometrio. Nel 2015 l'International Agency for
Research on Cancer (IARC) di Lione, un'agenzia dell'Organizzazione mondiale della
sanità che valuta e classifica le prove di cancerogenicità delle sostanze, ha definito la carne
rossa come probabilmente cancerogena (classe 2A della classificazione dello IARC) e la carne rossa
lavorata (insaccati e salumi)
come sicuramente cancerogena (classe 1 della classificazione dello IARC). Tutti i dati che hanno portato a tale classificazione e le riflessioni sul tema sono contenuti e descritti in dettaglio
in una monografia dedicata a “Carni rosse e lavorate”, pubblicata dagli esperti IARC nel 2018 e basata sulla revisione di
oltre 800 studi sull’argomento.
Come interpretare la classificazione dello IARC?
Vi è molta confusione riguardo al significato della decisione dello
IARC di includere le carni rosse e le carni rosse lavorate rispettivamente nella classe
2A e nella classe
1 delle sostanze cancerogene.
La decisione è stata presa dopo un'attenta revisione degli studi
disponibili in merito, ma non significa che i salumi siano
sempre e necessariamente più pericolosi della carne rossa fresca. La classificazione
di cancerogenicità non è una classificazione del livello di rischio, ma una misura del grado di fiducia che gli esperti hanno nei dati per potersi esprimere sulla cancerogenicità di un prodotto.
In pratica ci dice solo che gli studi su salumi e insaccati hanno una qualità e un'ampiezza tale da farci dire con minore incertezza che i salumi possono aumentare il rischio di ammalarsi, mentre
gli studi sulle carni rosse non lavorate sono statisticamente meno forti e quindi ci permettono solo di dire che probabilmente, ma non certamente, l'associazione esiste. Per quel che riguarda
le carni
bianche (pollame e coniglio),
gli esperti affermano solo che non esistono studi sufficientemente attendibili e che quindi non possono pronunciarsi né in un senso né nell'altro, anche se la conoscenza dei meccanismi molecolari
che rendono la carne rossa potenzialmente cancerogena (per esempio la presenza del ferro EME) permette di dire che le carni bianche (che ne contengono, in generale, in piccolissima quantità) sono
probabilmente più sicure.
La classificazione dello
IARC, inoltre, non ci dice niente sulla potenza
di una sostanza nel provocare tumori. Molti giornali hanno titolato, per esempio, che
la carne rossa lavorata è "cancerogena come il fumo". Si tratta di una interpretazione sbagliata: è inserita nella stessa categoria del tabacco – quella delle sostanze sicuramente cancerogene per
gli esseri umani – perché per ambedue sono disponibili prove scientifiche sufficienti perché gli esperti possano esprimere un parere affidabile. Ma il fumo è un cancerogeno molto
più potente degli insaccati, per cui ragionevolmente una fetta di salame di tanto in
tanto potrebbe avere minore influenza sulla salute di un paio di sigarette.
(Fonte AIRC) ... tutto ciò è difficile da
applicare, ma se è per la salute, tutto si può fare!!!
Non possiamo mica diventare come Rubiconda, tutta ciccia bella tonda!!!
Continuiamo ora con la Fitoalimurgia, alimentazione naturale con quello che si trova spontaneamente nei campi...
Piantaggine, orecchie di
lepre– Plantago
lanceolata –
·Impiego
in cucina : si utilizzano le foglie più giovani raccolte in primavera al primo spuntare quando sono colore verde chiaro e molto tenere, poiché più tardi divengono
coriacee ed amare. Sono un ottimo ingrediente per la preparazione di zuppe e minestre e si possono unire, lessate, con insalate miste di verdure.
Quante volte la vedo, quando vado a cercare fiori nei prati, anche intorno casa...cominciamo a farci caso amiche, distoglierete i pensieri per un minuto!!!
–Portulaca
· Periodo di raccolta : primavera ed estate.
· Parti utili : foglie giovani, getti apicali ed fusti più teneri.
· Proprietà : rinfrescanti, antiscorbutiche, antinfiammatorie, leggermente diuretiche e
coleretiche.
· Impiego in cucina : le foglie, carnosette come quelle di molte “piante grasse”, hanno un sapore
acidulo e si possono consumare sia crude in insalata, che cotte, sole o con altre verdure, variamente condite; danno un tocco particolare alle insalate fredde di riso. Non bisogna abusare nel
consumo poiché questa pianta è ricca di ossalati di calcio che ad alte dosi sono dannosi per i reni.
Quindi sempre attenzione all'uso!
Raperonzolo,
rapònzolo – Camapnula
rapunculus –
·Periodo
di raccolta:
le foglie marzo-aprile, le radici settembre-ottobre.
·Parti
utili : radici e foglie basali più tenere.
·Proprietà: la
radice non contiene amido ma inulina, che non aumenta il tasso glicemico.
·Impiego
in cucina : le foglie basali e le radici sbucciate sono ottime crude in insalata. La radice carnosa è ottima passata in padella.
Mi rammento ancora il profumo che veniva su dalla padella!!!
La prossima settimana ricetta Fitoalimurgica!!!! Seguiteci
amiche...
Nuova rubrica sugli alimenti naturali che fanno bene a noi " super donne " e anche a tutte le altre!!! Iniziamo a parlare di farro...
Prima che si conoscesse il grano duro era il farro (grano vestito) l'elemento
essenziale nella dieta delle popolazioni arcaiche. Secondo gli studiosi la terra di origine di questo grano (triticum dicoccum) è la Palestina. Di là, attraverso gli scambi e i movimenti dei
nomadi, deve essere arrivato in Egitto (ne sono una prova le grandi quantità ritrovate nelle tombe dei faraoni) e in tutto il Mediterraneo. Nella penisola italica il farro cominciò a circolare intorno al
VII sec. a.C. e fu certamente il primo cereale coltivato nella Tuscia e nel Lazio, diventando il cibo preferito di Etruschi e Romani, che per lungo tempo ne fecero il loro pasto quotidiano.
Seconde le leggi delle XII Tavole, la costituzione repubblicana di Roma del V sec. a.C., anche i prigionieri o gli schiavi avevano diritto a una libbra (circa trecento gr.) di farro al giorno, e
persino i legionari di Cesare partivano con un pugnetto di farro nella bisaccia, per poi trasformarlo in puls nelle lande più sperdute dei domini romani. Con questo grano, dal quale deriva il termine farina, si celebrava il rito
matrimoniale (confarreatio) nel mondo classico romano. Una cerimonia molto aristocratica che, dopo il sacrificio a Giove, vedeva donata agli sposi una focaccia di farro (farrum) da spezzare e
consumare assieme.
In Italia è coltivato principalmente tra l’Emilia e la Liguria (in Garfagnana), Toscana, Umbria e Lazio. È
una pianta che si adatta anche ai terreni poveri ed è in grado di resistere alle basse temperature. Il farro della Garfagnana ha ricevuto la certificazione IGP.
Può essere consumato in chicchi o sotto forma di farina nella preparazione di vari tipi di prodotti da
forno, molto appetitosi grazie al sapore particolarmente gradevole di questo cereale. Si trova in commercio sia come farro decorticato che come farro perlato: il primo presenta ancora la cuticola
esterna, il secondo ne è privo e richiede pertanto tempi di cottura più brevi. Vediamo ora in dettaglio le proprietà del farro e i suoi valori nutrizionali. Valori nutrizionali del farro Il farro
contiene principalmente carboidrati, che compongono circa il 70% del suo peso, e proteine con alto valore biologico, cioè sono costituite da tutti gli aminoacidi essenziali. È inoltre povero di
grassi e molto ricco di fibre, utili al benessere intestinale e a tenere a bada il colesterolo. Per quanto riguarda i micronutrienti, questo cereale è una buona fonte di minerali come potassio,
magnesio e ferro e vitamine del gruppo B, in particolare acido folico, vitamina B2 e B3. Inoltre, il farro è una buona fonte di lignani, molecole che aiutano a mentenere in salute il cuore e
potenziano il sistema immunitario. Per quanto riguarda l’apporto energetico, invece, le calorie del farro sono paragonabili a quelle di altri
cereali e, più nello specifico, 100 gr di cereale apportano 353 Kcal.
Farro: proprietà e benefici.
L’unione delle sue caratteristiche nutrizionali, conferiscono al farro proprietà utili per il benessere.
Vediamo di seguito perché mangiare farro fa bene e quali sono in particolare i benefici che apporta alla nostra salute. ✓ Proprietà del farro contro il diabete Il farro è un alimento a basso
indice glicemico (40) e aiuta a tenere sotto controllo la glicemia ed è pertanto particolarmente indicato per chi soffre di diabete e insulino-resistenza. Grazie alla presenza delle fibre,
infatti, evita il verificarsi di picchi glicemici.
Benefici del farro per l’apparato cardiovascolare.
Il farro contribuisce al benessere del sistema cardiovascolare proteggendo i globuli rossi del sangue,
grazie alla sua ricchezza in minerali come ferro e fosforo. È quindi consigliato per chi ha problemi di anemia legati a carenze di ferro. Aiuta inoltre ad abbassare i livelli di colesterolo LDL,
detto anche colesterolo cattivo, per il suo contenuto di niacina, conosciuta come vitamina PP, che contribuisce anche a ridurre i fenomeni di aggregazione piastrinica. Il farro apporta sodio e
potassio, minerali importanti per la regolazione dell’equilibrio elettrolitico delle cellule e quindi alleato come regolatore della pressione sanguigna.
Proprietà del farro:
alleato delle ossa Questo cereale contiene molti minerali importanti, quali: magnesio, rame, fosforo,
zinco, selenio. Di conseguenza, mangiare questo cereale aiuta a prevenire patologie come l’osteoporosi, che molto frequentemente colpisce le donne in menopausa.
Benefici del farro sul sistema nervoso e muscolare.
Il farro aiuta a mantenere in salute i nostri muscoli ed il sistema nervoso per la sua ricchezza in
magnesio, minerale chiave in molte reazioni enzimatiche che avvengono nel nostro organismo.
Proprietà del farro contro i calcoli biliari.
Il farro contiene molte fibre insolubili che sono in grado di abbassare la secrezione di acidi biliari, i
principali responsabili della formazione dei calcoli.
Il farro per la prevenzione oncologica.
Il farro ha la proprietà di proteggere dall’insorgenza del cancro al seno e alla prostata grazie al suo
contenuto in lignani,fitonutrienti contenuti anche nei semi di lino e dalle note proprietà antitumorali.
Le proprietà benefiche per l’intestino.
Con il suo straordinario contenuto di fibre solubili e insolubili, il farro fa bene all’intestino, regola
il transito intestinale e combatte la stipsi.
Un aiuto per dimagrire.
Aiuta a mantenerci in forma grazie all’alto contenuto in fibre, proteine ed acqua e allo scarso contenuto
di grassi, quindi è indicato anche per chi segue un regime alimentare volto a perdere peso. Farro: come usarlo e consumarlo al meglio .
Una porzione di farro equivale, come per altri cereali, a circa 80 grammi (pesato da crudo) e andrebbe
inserito nell’alimentazione anche più volte a settimana, alternato ad altri cereali. Dal momento che l’unico vero vantaggio del farro perlato rispetto a quello decorticato è l’accorciamento dei
tempi di preparazione, un buon consiglio è sicuramente quello di consumare il farro decorticato, che mantiene tutti i benefici offerti dall’alto contenuto di fibre e sali minerali. Il farro
perlato, infatti, è più povero di questi nutrienti perché vengono persi durante la lavorazione. Usando il farro decorticato è necessario tenere in ammollo i semi per circa otto ore prima di
procedere alla cottura. È poi possibile preparare gustose zuppe o ricche insalate.
é un cereale integrale senza glutine e un’ottima fonte di importanti vitamine, minerali, fibre e antiossidanti.
Gli studi dimostrano che l’avena ha molti benefici per la salute.
Questi includono perdita di peso, livelli più bassi di zucchero nel sangue e un ridotto rischio di malattie cardiache.
Ecco 9 benefici per la salute basati sull’evidenza del consumo di avena.
Cos’è l’avena?
L’avena è un alimento integrale, conosciuto scientificamente come Avena sativa.
I fiocchi, la forma più integra e completa di avena, richiedono molto tempo per cucinare. Per questo motivo, la maggior parte delle persone preferisce la forma arrotolata, schiacciata o
tagliata in acciaio.
L’avena istantanea (veloce) è la varietà più elaborata. Anche se impiegano il tempo più breve per cucinare, la consistenza potrebbe essere pastosa.
Questo alimento si mangia da solo, ma spesso è incluso in muffin, barrette di cereali, biscotti e altri prodotti da forno.
LINEA DI FONDO: L’avena è un cereale integrale che viene comunemente consumato a colazione sotto forma di farina d’avena (porridge).
1. L’avena è incredibilmente nutriente
La composizione nutritiva dell’avena è ben bilanciata.
Sono una buona fonte di carboidrati e fibre, inclusa la potente fibra beta-glucano (1 Fonte
attendibile).
Contiene anche più proteine e grassi rispetto alla maggior parte dei cereali (4).
è ricca di importanti vitamine, minerali e composti vegetali antiossidanti. Mezza tazza (78 grammi) di avena secca contiene:
Manganese: 191% della RDI
Fosforo: 41% della RDI
Magnesio: 34% della RDI
Rame: 24% della RDI
Ferro: 20% della RDI
Zinco: 20% della RDI
Folato: 11% della RDI
Vitamina B1 (tiamina): 39%
della RDI
Vitamina B5 (acido
pantotenico): 10% della RDI
Minori quantità di calcio,
potassio, vitamina B6 (piridossina) e vitamina B3 (niacina)
Questo arriva con 51 grammi di carboidrati, 13 grammi di proteine, 5 grammi di grassi e 8 grammi di fibre, ma solo 303 calorie.
Ciò significa che è tra gli alimenti più nutrienti che puoi mangiare.
LINEA DI FONDO: L’avena è ricca di carboidrati e fibre, ma anche più ricca di proteine e grassi rispetto alla maggior parte degli altri cereali. Sono molto ricchi di molte vitamine e
minerali.
2. L’avena integrale è ricca di antiossidanti, tra cui l’avenanthramids
L’avena integrale è ricca di antiossidanti e composti vegetali benefici chiamati polifenoli. Il più notevole è un gruppo unico di antiossidanti chiamati avenantramidi, che si trovano quasi
esclusivamente in questo alimento (6 Fonte
attendibile).
Gli avenantramidi possono aiutare a ridurre i livelli di pressione sanguigna aumentando la produzione di ossido nitrico. Questa molecola di gas aiuta a dilatare i vasi sanguigni e porta a un
migliore flusso sanguigno (7 Fonte
attendibile).
Inoltre, gli avenantramidi hanno effetti antinfiammatori e antipruriginosi (9 Fonte
attendibile).
Un altro potente antiossidante di cui potrai beneficiare è L’acido ferulico (10).
LINEA DI FONDO: L’avena contiene molti potenti antiossidanti, inclusi gli avenantramidi. Questi composti possono aiutare a ridurre la pressione sanguigna e fornire altri benefici.
3. Contiene una potente fibra solubile chiamata beta-glucano
L’avena contiene grandi quantità di beta-glucano, un tipo di fibra solubile.
Il beta-glucano si dissolve parzialmente in acqua e forma una soluzione densa e gelatinosa nell’intestino.
I benefici per la salute della fibra di beta-glucano includono:
Livelli ridotti di
colesterolo LDL e totale
Ridotta glicemia e
risposta insulinica
Maggiore sensazione di
pienezza
Aumento della crescita di
batteri buoni nel tratto digestivo
LINEA DI FONDO: L’avena è ricca di beta-glucano, fibra solubile, che ha numerosi vantaggi. Aiuta a ridurre i livelli di colesterolo e di zucchero nel sangue, promuove i batteri
intestinali sani e aumenta la sensazione di pienezza.
4. Può abbassare i livelli di colesterolo cattivo
Le malattie cardiache sono la principale causa di morte a livello globale. Uno dei principali fattori di rischio è il colesterolo alto nel sangue.
Molti studi hanno dimostrato che la fibra beta-glucano nell’avena è efficace nel ridurre i livelli di colesterolo sia totale che LDL (14 Fonte
attendibile).
Il beta-glucano può aumentare l’escrezione della bile ricca di colesterolo, riducendo così i livelli circolanti di colesterolo nel sangue.
L’ossidazione del colesterolo LDL
(il “cattivo”), che si verifica quando l’LDL reagisce con i radicali liberi, è un altro passaggio cruciale nella progressione delle malattie cardiache.
Produce infiammazione delle
arterie, danneggia i tessuti e può aumentare il rischio di infarti e ictus.
Uno studio riporta che gli antiossidanti nell’avena lavorano insieme alla vitamina C per prevenire l’ossidazione delle LDL (15 Fonte
attendibile).
LINEA DI FONDO: L’avena può ridurre il rischio di malattie cardiache riducendo il colesterolo totale e LDL e proteggendo il colesterolo LDL dall’ossidazione.
5. L’avena può migliorare il controllo della glicemia
Il diabete di tipo 2 è una malattia comune, caratterizzata da zuccheri nel sangue significativamente elevati. Di solito deriva da una ridotta sensibilità all’ormone insulina.
L’avena può aiutare a ridurre i livelli di zucchero nel sangue, specialmente nelle persone in sovrappeso o con diabete di tipo 2 (16).
Questi effetti sono principalmente attribuiti alla capacità del beta-glucano di formare un gel denso che ritarda lo svuotamento dello stomaco e l’assorbimento del glucosio nel sangue
(20 Fonte
attendibile).
LINEA DI FONDO: A causa della fibra solubile beta-glucano, l’avena può migliorare la sensibilità all’insulina e aiutare a ridurre i livelli di zucchero nel sangue.
6. La farina d’avena è molto saziante e può aiutarti a perdere peso
Non solo la farina d’avena (porridge) è un delizioso cibo per la colazione, ma è anche molto saziante (21).
Mangiare cibi sazianti può aiutarti a mangiare meno calorie e perdere peso.
Ritardando il tempo necessario allo stomaco per svuotarsi del cibo, il beta-glucano può aumentare la sensazione di pienezza (22 Fonte
attendibile).
Il beta-glucano può anche promuovere il rilascio del peptide YY (PYY), un ormone prodotto nell’intestino in risposta al cibo. È stato dimostrato che questo ormone della sazietà riduce
l’apporto calorico e può ridurre il rischio di obesità (23 Fonte
attendibile).
LINEA DI FONDO: La farina d’avena può aiutarti a perdere peso facendoti sentire più pieno. Lo fa rallentando lo svuotamento dello stomaco e aumentando la produzione dell’ormone della
sazietà PYY.
7. L’avena finemente macinata può aiutare con la cura della pelle
Non è un caso che l’avena si trovi in numerosi prodotti per la cura della pelle. I produttori di questi prodotti spesso l’elencano come “colloidale”.
La farina d’avena colloidale approvata dalla FDA come sostanza protettiva per la pelle nel 2003. Ma in realtà ha già una lunga storia di utilizzo nel trattamento del prurito e
dell’irritazione in varie condizioni della pelle (25).
Ad esempio, i prodotti per la pelle a base di avena possono migliorare i sintomi fastidiosi dell’eczema (28 Fonte
attendibile).
LINEA DI FONDO: La farina d’avena colloidale è stata a lungo utilizzata per aiutare a trattare la pelle secca e pruriginosa. Può aiutare ad alleviare i sintomi di varie condizioni della
pelle, incluso l’eczema.
È una malattia infiammatoria delle vie aeree, i tubi che trasportano l’aria da e verso i polmoni di una persona.
Sebbene non tutti i bambini abbiano gli stessi sintomi, molti sperimentano tosse, respiro sibilante e mancanza di respiro ricorrenti.
Molti ricercatori ritengono che l’introduzione precoce di cibi solidi possa aumentare il rischio di un bambino di sviluppare asma e altre malattie allergiche (30 Fonte
attendibile).
Tuttavia, gli studi suggeriscono che questo non si applica a tutti gli alimenti. L’introduzione anticipata dell’avena, ad esempio, può effettivamente essere protettiva (31 Fonte
attendibile).
Uno studio riporta che l’alimentazione di avena ai bambini prima dei 6 mesi è collegata a un ridotto rischio di asma infantile (33
Fonte attendibile)
LINEA DI FONDO: Alcune ricerche suggeriscono che l’avena può aiutare a prevenire l’asma nei bambini quando viene somministrata a neonati.
9. L’avena può aiutare ad alleviare la stitichezza
Le persone anziane spesso soffrono di stitichezza, con movimenti intestinali poco frequenti e irregolari che sono difficili da superare.
I lassativi sono spesso usati per alleviare la stitichezza negli anziani. Tuttavia, sebbene siano efficaci, sono anche associati alla perdita di peso e alla riduzione della qualità della vita
(34 Fonte
attendibile).
Gli studi indicano che la crusca d’avena, lo strato esterno ricco di fibre del chicco, può aiutare ad alleviare la stitichezza nelle persone anziane (35 Fonte
attendibile).
Uno studio ha rilevato che il benessere è migliorato per 30 pazienti anziani che hanno consumato una zuppa o un dessert contenente crusca ogni giorno per 12 settimane (37 Fonte
attendibile).
Inoltre, il 59% di quei pazienti è stato in grado di smettere di usare lassativi dopo lo studio di 3 mesi, mentre l’uso complessivo di lassativi è aumentato dell’8% nel gruppo di controllo.
LINEA DI FONDO: Gli studi indicano che la crusca può aiutare a ridurre la stitichezza negli individui anziani, riducendo significativamente la necessità di utilizzare lassativi.
Come incorporare l’avena nella tua dieta
Puoi gustarla in diversi modi.
Il modo più popolare è semplicemente mangiarla a colazione.
Ecco un modo molto semplice per preparare la farina d’avena:
1/2 tazza di fiocchi
d’avena
1 tazza (250 ml) di acqua
o latte
Un pizzico di sale
Unire gli ingredienti in una pentola e portare a bollore. Ridurre il fuoco a bollore e cuocere i fiocchi d’avena, mescolando di tanto in tanto, fino a renderli morbidi.
Per rendere la farina d’avena più gustosa e ancora più nutriente, puoi aggiungere cannella, frutta, noci, semi e/o yogurt greco.
Inoltre, l’avena è spesso inclusa in prodotti da forno, muesli e pane.
Sebbene l’avena sia naturalmente priva di glutine, a volte è contaminata dal glutine. Questo perché possono essere raccolti e lavorati
Sebbene l’avena sia naturalmente priva di glutine, a volte è contaminata dal glutine. Questo perché possono essere raccolti e lavorati utilizzando la stessa attrezzatura di altri cereali che
contengono glutine.
Se hai la celiachia o la sensibilità al glutine, scegli prodotti a base di avena certificati come privi di glutine.
LINEA DI FONDO: L’avena può essere un’ottima aggiunta a una dieta sana. Possono essere consumati come porridge a colazione, aggiunti a prodotti da forno e altro ancora.
L’avena è incredibilmente buona per te
L’avena è un alimento incredibilmente nutriente ricco di importanti vitamine, minerali e antiossidanti.
Inoltre, sono ricchi di fibre e proteine rispetto ad altri cereali.
Ccontiene alcuni componenti unici, in particolare la fibra solubile beta-glucano e antiossidanti chiamati avenantramidi.
I vantaggi includono livelli più bassi di zucchero nel sangue e colesterolo, protezione contro l’irritazione della pelle e riduzione della costipazione.
Inoltre, sono molto sazianti e hanno molte proprietà che dovrebbero renderli un alimento favorevole alla perdita di peso.
Alla fine della giornata, l’avena è tra gli alimenti più salutari che puoi mangiare.
Il riso è un cereale costituito principalmente dalla cariosside dell'Oryza
sativa, una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Poaceae (Graminacee).
I semi dell'Oryza
sativa, in tutte le sue sottospecie e cultivar, coprono la quasi totalità della produzione mondiale di
riso, mentre solo il 5% proviene da altre specie, come l'Oryzaglaberrima africana.
E' ipotizzabile che il riso sia nato 4000 anni prima della nascita di Cristo in Asia (Cina), nei pressi della catena montuosa himalayana; da lì si diffuse poi in Medio Oriente, Africa ed
Europa.
Oggi, il riso è coltivato in tutto il mondo e soddisfa il 50% delle richieste alimentari per la popolazione generale. In Italia si produce soprattutto in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e
Veneto; secondariamente in Toscana, Sardegna e Calabria.
Il riso offre dei vantaggi riso rispetto alla pasta?
Nel nostro Paese il riso rappresenta un importante, ma spesso sottovalutata, alternativa al frumento,
mentre in Giappone e in Cina fornisce mediamente circa la metà delle calorie quotidiane.
Vediamo allora di riassumere le principali differenze nutrizionali che intercorrono tra i due alimenti,
confrontati a parità di raffinazione.
Quantità di proteine
La pasta è più ricca
di proteine, mentre il riso contiene più amido;
ciò fa sì che durante la cottura quest'ultimo assorba notevoli quantità di acqua, fino a triplicare il proprio peso;
per questo motivo, anche se a crudo i due alimenti possiedono più o meno lo stesso apporto energetico,
il riso cotto è un alimento meno calorico e più saziante della
pasta. Questa caratteristica è maggiore nella preparazione del “risotto”;
in tal caso avviene una riduzione calorica supplementare, grazie al formazione della tipica “cremina” a base di amido diluito in acqua.
Come abbiamo già detto, nel riso le proteine sono presenti in quantità limitata; in particolare, scarseggia la percentuale di prolammine e per questo motivo i peptidi del riso non sono in
grado di formare glutine. E' quindi molto difficile produrre la pasta
di riso, a meno che non si aggiungano ingredienti particolari utilizzati nei prodotti industriali. Per contro, il riso è perfettamente tollerato dai celiaci,
che lo utilizzano molto spesso in sostituzione alla pasta.
Il riso è più digeribile rispetto
alla pasta, perché il suo amido è costituito da granuli di piccole dimensioni e non causa la classica sonnolenza postprandiale.
Questo parametro può essere soggetto a variazioni in base al metodo di cottura (risottatura o affogatura) e alla presenza di altri ingredienti (condimenti, verdure, carne,
pesce ecc).
Scarsa allergenicità
Tra tutti i cereali, il riso è quello dotato del minor potenziale allergenico. Non a caso, è utilizzato nelle cosiddette diete elementari, specifiche per la ricerca degli alimenti poco
tollerati.
Si tratta di regimi alimentari anche detti “diete di esclusione”, nelle quali si inizia un percorso nutrizionale con pochissimi cibi considerati
sicuri e si integrano progressivamente gli altri uno per volta, osservando le reazioni dell'organismo.
Se integrale, può essere utilizzato, ma pur sempre con una certa moderazione, anche dai diabetici;
il suo indice
glicemico è infatti più basso rispetto a quello della pasta.
Per il suo modesto contenuto proteico, il riso è adatto ai nefropatici e ai fenilchetonurici; trattandosi di un alimento
antiurico, viene consigliato dai medici agli ammalati di gotta e
in condizioni di iperuricemia.
Lavorazione
Processo di lavorazione del riso
La lavorazione del riso può essere così riassunta:
Pulitura del riso
La lavorazione del riso comprende una prima fase di pulitura, in cui si ha l'eliminazione di tutte le sostanze estranee tramite diversi passaggi in setacci, calamite, getti di aria ecc.
Sbramatura del riso
Segue una fase di sbramatura (in cui si vanno a distaccare le glumelle, una sorta di foglioline che avvolgono il chicco e che negli altri cereali si staccano spontaneamente al momento della
raccolta).
Dopo queste operazioni preliminari si ottiene un riso
integrale - commestibile ma che necessità di lunghi tempi
di cottura - e uno "scarto", chiamato lolla o pula di riso.
Utilizzo della lolla
La lolla, un tempo utilizzata nella preparazione dei mangimi o impiegata in agricoltura come fertilizzante, è stata poi ampiamente rivalutata, tanto che oggi assume un'importanza elevata
per l'elevato contenuto lipidico, che per estrazione può dare l'olio di riso.
Sbiancatura del riso
Il riso integrale viene poi sottoposto a una sbiancatura, con lo scopo di eliminare gli strati più esterni del chicco. Questa operazione permette l'allontanamento del germe ed
il distacco del pericarpo e dello strato aleuronico, fino ad ottenere la sola mandorla amilifera.
La fase di sbiancatura avviene tramite diversi passaggi, da cui si ottengono, in base a un grado crescente di raffinazione, diverse tipologie di prodotti:
riso semiraffinato
riso mercantile
riso raffinato di I grado
riso raffinato di II grado
Nota: questa distinzione corrisponde, per intenderci, alle denominazioni "di tipo
II, I, 0 e 00" delle farine.
Brillatura del riso
Effettuata la sbiancatura, si esegue la brillatura finale, cioè un trattamento superficiale con glucosio o
un'oliatura con olio
di vaselina, per conferire ai chicchi la tipica lucidità.
Proprietà nutrizionali
Caratteristiche nutrizionali del riso
Il riso è un alimento che appartiene al III
gruppo fondamentale degli alimenti. In quanto tale, è una fonte nutrizionale di energia proveniente dall'amido, di fibre e di minerali
e vitamine specifici.
L'apporto
calorico è elevato, anche se dovrebbe essere corretto per l'assorbimento dell'acqua che avviene in cottura (circa il 200%). Ciò significa che, se anche il riso crudo (essiccato)
apporta 330-340 kcal/100
g, quello cotto contiene non più di 110-113 kcal/100 g. Preparandolo col metodo della risottatura, ipotizzando l'assenza di altri ingredienti e condimenti, potrebbe arrivare a 85 kcal/100
g.
Le calorie
del riso provengono essenzialmente dai glucidi e
in misura inferiore dalle proteine; solo in quello integrale la frazione lipidica può definirsi rilevante.
I carboidrati sono
di tipo complesso, ciò nonostante l'indice glicemico del
riso raffinato è piuttosto alto. Lo stesso non vale per quello integrale.
Le proteine sono a medio valore biologico, anche se il contenuto di lisina è superiore a quello del frumento. Gli acidi grassi del
riso integrale sono di ottima qualità ed è apprezzabile il livello di polinsaturi essenziali.
Il riso contiene una percentuale variabile di fibre, che è doppia nel riso integrale rispetto a quello bianco.
Il colesterolo è
assente.
In merito alle vitamine, quello integrale è ricco di tiamina (vit B1), niacina (vit
PP) e vit E (alfa-tocoferolo).
Le relative concentrazioni diminuiscono nel prodotto parboiled e
in quello raffinato. Lo stesso vale per i sali
minerali, dei quali si appezzano in particolare il magnesio,
il ferro e
il fosforo.
Il riso è un ingrediente molto utilizzato nelle diete
vegetariana e vegana,
ma non in quella crudista. Non
contiene glutine e lattosio;
inoltre, come già specificato, è considerato un alimento ipoallergenico.
L'abbondanza di fibre del riso integrale lo rende adatto alla dieta
contro la stipsi, ma controindicato nei regimi alimentari per la diarrea.
Inoltre, la componente fibrosa di questo alimento accompagna una discreta quantità di molecole
antinutrizionali (fitati) che, se non sottoposti efficacemente al calore, potrebbero diminuire le concentrazioni di magnesio,
ferro e calcio.
Il riso si presta a quasi tutti i regimi alimentari; è necessario ridurne la porzione media e la frequenza di consumo in caso di sovrappeso, diabete
mellito tipo 2 e ipertrigliceridemia.
La quantità adeguata di riso potrebbe essere di circa 80 grammi pesato a secco (260-270 kcal).
Principali differenze nutrizionali del riso
bianco e integrale
Come si può notare osservando la tabella sottostante, le proprietà nutrizionali di un riso integrale sono migliori, perché durante il processo molitorio si perdono molte fibre, sali minerali
(localizzati soprattutto a livello del pericarpo) e vitamine (concentrate nello strato aleuronico).
Per rendersi conto dell'importanza nutrizionale del riso integrale, basti pensare che l'introduzione della brillatura nelle regioni asiatiche, in tempi in cui l'alimentazione locale era quasi
esclusivamente basata sul consumo di riso, portò alla comparsa del beri
beri, una malattia causata da deficit di vitamina
B1 (tiamina). Questa sostanza, infatti, viene in gran parte persa nel processo di brillatura, mentre si mantiene in concentrazioni importanti nel riso integrale e in quello
parboiled.
( notizie dal web )
IL MAIS
Al terzo posto nella coltivazione mondiale di cereali, dopo il frumento e il riso, vi è il
mais, una Graminacea di origine americana.
L'interesse che questa pianta suscita ai nostri giorni va al di là dei suoi impieghi alimentari, che sono, peraltro, molto preziosi.
Le moderne biotecnologie, infatti, riescono a estrarre dal mais le sostanze più diverse, fra cui: l'alcol per l'alimentazione dei motori a scoppio (energia rinnovabile e che residua come sottoprodotto un ottimo alimento per il
bestiame); il bourbon o whisky americano; l'isoglucosio, uno zucchero che si pone in seria concorrenza con lo zucchero di barbabietola e di canna; un materiale
biodegradabile che, in alcuni casi, può sostituire i contenitori di plastica e forse, in futuro, molti altri prodotti.
Quando Cristoforo Colombo vide per la prima volta queste strane piantagioni, probabilmente nell'isola di Cuba, non poteva immaginare il successo e l'importanza che questo vegetale
avrebbe avuto per l'umanità nei secoli a venire. A quel tempo il mais veniva coltivato anche nell'America meridionale (attuali Cile e Argentina) e nell'America settentrionale (a sud
della regione dei Grandi Laghi), ma dopo le esplorazioni che inaugurarono l'era moderna fu introdotto in Spagna e da qui in molti paesi europei con clima adatto alla sua coltivazione.
In Italia questo nuovo grano straniero fu chiamato "turco" (granoturco, probabilmente perché fino ad allora le cose nuove e diverse venivano dai paesi orientali) per differenziarlo da
quello nostrano (frumento, segale, orzo ecc.).
Come accadde con altri cereali in diversi luoghi, il mais fu la fonte primaria di energia che permise lo sviluppo di alcune antiche
civiltà (Aztechi, Maya, Incas). Questo prodotto, infatti, oltre alle sue indubbie qualità nutrizionali, aveva il pregio di poter essere essiccato, trasportato e conservato per lunghi periodi di tempo e, non a
caso, presso gli Aztechi tale pianta era oggetto di culto in vari mesi dell'anno, che corrispondevano alle diverse fasi della sua coltivazione.
Anche se non ve ne è l'assoluta certezza, si ritiene che il mais derivi da una Graminacea selvatica, Euchlaena mexicaria, che attualmente cresce in
Messico, Guatemala e Honduras e in altre zone dell'America del Sud: il suo nome è teosinte, una parola derivante dall'azteco teocentli, che significa "spiga divina del mais". Il mais visto per la prima volta da Cristoforo Colombo, quindi, era con ogni probabilità una pianta già da tempo
domesticata dall'uomo attraverso numerose ibridazioni, allo scopo di aumentarne la produttività e di evitare che la pannocchia perdesse spontaneamente i semi, onde permettere un abbondante e
tempestivo raccolto. Le varietà attuali si raccolgono in estate o in autunno.
Varietà di mais
Il nome scientifico attuale è Zea mays, derivato da Francisco Antonio Zea, botanico colombiano vissuto
fra il XVIII e il XIX secolo, e da mahiz, il nome con cui questo cereale veniva chiamato ad Haiti.
Il mais più antico sembra risalire, secondo i reperti archeologici, a 7000 anni fa e già nel periodo
precolombiano questo seme fu sottoposto a incroci che diedero origine a varietà blu, rosse, bianche, gialle, zuccherine (adatte alle insalate), dentate, indurate, farinose, da scoppio (pop corn) ecc. Attualmente, le varietà più coltivate sono
quelle che hanno prerogative particolari e destinazioni "specializzate", come l'amilacea (con cariosside tenera e ricca di amido, utilizzata
come alimento per il bestiame e per la produzione di amido), l'indurata (con cariosside dura alla macinazione e a frattura vitrea, ottima
per farine da polenta), la dentata (con cariosside lunga e appiattita che ricorda i denti del cavallo, utilizzata per l'alimentazione
zootecnica e umana), la rostrata (con granelli piccoli ed endosperma corneo, utile per la preparazione del pop corn), l'opaca (ricca di lisina, un aminoacido essenziale nell'alimentazione umana e animale) ecc.
Anche nel mais, come nel frumento e negli altri cereali, la parte più corticale della cariosside è composta da importanti strutture (vedi Tabella):
lo strato tegumentale, ricco di cellulose altamente polimerizzate a effetto properistaltico nell'intestino dell'uomo, ma ben digerite dai
ruminanti;
Composizione media di alcuni derivati del Mais (per 100 g. di parte edibile)
Farina Integrale
Semola
Pop Corn
Pannocchia Fresca
Acqua, g
12
12
4
74
Proteine, g
9,2
8,3
12,7
3,2
Lipidi totali, g
3,9
1,2
5
1,2
Glucidi totali, g
73,7
78
76,7
20,5
Cellulosa, g
1,6
0
2,2
0,8
Energia, kcal
350
337
384
98
Calcio, mg
10
10
11
9
Ferro, mg
2,4
0,2
2,7
0,5
Fosforo, mg
256
140
281
120
Magnesio, mg
86
84
0
38
Manganese, mg
0
0
0
0,15
Potassio, mg
120
213
240
300
Sodio, mg
2
0,6
3
0,4
Vitamina A, RE mcg
tr
tr
tr
120¹
Vitamina B1, mg.
0,38
0,15
0,39
0,15
Vitamina B2, mg
0,11
0,06
0,12
0,12
Vitamina C, mg
0
0
0
12
Vitamina PP, mg
2
0,9
2,2
1,7
Colesterolo, mg
0
0
0
0,1
¹ Il retinolo è presente nel mais giallo e solo in tracce di pigmenti attivi nel mais bianco.
lo strato aleuronico, che viene perso con la raffinazione ed è presente solo nella farina integrale, contenente fino al 25% di proteine;
il germe, con un 35-40% di olio ad alto contenuto di acidi grassi monoinsaturi (acido oleico 25-45%) e polinsaturi (in particolare, il linoleico
50-60%); acidi grassi saturi complessivamente intorno al 14%, soprattutto acido palmitico; vitamine, soprattutto E e del gruppo B; proteine (20%);
l'endosperma, la parte farinosa del chicco, contenente amidi per circa il 90% e proteine per il 10%.
Impieghi
Un raccolto mondiale di oltre 322 milioni di tonnellate nel 1975 (in Italia 2 milioni di tonnellate) testimonia il successo di questa graminacea, dovuto in buona parte anche alla sua
resa: con certi ibridi può arrivare a 130 q/ha (fino a quattro volte quella del frumento e della soia).
Questi chicchi vengono dunque sempre più largamente impiegati per l'alimentazione animale; ultimamente si cerca di perfezionare le varietà opache, ricche di lisina, che permettono
l'allevamento di maiali e polli senza grandi e costose integrazioni proteiche.
Oltre ai succitati impieghi industriali biotecnologici, per i quali si intravede un futuro ricco di importanti e imprevedibili sviluppi, l'uso
nell'alimentazione umana, sebbene in progressivo calo, continua a trarre grande vantaggio dal mais: la pannocchia bollita, oppure abbrustolita, viene tuttora consumata nel mondo
mediterraneo; la famosa polenta preparata con la farina gialla o bianca bollita in acqua, il piatto popolare quotidiano dell'Italia settentrionale fino a qualche decennio fa;
i pop corn cari agli statunitensi; i grani bolliti o cotti al forno come contorno o nelle insalate miste, in gran voga oggigiorno; le
celebri tortillas e i tacos del mondo ispano-americano descritti anche dai grandi
narratori.
Tra gli usi "etilici" del mais va ricordata la chicha, una birra peruviana conosciuta da Colombo, ma tuttora in voga, a base di mais fermentato, e la chicha morada ottenuta da cariossidi di colore rosso e aromatizzata con Eugenia
caryophyllata (chiodi di garofano).
Impieghi
Un raccolto mondiale di oltre 322 milioni di tonnellate nel 1975 (in Italia 2 milioni di tonnellate) testimonia il successo di questa graminacea, dovuto in buona parte anche alla sua
resa: con certi ibridi può arrivare a 130 q/ha (fino a quattro volte quella del frumento e della soia).
Questi chicchi vengono dunque sempre più largamente impiegati per l'alimentazione animale; ultimamente si cerca di perfezionare le varietà opache, ricche di lisina, che permettono
l'allevamento di maiali e polli senza grandi e costose integrazioni proteiche.
Oltre ai succitati impieghi industriali biotecnologici, per i quali si intravede un futuro ricco di importanti e imprevedibili sviluppi, l'uso
nell'alimentazione umana, sebbene in progressivo calo, continua a trarre grande vantaggio dal mais: la pannocchia bollita, oppure abbrustolita, viene tuttora consumata nel mondo
mediterraneo; la famosa polenta preparata con la farina gialla o bianca bollita in acqua, il piatto popolare quotidiano dell'Italia settentrionale fino a qualche decennio fa;
i pop corn cari agli statunitensi; i grani bolliti o cotti al forno come contorno o nelle insalate miste, in gran voga oggigiorno; le
celebri tortillas e i tacos del mondo ispano-americano descritti anche dai grandi
narratori.
Tra gli usi "etilici" del mais va ricordata la chicha, una birra peruviana conosciuta da Colombo, ma tuttora in voga, a base di mais fermentato, e la chicha morada ottenuta da cariossidi di colore rosso e aromatizzata con Eugenia
caryophyllata (chiodi di garofano).
Caratteristiche antinutrizionali
La farina di mais contiene antienzimi, in particolare antitripsina e antichimotripsina che
rallentano la digestione delle proteine.
Come nel frumento, anche nel mais è presente l'acido fitico, un composto che compromette in
parte l'assorbimento di importanti minerali come il ferro, lo zinco, il magnesio ecc.; a differenza del frumento, però, nel mais è
scarsamente rappresentata la fitasi, un enzima che inattiva l'acido fitico.
Il mais ha scarsa capacità di concentrare il cadmio.
E stata dimostrata una riduzione nella secrezione dell'ormone della crescita nell'uomo alimentato con mais.
Il noto effetto "pellagroso" del mais è dovuto alla carenza di acido nicotinico, o vitamina PP, che viene accentuata dal basso contenuto
di triptofano in una delle proteine del mais, la zeina. Poiché il triptofano è una delle sorgenti di vitamina PP a livello del metabolismo dei nutrienti, la contemporanea carenza di
questa vitamina e del suddetto aminoacido, essenziale nell'alimentazione, determina una malattia carenziale tipica delle popolazioni che si nutrono prevalentemente di mais, come avveniva
nel XVIII e XIX secolo nell'Italia settentrionale.
Tuttavia, vi sono due osservazioni da fare:
la farina integrale di mais ha un contenuto di 2 mg di vitamina PP, contro lo 0,9 della farina raffinata (semola di mais) (tabella);
se il mais viene trattato delicatamente con alcali (per esempio, con calce o cenere di vegetali, come si fa presso le popolazioni
dell'America centrale per la preparazione di tortillas e tacos), la trigonellina, un alcaloide che è abbondante nel mais, si trasforma in acido nicotinico evitando la
pellagra. Ciò dimostra l'importanza che rivestono, nella prevenzione di molte patologie, anzitutto il tipo di lavorazione cui vengono sottoposti i prodotti della terra (in questo caso il grado di raffinazione delle farine) e, in seguito, i processi di trattamento dei cibi.
Tossicologia
Come gli altri cereali, anche il mais può dare luogo, nei soggetti predisposti, a fenomeni allergici.
Una non corretta conservazione induce lo sviluppo di Fusarium, fungo dal quale derivano
composti ad attività estrogena (fra cui lo zeralenone).
I veleni prodotti dalle muffe del mais (noti con il nome di micotossine) sono particolarmente
dannosi e causano numerose patologie (dalle colture di certe specie di funghi si estraggono micotossine estremamente velenose impiegate come armi biologiche).
Aspetti terapeutici
Il mais è tradizionalmente reputato un cereale in grado di moderare delicatamente l'attività tiroidea: in quest'ottica andrebbe prescritto innanzitutto a coloro che ne sentono il bisogno, nonché in caso di ipereccitabilità nervosa, palpitazioni cardiache, insonnia, ansia, ideazione veloce con sfumature
nevrotiche, tremori e tendenza al dimagrimento.
La crema di mais, comunque, è utile a tutti, ma soprattutto a chi ha lo stomaco debole, nell'infanzia, adolescenza e vecchiaia, nelle convalescenze e
nei deperimenti organici. Bollita nel latte, è un nutrimento completo che può far
ingrassare le persone eccessivamente magre.
Con la polenta si possono confezionare cataplasmi decongestionanti e risolventi per
foruncoli e ascessi.
I semi tostati e macinati possono costituire la base di un gradevole
caffè delicatamente lassativo, rinfrescante intestinale e antiemorroidario, da assumere liscio oppure con latte e miele
per qualche settimana. Questa bevanda può risultare benefica per i soggetti con tendenza alla stipsi, alla colite e alle infiammazioni a carico delle vene emorroidarie.
L'olio di mais (è preferibile quello estratto mediante pressione a freddo e senza solventi, il più integro a livello vitaminico ed
enzimatico) è un agente ipocolesterolemizzante particolarmente utile nei soggetti predisposti all'aterosclerosi e ai disturbi da
circolazione del sangue rallentata. Dose media: 2-3 cucchiai/die a stomaco vuoto.
Va rilevato che nella polenta integrale e nei semi di mais interi cotti in acqua o al vapore è presente il germe con il suo olio, nella composizione armonica, completa e intatta del
chicco naturale.
In fitoterapia si usano gli stimmi (detti barbe) della pianta, raccolti prima della
maturazione della pannocchia (ovvero all'inizio o a metà dell'estate a seconda delle varietà). Probabilmente anche grazie alla ricchezza in sali
di potassio, il loro infuso al 3-4% (3-4 grammi per 100 cc di acqua) o la breve
decozione ci offrono uno dei più efficaci e innocui diuretici vegetali, utilizzabile con profitto da chi soffre di edemi, ritenzione di liquidi, oliguria, cistiti ricorrenti,
renella urica o fosfatica, ipertrofia prostatica, ipertensione e, perché no, cellulite. Dosi: 1-3 tazze/die alle ore preferite.
( dal web... )
La segale.
La segale è un cereale di montagna, ricco di proprietà nutritive. Per l'alto contenuto di fibre è utile per l'intestino e la flora intestinale, ma svolge anche
un'azione antiarteriosclerotica. Scopriamola meglio.>
1. Descrizione e varietà della segale>
2. Dicono di lei>
3. Proprietà, calorie e valori nutrizionali della segale>
4. Alleata di>
5. Controindicazioni della segale>
6. Curiosità sulla segale
Descrizione e varietà della segale
La segale è una pianta appartenente alla famiglia delle Graminacee presente da secoli nell'alimentazione umana, coltivata come tutti i cereali per i loro particolari
frutti che dal punto di vista botanico sono definiti cariossidi ma comunemente e in modo improprio chiamati “semi o chicchi”.Il successo dei cereali dipende da diversi fattori quali,
la capacità di adattamento alle diverse condizioni ambientali, la facilità di conservazione, l’elevata digeribilità, il gusto neutro che si può abbinare a moltissimi altri sapori, la
loro versatilità di trasformazione (si possono consumare interi, sfarinati, germogliati, ecc) e la bassa richiesta di manodopera.La segale (Secale cereale L.), detta anche segala, è un cereale di
montagna che si adatta bene come l’avena anche ad altitudini elevate e resiste ai climi freddi; cresce in terreni difficili e poveri (steppa, brughiera) e matura in fretta.Si origina
probabilmente in Asia occidentale e segue, come erba infestante tra campi di grano e orzo, le coltivazioni di frumento prendendo piede nei climi più freddi.In questi ultimi secoli il
frumento ha largamente sostituito diversi cereali ma la segale è, anche oggi, estesamente coltivata nei Paesi di cultura germanica, in Russia, in Francia e nell’Italia settentrionale
(Trentino-Alto Adige, Friuli, Lombardia e Piemonte) dove diventa addirittura un alimento base.Nel mondo se ne coltivano 10 milioni di ettari, con una produzione di oltre 20 milioni di tonnellate,
concentrata nei paesi freddi per latitudine e altitudine, grazie alla resistenza al freddo che ne consente la semina autunnale anche in climi proibitivi per altri cereali.Si distinguono due tipi
principali di segale:
la segale invernale “grande segale” – viene seminata in luglio-agosto e raccolta il settembre dell’anno successivo con un ciclo di crescita di 13-14 mesi e un raccolto biennale (“riposo
d’altitudine”);
la “segale dormiente” è seminata in ottobre prima del gelo.
Dicono di lei
La segale è l'unico cereale che viene consumato quasi esclusivamente sotto forma di pane.
Il cosiddetto “pane nero”, tipico dell’Alta Valle Canonica, ottenuto da un impasto di farina di segale e di farina di frumento, ha un caratteristico sapore leggermente acidulo ma
aromatico ed è più compatto del pane di frumento. È preparato utilizzando un preimpasto madre ricco di lieviti e fortemente acidificato grazie allo sviluppo di batteri lattici. Il suo valore
nutrizionale è analogo a quello del pane di frumento ma, essendo prodotto con farine meno raffinate, è più ricco di fibra e ha, a parità di peso, un valore calorico inferiore.In Germania si
confeziona un delizioso pane di segale, il “pumppernickel”, che contiene anche grani interi e ha un sapore leggermente acidulo. La farina è generalmente mescolata con quella di frumento
perché lievita con difficoltà.Con la farina di segale si possono preparare anche gallette, fiocchi per la prima colazione o creme. Con i chicchi, zuppe e minestre vegetali o,
se tostati e macinati, si può preparare un sostituto del caffè e allestire così un’ottima bevanda salutare.
Proprietà, calorie e valori nutrizionali della segale
Ricco di fattori nutrienti, il pane di segale è consigliato agli astenici, ai convalescenti ed è indicato anche a coloro che soffrono di lieve depressione in seguito a stress psico-fisici.Le
proprietà nutritive della segale, infatti, sono di notevole importanza, anche se da un punto di vista nutrizionale ha un minor contenuto di proteine rispetto al frumento. La segale integrale
contiene ben il 69% di carboidrati e circa il 12% di proteine ed è quindi un alimento sia energetico sia costruttivo.È inoltre ricca di sali minerali come fosforo, potassio, magnesio e
calcio e numerose vitamine specialmente quelle del gruppo B.100 g di segale contengono 342 kcal.Inoltre, 100 g di prodotto contengono:
Proteine 16 g
Lipidi 2,5 g
Glucidi 68 g
Ferro 3 mg
Calcio 25 mg
Fosforo 530 mg
Tiamina 0,4 mg
Riboflavina 0,2 mg
Niacina 1,4 mg
La segale tra gli alimenti ricchi di vitamina B: scopri gli altri Segale, alleata del pane di segale, secondo la medicina popolare, è considerato molto energetico.
Per l’alto contenuto di fibre è:
ottimo nel favorire la peristalsi intestinale;
esercitare un certo controllo sull’assorbimento degli zuccheri (rallentando le oscillazioni della glicemia utile specialmente per chi soffre di diabete);
facilitare il senso di sazietà;
utile per nutrire la microflora intestinale.
Le popolazioni che si alimentano con pane di segale sembrano protette nei confronti delle malattie cardiovascolari poiché le viene attribuita un'azione antiarteriosclerotica e protettrice
dei vasi sanguigni che avrebbe costituito una valida difesa per le popolazioni dei Paesi nordici in cui, per motivi climatici ed economici, si consumano grandi quantità di grassi animali. Questo
perché la segale contiene, in buone quantità, l’aminoacido lisina indispensabile per garantire l’elasticità delle pareti dei vasi arteriosi.Un utilizzo regolare di questo cerale o dei
suoi derivati può ridurre le vampate di calore che possono presentarsi in menopausa.
In gemmo-terapia si utilizza per la proprietà di protezione e rigenerazione della cellula epatica.
Controindicazioni della segale
Insieme con il frumento, orzo e farro la segale è un cereale che contiene glutine (complesso proteico in cui la gliadina è la componente “tossica” per i soggetti con celiachia) e di
conseguenza non indicato a chi soffre di questo morbo. Proprietà e valori nutrizionali del pane di segale.
Curiosità sulla segale
Le spighe della segale possono essere infestate (segale cornuta) da un fungo parassita particolarmente tossico per l’uomo (Claviceps purpurea che libera alcaloidi tossici che attaccano i
centri nervosi), dal quale l’industria farmaceutica ha ricavato importanti medicinali vasocostrittori che sono utilizzati per arrestare le emorragie uterine. Questo fungo attaccava le
coltivazioni di segale soprattutto nel Medioevo; oggi questa cariosside è messa in commercio perfettamente salubre!Infine c’è da segnalare una curiosità: alcuni ricercatori sudafricani
dell’università di Durban, mediante tecniche d’ingegneria genetica, sono riusciti a selezionare una segale che potrebbe essere utilizzata per alleviare alcune forme di emicrania.
Dal web
IL MIGLIO
Il miglio è un ottimo sostituto della carne,
grazie alla sua ricchezza in carboidrati e proteine. Andiamo a scoprirne tutte le sue proprietà e come utilizzarlo in cucina.
Il miglio è un cereale senza
glutine un tempo diffusissimo, soprattutto tra i poveri. Oggi è caduto in disuso ed è stato sostituito dalla carne. Il suo nome botanico è panicum miliaceum ed appartiene alla famiglia delle Graminacee. È originario dell’Oriente.
Nell’antico Egitto, in epoca romana e nel Medioevo, costituiva uno degli alimenti base della dieta perché è una ricca fonte di carboidrati e di proteine. Oggi è diffuso per lo
più in Africa, mentre in Occidente
è purtroppo conosciuto come mangime per
uccelli.
Caratteristiche nutrizionali del
miglio
Il miglio deve tutte le sue proprietà alla
presenza di numerose vitamine e sali minerali.
Ancorapiù interessante è il contenuto proteico che è più elevato nel miglio rispetto ad
altri cereali. Per questo motivo è un alimento consigliato a chi ha carenze nutritive, a chi è inappetente, a bambini e adolescenti in
fase di crescita, nelle situazioni di stress fisico
e intellettuale.
Tra i suoi pregi vi è quello di essere privo di glutine quindi
è ideale per la dieta dei celiaci.
Proprietà del miglio
Vediamo ora quali sono i benefici che
si possono riscontrare assumendo il miglio.
Rinforza denti, unghie e capelli: risulta
contenere in misura superiore rispetto ad altri alimenti l’acido salicilico, il quale stimola
la formazione della cheratina. Di
conseguenza i nostri capelli, le unghie e i denti saranno più belli e forti.
Favorisce la diuresi e si digerisce
facilmente: utile quindi nelle situazioni in cui la digestione risulta difficoltosa, come in gravidanza. Non a caso viene preparato spesso anche per i bambini molto piccoli
sotto forma di pappa.
Previene i calcoli biliari: grazie
alla presenza di fibre insolubili, il miglio, come tutti gli altri cereali
integrali, può evitare la formazione dei calcoli.
Aiuta a prevenire l’aborto: anche se
non c’è fondamento scientifico certo, tradizionalmente era suggerito il consumo del miglio alle donne incinte, in quanto si riteneva limitasse la probabilità di perdere
il bambino. Di certo male non fa!
Ad oggi non sono note controindicazioni nel consumo, a meno che la persona
non sviluppi ipersensibilità verso
uno dei suoi componenti.
Il miglio fa ingrassare?
Assolutamente no. Essendo poco ricco in grassi e privo di colesterolo, si abbina al contrario piuttosto bene ad un regime alimentare controllato, quando non a una dieta
dimagrante.
Il miglio si trova in commercio sia sotto forma di chicchi, che si presentano come piccole palline che si gonfiano poi in
cottura assorbendo l’acqua, sia come farina e fiocchi.
Per essere resi commestibili, i chicchi vengono privati del tegumento esterno, così da essere più facilmente e velocemente cucinati. Ecco perché si parla
di chicchi decorticati.
Questo cereale si presta a essere cucinato in modo piuttosto semplice, ad esempio come il riso,
sia pilaf che risotto, oppure nelle zuppe e come minestra.
Alcuni accorgimenti vanno rispettati anche per la cottura, che va fatta precedere da un breve lavaggio sotto acqua corrente, mentre non occorre lasciarlo in
ammollo.
Importante: dosare bene, calcolando per persona una quantità pari a 60 gr di miglio se si prepara come risotto, 70 gr come riso
pilaf e 30 gr nella minestra.
Inoltre bisogna rispettare le proporzioni rispetto all’acqua di cottura, quindi per una parte di questo cereale occorrono due volte e mezzo di volume
d’acqua. La cottura in pentola richiede non meno di 20 minuti di tempo.
Preparazione: lessate il cerealea fiamma bassa, in mezzo litro di acqua bollente salata,
finché ha assorbito l’acqua.
L'orzo
Si parla di un vero e proprio boom dell'orzo:
in questi ultimi anni, la richiesta di mercato dell'orzo è cresciuta esponenzialmente. La domanda del cereale più antico del mondo – è bene sottolinearlo – non è tanto correlata
alle sue proprietà medicamentose, piuttosto è riflesso di una marcata propaganda mediatica: ad ogni modo, quello che davvero conta, è che l'orzo è sempre più presente nelle tavole
della popolazione mondiale, è un alimento utile per preservare il benessere dell'organismo
ed è una fonte di proprietà benefiche, oltre ad essere particolarmente gradevole al gusto.
In questo articolo conclusivo analizzeremo con occhio
critico le proprietà benefiche dell'orzo, studiandone anche le caratteristiche nutrizionali salienti.
Valori nutrizionali
Paragonato al mais, la composizione nutrizionale dell'orzo è assai simile, a differenza, però, della maggior quantità proteica (10,3% rispetto al 9,2% del mais) e del minor
quantitativo lipidico (1,4 % nell'orzo rispetto al 3,8% del mais). I carboidrati ammontano
a circa il 70%, mentre le fibre sono
calcolate intorno al 9%; il rimanente 12% è costituito da acqua. 100 grammi d'orzo perlato apportano all'incirca 319 Kcal.
Tra i sali
minerali non possiamo dimenticare fosforo (189mg/100 g di orzo), potassio (120
mg/100 g di prodotto), magnesio (79
mg), ferro, calcio, silicio e zinco:
per questo motivo, l'orzo vanta proprietà rimineralizzanti.
Oltre ai sali minerali, l'orzo contiene una discreta quantità di vitamine,
in particolare vitamina
E (tocoferoli e tocotrienoli) e del gruppo
B (B1, B2, B3);
le vitamine
A e la C non
sono presenti.
Principi attivi
Le cariossidi dell'orzo, oltre a contenere cospicue quantità di proteine, amidi, zuccheri
semplici, vitamine e destrine,
sono caratterizzate anche da prolamine,
quali edestina ed ordeina.
Le foglie ed i germogli d'orzo, oltre a contenere anch'esse ordenina, presentano pure la gramina, altra molecola
alcaloidica; nelle foglie sono state isolate anche tricina e lutonarina (molecole glicosilate a natura flavonoidica) ed emicellulosa.
Il betaglucano è
una sostanza utile a rallentare l'assorbimento dei carboidrati degli altri alimenti: viene sfruttato, pertanto, per abbassare
la glicemia.
Le proprietà benefiche dell'orzo sono in arte dovute anche alla presenza delle mucillagini.
Proprietà
Già Ippocrate, nei suoi Scritti, elogiava l'orzo per le proprietà medicamentose: “[…] il decotto d'orzo
fu prescelto tra le vivande cereali in
questi morbi acuti […]. Dissetante e di facile escrezione, non comporta astringenza né brutta agitazione, né gonfia il ventre.”
Effettivamente, i benefici elogiati da Ippocrate non si discostano troppo dalla realtà; ma vediamo più in dettaglio le proprietà attribuite all'orzo.
In caso di infiammazioni a carico dell'apparato gastro-intestinale ed
urinario, l'orzo agisce come antinfiammatorio ed emolliente, in grado di alleviare il fastidio gastrico e rilassare le pareti intestinali; è utile, inoltre, per alleviare le turbe
pancreatiche e biliari, oltre ad esercitare un'azione benefica contro le infezioni della mucosa
intestinale.
Per la presenza di fibre, l'orzo si rivela un ottimo regolatore della funzionalità intestinale, particolarmente indicato in caso di stipsi ed intestino
pigro (proprietà
lassative-stimolanti).
Il +,
utilizzato per gargarismi,
è utile in caso di infiammazione della cavità orale. L'estratto d'orzo viene sfruttato anche per preparare caramelle
contro il mal di gola: non a caso, una delle proprietà più importanti di questo cereale è proprio quella di alleviare le infiammazioni del cavo orale.
Indicato per favorire la digestione nei
bambini, negli anziani e
nei soggetti che soffrono di dispepsia (proprietà digestive);
in modo analogo, il decotto d'orzo è indicato per gli stati di convalescenza e debolezza fisica.
Per la sua ricchezza in minerali, come abbiamo visto, l'orzo svolge una discreta azione mineralizzante; il fosforo, inoltre, stimola le capacità intellettive, agendo in sinergia
con potassio, magnesio, ferro e calcio, mentre il silicio esercita una blanda attività sedativa.
Il fosforo espleta la sua proprietà anche come buon rimineralizzante delle ossa.
Anticamente, il decotto d'oro veniva consigliato anche per impacchi (applicazione topica) contro irritazione della pelle e occhi
arrossati.
Consigliata la somministrazione di orzo anche per le donne che allattano
il proprio piccolo al seno, per le sue capacità galattogene, utili, quindi, per favorire la produzione
di latte grazie alla regolazione della produzione di estrogeni.
Recentemente, è stato osservato che alcune sostanze isolate dall'orzo (tra cui il tocotrienolo) sono in grado di inibire la sintesi
di colesterolo cattivo da parte del fegato, esercitando perciò le loro proprietà ipocolesterolemizzanti.
Per chi ama il caffè ma lo deve evitare a causa del suo effetto eccitante, è consigliato il cosiddetto “caffè”
d'orzo, privo di queste proprietà.
( dal web )
La cucina particolare...quella che ci fa bene...la quinoa!!!
Cos'è la quinoa?
Quinoa è il nome di un alimento vegetale costituito dai semi di una pianta originaria del Sudamerica – nomenclatura binomiale Chenopodium
quinoa.
Shutterstock
Simile – poiché strettamente imparentata – all'amaranto,
la quinoa produce semi amidacei storicamente
utilizzati dalle etnie locali come fonte primaria di sostentamento nutrizionale.
Viene considerata idonea a tutti i regimi alimentari; tuttavia, la sua pertinenza nella dieta può variare in base allo stato nutrizionale del soggetto. Obesi,
diabetici tipo 2 e ipertrigliceridemici non possono mangiarla liberamente, ovvero senza tenere conto della porzione e della frequenza di consumo. Si presta alla dieta
del celiaco. Per maggiori informazioni consulta di seguito i paragrafi sulle Proprietà Nutrizionali e sulla Dieta.
Lo sapevi che…
La quinoa contiene saponine dal gusto
amaro e indesiderato. Dopo la raccolta, i semi devono essere lavorati per rimuoverne il rivestimento fibroso contenente questi fattori chimici che, altrimenti,
pregiudicherebbero la commestibilità dell'alimento.
In cucina, la quinoa viene preparata in maniera identica agli altri semi amidacei inadatti alla panificazione;
chi non l'ha mai cucinata si può attenere a tutte le raccomandazioni utili per il riso.
In seguito entreremo più nel dettaglio.
Lo Sapevi che…
Le foglie di quinoa vengono mangiate come verdura (ortaggio),
analogamente a quelle di barbabietola, di amaranto e di spinacio, ma la relativa disponibilità commerciale è piuttosto limitata.
Proprietà Nutrizionali
Proprietà nutrizionali della quinoa
La quinoa appartiene al III gruppo fondamentale degli alimenti – ricchi di amido, fibre
alimentari e, se integrali,
anche di magnesio e niacina.
Va comunque ricordato che questa classificazione è stata concepita per catalogare i cibi tipici della Dieta
Mediterranea – avena, orzo, frumento, mais, miglio,
riso ecc. – pertanto, non sempre
le proprietà nutrizionali dei prodotti esteri sono chiaramente identificabili in uno o nell'altro insieme. La quinoa ad esempio, ha caratteristiche chimiche molto simili a quelle
dei cereali – Graminacee o Poaceae – ma appartiene ad una Famiglia totalmente diversa. Per questa ragione, seppur in modo ufficioso, negli ultimi anni è stato ideato un insieme
parallelo chiamato "pseudocereali", atto a raggruppare tutte le granaglie o semi prevalentemente amidacei che dovrebbero far parte del III gruppo fondamentale degli alimenti pur
non essendo cereali, tuberi o
derivati.
La quinoa ha un apporto energetico significativo,
fornito principalmente dai carboidrati,
seguito dalle proteine e infine da piccole quantità di lipidi. Le proteine raggiungono ben il 14% della massa totale, una percentuale maggiore rispetto al frumento, al mais e
alle patate,
ma inferiore rispetto ad avena, grano
saraceno, riso scuro e leguminose in genere.
I glucidi sono
fondamentalmente di tipo complesso e gli acidi grassiinsaturi;
per la valutazione dei peptidi invece, la questione si complica. Analizzando il profilo
amminoacidico, secondo alcuni il valore biologico non sarebbe di media entità, come quello dei cereali; al contrario, contenendo proporzionalmente molta più lisina,
il valore biologico sarebbe addirittura elevato – ovvero simile a quello delle proteine umane. Rimane comunque difficile credere che sia la quantità assoluta, sia la proporzione
tra i singoli amminoacidi siano
paragonabili a quelle delle proteine
animali. Non è comunque da trascurare il fatto che risultino qualitativamente migliori rispetto a quelle contenute nei cereali di più largo consumo.
Approfondimento
La lisina è l'amminoacido essenziale limitante del
gruppo dei cereali. Per la sua carenza, le proteine contenute nei semi prodotti dalle Graminacee vengono definite a medio valore biologico. Per essere "compensati", questi
peptidi vengono comunemente accompagnati / alternati con quelli di altri alimenti tipo: carne,
pesce, uova, latte e
derivati, legumi.
Per quel che interessa i sali
minerali, la quinoa apporta buone concentrazioni di fosforo, calcio,
ferro, magnesio e zinco.
D'altro canto, ricordiamo che l'assorbimento
di ferro, zinco e calcio dagli alimenti di origine vegetale può essere compromesso dalle molecole anti-nutrizionali in essi contenuti – ad esempio acido
fitico, acido
ossalico, eccesso
di fibre ecc. – oltre che dalla ridotta biodisponibilità degli ioni in questione.
In merito alle vitamine, si apprezzano modeste concentrazioni di alcune idrosolubili del complesso B, ad esempio la tiamina (vit B1), la riboflavina (vit
B2), l'acido pantotenico (vit B5), la piridossina (vit B6) ed i folati. Basso ma non irrilevante il contenuto della liposolubile vit
E (tocoferoli o tocotrienoli).
Allo stato naturale, i semi di quinoa possiedono un tegumento ricco di saponine che conferiscono un gusto piuttosto amaro e sgradevole; inoltre, tali composti risultano nocivi per
l'organismo. Per entrambi i motivi, la maggior parte dei semi venduti in commercio sono trattati meccanicamente per rimuoverne la componente amaricante.
Di fatto, tale aspetto chimico-fisico non è casuale; l'amarezza della quinoa grezza svolge un ruolo protettivo durante la coltivazione,
tutelando l'integrità della pianta dall'aggressione degli uccelli. Il controllo genetico – attraverso gli incroci e la selezione naturale – ha aiutato a ridurre il contenuto di
saponine, a tutto vantaggio delle applicazioni gastronomiche del seme – ad es. per la produzione di dolci. La varietà Real, ad esempio, è molto più povera di saponine rispetto
alle varietà selvatiche.
Il "Toxicity Category Rating" inquadra le saponine della quinoa come irritanti per
gli occhi e
per le vie respiratorie, oltre che come un moderato agente irritante per la mucosa gastrointestinale.
Questa saponina è di fatto un glucoside tossico che, se combinato ai globuli
rossi, esprime un potenziale emolitico.
In Sud America, la saponina della quinoa è utilizzata per molti usi; ad esempio come detergente per
l'abbigliamento e come antisettico per
le lesioni cutanee.
Approfondimento
Le foglie e gli steli delle piante di quinoa (e di tutte quelle appartenenti al Genere Chenopodium oltre
che alla famiglia Amaranthaceae) contengono elevati livelli di acido ossalico, una molecola dal potere fortemente anti-nutrizionale e predisponente alla calcolosi
renale. D'altro canto, i rischi associati all'uso di quinoa sono di bassa entità, a condizione che i semi vengano lavorati con cura e le foglie mangiate con moderazione.
Avendo una ripartizione lipidica pregevole ed essendo priva di colesterolo, la quinoa non ha alcuna controindicazione per
l'ipercolesterolemia. Al contrario, sempre grazie all'abbondanza di fibre, questo pseudocereale è in grado di sequestrare una piccola parte di colesterolo
alimentare e di sali
biliari riducendone l'assorbimento / riassorbimento intestinale. Questo favorisce la diminuzione della colesterolemia.
La quinoa non ha implicazioni nella terapia alimentare contro l'ipertensione
arteriosa anche se, in maniera indiretta - contribuendo a ridurre l'eccesso calorico, il carico e l'indice glicemico-insulinico
ed aumentando l'apporto di fibre - potrebbe prevenire o addirittura favorire la diminuzione del sovrappeso migliorando un'eventuale ipertensione arteriosa primaria.
Come abbiamo già detto sopra, la composizione delle proteine contenute nella quinoa soddisfa abbastanza il fabbisogno umano di amminoacidi
essenziali. Non ci è dato sapere se il valore biologico sia realmente di alta entità o se, pur contenendo tutti gli amminoacidi essenziali, questi abbiano un rapporto e
proporzioni differenti. È innegabile che le proteine dalla quinoa siano qualitativamente superiori a quelle dei cereali, ragion per cui lo pseudocereale viene consigliato
soprattutto in caso di dieta
vegana – nella quale mancano totalmente i peptidi ad alto
valore biologico di origine animale. In tal caso, per avere la certezza di non andare incontro a qualsivoglia carenza amminoacidica, è indispensabile associare o
alternare la quinoa a tutte le altre tipologie di semi – legumi, cereali e altri pseudocereali.
La ricchezza di fibre della quinoa ha moltissimi risvolti salutistici positivi. Oltre a quelli già menzionati, spicca un'eccellente mansione anti stitica – preventiva e
terapeutica contro la stitichezza –
che rappresenta anche un fattore preventivo nei confronti di certe patologie tumorali dell'intestino
crasso. Evitare la stipsi ha
anche un ruolo benefico per altri disagi del colon-retto
come i diverticoli – formazione della diverticolosi e
evoluzione in diverticolite –
le emorroidi,
le ragadi
anali, il prolasso anale ecc.
La bassa concentrazione di purine rende questa granaglia pertinente nella dieta di chi soffre di iperuricemia,
soprattutto con attacchi
gottosi. Lo stesso dicasi per chi tende a formare calcoli di acido
urico nei reni – calcolosi o
litiasi renali.
La quinoa apporta una quantità media di fenilalanina. In presenza di fenilchetonuria,
il metabolismo di
questo amminoacido è sensibilmente compromesso e ne determina l'accumulo nell'organismo. Può quindi rientrare nella dieta per questo tipo di dismetabolismo ma, potendo scegliere,
meglio prediligere un cereale o uno pseudocereale meno ricco
di proteine.
La quinoa ha un buon apporto di alcune vitamine
e minerali. Nell'organismo, le idrosolubili del gruppo
B –abbondano soprattutto la B1, B2 e PP – svolgono principalmente il ruolo di fattori coenzimatici. La vitamina
E invece ha il ruolo di antiossidante e protegge le membrane
cellulari dall'azione dei radicali
liberi. Il calcio e il fosforo sono essenziali per le ossa,
il magnesio e il potassio sono due alcalinizzanti e partecipano alla conduzione del potenziale di membrana neuro-muscolare,
mentre lo zinco costituisce alcuni enzimi fortemente antiossidanti e
mantiene in salute la ghiandola
tiroide.
Quinoa per gli astronauti
In virtù delle sue caratteristiche nutrizionali a dir poco eccellenti, alla quinoa è attribuito il nome di "super cibo" (forse anche perché impiegata nell'alimentazione degli
astronauti). In merito alle sue notevoli proprietà nutrizionali, la quinoa è stata presa in considerazione come possibile coltivazione nel "NASA's Controlled Ecological Life
Support System" finalizzato a voli spaziali di lunghissima durata. Previa germinazione dei semi maturi di quinoa (grazie all'attivazione enzimatica propria) è possibile ottenere
un incremento quasi esponenziale dei valori
nutrizionali; avendo cura di risciacquarli accuratamente, questi forniscono un maggior contenuto di molecole essenziali rispetto ai semi essiccati e alla
relativa farina.
Cucina
Quinoa in cucina
La quinoa ha un impiego gastronomico simile a quello dell'amaranto. La porzione edule è costituita prevalentemente dai semi freschi, secchi o germogliati, purché privati delle
saponine amaricanti.
La quinoa fresca è estremamente rara ed è presumibilmente sfruttata solo dai coltivatori. Quella secca, invece, può essere destinata al consumo per intero – pseudocereali grezzi –
o macinata per il ricavo della farina; oggi è parecchio diffusa la quinoa intera o macinata grossa da impiegare nella preparazione dei primi piatti asciutti o delle zuppe.
Il kamut è un cereale la cui fama è
giunta alla ribalta da alcuni anni, ma le sue origini sono antichissime, sebbene con un nome differente. Si tratta del grano khorasan(nome scientifico Triticum turgidumss Turanicum) dapprima coltivato in Iran e poi un po’ in tutta l’Europa del
Sud. Il kamut è invece un marchio registrato da una società americana, che lo
commercializza in esclusiva, ma – come spesso avviene in questi casi – il marchio è diventato nome comune. Per cui si fa comunemente riferimento a kamut quando si intende la
varietà khorasan.
Nell’Italia meridionale esiste un grano simile, la varietà saragolla, coltivato fino alla prima metà del Novecento e poi scomparso a causa
della poca produttività, per essererimpiazzato dal grano moderno irradiato.
La gran parte del kamut in commercio è frutto di coltivazioni biologiche, possibili perché è un
cereale con doti di notevole robustezza,
resistenza e adattabilità alle situazioni climatiche anche senza l’impiego di pesticidi e fertilizzanti chimici.I proprietari dell’azienda Kamut International del Montana hanno creato una storia e un marchio a
questa varietà di grano conosciuta da sempre come khorasan e hanno cominciato a commercializzarlo in tutto il mondo con il
nome di ‘kamut’, che sembra derivi dalla paraola ‘grano’ in antico egizio.
Astutamente, l’azienda utilizzò la storia di un pilota americano che nel 1949 ritrovò per caso in una tomba egizia 36 chicchi di un mitico grano antico utilizzato più di
4000 anni prima dai Faraoni e miracolosamente conservato fino ad oggi, tanto da poter germogliare ancora… nel lontano Montana. Non si sa se sia vera, tuttavia il marchio
registrato Kamut è il nome commerciale del grano
della varietà khorasan.
Si tratta dunque di un marchio dato dalla ditta ad una varietà coltivata in modo biologico in un’area che si estende in Nord America e Canada e che non può essere usato da
altri. Questo grano negli ultimi anni ha colonizzato le nostre tavole ad un prezzo tre volte superiore al normale grano ibridato utilizzato dappertutto e da millenni!
Sì, perché forse non tutti sanno che il khorasan
è un grano naturale, cioè originario, mentre nel corso del tempo sono state eseguite diverse ibridazioni per ottenere un grano resistente a parassiti e malattie, e con una resa
maggiore.
Kamut a km zero: esiste?
Va però anche ricordato che i prodotti kamut generalmente arrivano dal Nord America e sono
quindi molto poco a km zero. In Italia ci sono quasi diverse aziende licenziatarie del marchio kamut, che producono diversi prodotti a base di questo grano, coltivato solo in Nord
America.
Se proprio si vuole mangiarlo, è meglio privilegiare quelli italiani.
Molto simile è il tipo saragolla (che
appartiene alla sottospecie del Triticum turgidum
durum) coltivato prevalentemente in Puglia e Basilicata e che fa parte della stessa
famiglia.
Kamut: cos’è di preciso
Il khorasan è dunque una varietà naturale di grano
duro, caratterizzata da resa più bassa, poca capacità di adattamento e minore resistenza a funghi e parassiti vari, rispetto ai più recenti grani ibridati. I suoi chicchi
hanno dimensioni doppie e sono ricchi di glutine, quindi non adatti a chi soffre di celiachia.
Connotato da un sapore leggermente differente, non è nutrizionalmente migliore di altri tipi di grano
duro ed anche i prodotti a base di farina di kamut non hanno proprietà così salienti da farli preferire ad altri grani.
Tuttavia il consumo è cresciuto molto negli ultimi anni, sull’onda della cultura alimentare salutista ed eco-sostenibile, attribuendogli la nomea di un cereale sano ed
a km zero, quando in realtà proviene da Stati Uniti e Canada.
Inoltre, poiché è ricco di glutine, non può
essere usato dai celiaci.
Kamut farina e chicchi:
utilizzi in cucina
La farina
a base di questo cerealepuò essere usata per ricavare vari prodotti da forno, come cracker, grissini, biscotti, merendine, e con si preparano anche torte e
gnocchi, spesso mescolata con quella 00 da grano di frumento.
Dai chicchi si possono
ottenere anche i fiocchi, perfetti per la colazione o con lo yogurt.
il Bulgur
Il bulgur è
un alimento base della cucina naturale: deriva dal frumento integrale, dal grano duro, i cui chicchi vengono cotti al vapore e fatti seccare, per poi essere macinati e spezzati in pezzi piccoli.
Scopriamo quali sono le sue proprietà e che piatti possiamo preparare.
A differenza del più noto cous cous, che proviene dalla lavorazione lenta della semola di grano duro in acqua, il bulgur è dunque proprio il chicco di grano duro cotto
a vapore e frantumato.
L’altra differenza rispetto al cous cous è data dal fatto che questo il bulgur è sempre ricavato da semi integrali (germogliati) che conservano la crusca, a differenza del cous cous, che non ne contiene e
che usa semi non germogliati del frumento.
Sono presenti sul mercato diverse tipologie di bulgur (che è noto anche con le varianti bulghur e bulghul), quali il bulgur di farro o di kamut.Si
trova in pezzature più fini e più grandi, che si adattano diversamente a seconda dei tipi di piatti.
Come noto, si tratta di un ingrediente molto usato nelle cucine in Medio Oriente: nella cucina turca, armena, siriana ed in generale in diverse cucine mediorientali e anche
mediterranee.
In Turchia, per esempio, dove si distingue
tra pilavlik bulgur (bulgur in pezzatura fine) e köftelik bulgur (una varietà in pezzi grossi), viene usato anche per
accompagnare anche piatti a base di carne al posto del riso pilaf.Da noi non è facilissimo trovare in commercio in bulgur. Se si eccettuano i negozi
biologici ed etnici, lo troviamo sui banchi di qualche supermercato delle grandi città, ma non sempre, a differenza di altro paesi europei. Per esempio la Germania, dove si trova praticamente in tutti i supermarket di città
grandi e piccole, anche in virtù della presenza di una vastissima comunità turca.
Bulgur proprietà
Le sue caratteristiche ricalcano quelle del frumento
integrale. Ottimo l’apporto di fibre, ma
anche di vitamine B, potassio e fosforo. Dunque tutti i benefici per una corretta funzionalità intestinale grazie alla fibra e dunque un aiuto concreto per prevenire diverse patologie di natura
intestinale, come l’intestino pigro e la stitichezza.E’
proprio la sua ottima digeribilità una delle
proprietà più apprezzate. Infatti, contiene una porzione non digeribile minima rispetto agli altri derivati del frumento, la sua caratteristica più peculiare.
La sua ricchezza di folati e di altre vitamine
del gruppo Blo rendono un alimento ideale per bambini in fase di sviluppo e donne in gravidanza.
L’apporto calorico del bulgur è relativamente modesto:
poco meno di 350 kcal per 100g di prodotto.In realtà, quando si parla di bulgur crudo si parla di una tipologia di bulgur non germogliato e selezionato. E’ vero che preserva meglio –
rispetto alla varietà classica – le diverse caratteristiche nutrizionali fino al momento della cottura. Ma è altrettanto vero che va anch’esso cotto (per circa 15 minuti in una quantità d’acqua
2,5/3 volte il suo peso).
Il fatto è che, non essendo presente la fase di ammollo
necessaria per il bulgur precotto, la diluizione di alcuni elementi nutritivi è minore. Ma non ci sono alla fine sostanziali differenze di tipo nutrizionale tra una varietà e
l’altra.In realtà, quando si parla di bulgur crudo si parla di una tipologia di bulgur non germogliato e selezionato. E’ vero che preserva meglio –
rispetto alla varietà classica – le diverse caratteristiche nutrizionali fino al momento della cottura. Ma è altrettanto vero che va anch’esso cotto (per circa 15 minuti in una quantità d’acqua
2,5/3 volte il suo peso).
Il fatto è che, non essendo presente la fase di ammollo
necessaria per il bulgur precotto, la diluizione di alcuni elementi nutritivi è minore. Ma non ci sono alla fine sostanziali differenze di tipo nutrizionale tra una varietà e l’altra.
Bulgur come si cucina
Cucinare il bulgur è facilissimo. Sarà sufficiente bollirlo 10 minuti in una quantità di acqua leggermente salata di volume doppio rispetto alla quantità di bulgur che si deve preparare. Per
esempio, per 100 grammi di bulgur useremo 200 millilitri d’acqua (o per un bicchiere di bulgur useremo due bicchieri d’acqua). Dopo 10 minuti, con l’acqua assorbita, lasceremo riposare fino a
quando il preparato non diventa tiepido.
Bulgur ricette
Per prepararlo, semplicemente bisogna metterlo a mollo una
ventina di minuti in modo che si possa reidratare. Dopo di che andrà fatto cuocere in una quantità di acqua con volume doppio rispetto a
quello del bulgur in preparazione per un quarto
d’ora e lasciato ulteriormente idratare un’altra decina di minuti nell’acqua di cottura.
Una volta scolato, può essere consumato sia caldo che freddo.Alcuni piatti che possono essere preparati con questo ingrediente:
1 confezione di tonno bianco sott’olio sgocciolato (ok, è vero che
il tonno
è poco ecosostenibile, ma per una volta faremo un’eccezione anche noi. Nella nostra variante faremo comunque a meno dell’uovo.)
1 tazza di rucola fresca
del prezzemolo fresco tritato fine per la guarnizione finale
Preparazione: Mischiate in un piatto tondo i cucchiaini di
olio di oliva con la senape di Digione, il cucchiaino di aceto di vino rosso ed il cucchiaino di succo di limone fresco: unite il pepe ed il bulgur cotto in precedenza. Aggiungete successivamente
i fagiolini verdi, le olive kalamata, i pomodorini tagliati in due parti
uguali, il cucchiaio di cipolla rossa tritata e come ultimo ingrediente aggiungete il tonno.
Le spezie...la cucina particolare...quella che ci fa bene...
Poco ingombranti, con aromi e proprietà organolettiche di lunga durata, alle spezie è sempre stato attribuito un potere magico!, tutt'altro che sopito anche nella nostra epoca, tanto da venire
utilizzate fino a oggi per una molteplicità di scopi: igiene e cura del corpo (macerati di finocchio per i piedi, cassia per le tinture dei capelli, zafferano e mostarda per decorare il corpo e
le mani, peperoncino come anestetico), proprietà terapeutiche e medicinali, virtù culinarie, aspetti religiosi e magici (riti propiziatori, cerimonie, imbalsamazione e cremazione).
Le spezie costituivano un rimedio certo contro numerosi malesseri, ma avevano anche una notevole attitudine alla prevenzione. Come ad esempio lo zenzero, che veniva coltivato a bordo delle navi
per garantire una scorta sempre fresca antipellagra, dato il riconosciuto apporto vitaminico (niacina e vitamina A), o il peperoncino, utilizzato (grazie al suo contenuto in capsicina) per
favorire la circolazione sanguigna che dava sollievo ai muscoli (la capsicina è la base di molti linimenti muscolari).
I medici e gli speziali, conoscitori della medesima arte della guarigione e della buona salute, agivano in pieno accordo e complementarietà. I primi visitavano gli ammalati e individuavano la
patologia che li affliggeva e i secondi preparavano i medicamenti più adatti alla cura.
La storia dell'utilizzo umano delle spezie è antichissima. Spezie e aromi erano già conosciuti a partire dal Neolitico (8000-5000 a.C.), in Egitto (dal 4000 a.C. fino al 700 d.C.) erano presenti
nel rito funebre della mummificazione, i cui segreti furono svelati da Erodoto, e comprendevano il lavaggio dell'addome del defunto con vino di palma e aromi (mirra, resina e altre sostanze
aromatiche) e sovente l'inserimento di grani di pepe nelle narici a scopo conservativo.
All'epoca di Cristo era invece in uso presso i romani il rituale della cremazione, che comprendeva anch'esso la presenza di aromi. Il corpo morto dell'imperatore veniva posto, con grande
abbondanza di profumi e spezie, su un'alta torre a cui veniva dato fuoco, come a purificare e a innalzare verso il cielo la sua anima.
Nell'antichità il potere e il simbolismo delle spezie era così forte che preparare il corpo di un morto per l'aldilà significava condirlo o speziarlo.
Perfino nella Bibbia le spezie sono citate in abbondanza a riprova del loro utilizzo massiccio anche in campo religioso, sia nei riti di adorazione, o di imbalsamazione, fino alla simbologia
massima di nutrimento celeste (manna miscelata con semi di coriandolo). Nella Bibbia le spezie vengono quasi sempre associate all'oro, alle pietre preziose e alle perle per la loro rarità,
preziosità dell'aroma e segretezza del loro potere magico.
La segretezza e il potere magico delle spezie derivavano anche dal fatto che le zone geografiche di provenienza erano da sempre occultate e mantenute strettamente segrete per non perdere
l'esclusiva del loro commercio. Gli europei avevano sempre creduto che il luogo di provenienza della preziosa cannella e del pepe fosse la lontana Arabia, mentre i mercanti arabi in gran segreto
se ne rifornivano in esclusiva in India e a Ceylon.
Le spezie, come gli aromi, hanno costituito da sempre una delle ricchezze del mondo, tanto che per terra e mare sono state organizzate spedizioni di ogni tipo per assicurarsene il possesso e il
commercio. Persino le Crociate furono uno strumento politico per assicurarsi il contatto con le zone di origine di molte spezie.
Arabi, portoghesi, olandesi, inglesi, francesi e italiani (con Genova e soprattutto Venezia che nel XV secolo arrivò a essere considerata la drogheria d'Europa) erano tutti in lotta per il potere
delle spezie. Gli olandesi, unendo cinque compagnie commerciali, arrivarono a creare, nel 1600, la più potente organizzazione del mondo che commercializzava quasi in esclusiva le spezie
rifornendosene nei principali luoghi di produzione: India, Ceylon, Malesia, Molucche, Cina e Giappone. Era, infatti, d'importanza strategica assicurarsi la fornitura dei preziosi aromi
direttamente sul posto senza intermediazioni. Ciò significava pagare le spezie a prezzi ragionevoli, mentre una volta giunte a destinazione, con numerosissimi passaggi di mano, il loro valore
poteva aumentare fino a 1.000-2.000 volte! Era questo il principale motivo dell'esclusività delle spezie, inizialmente appannaggio di pochissimi eletti: papi, re, imperatori, sultani e califfi,
come il potente Harun al-Rashid (786-809), califfo dell'impero islamico, che fece di Bagdad una capitale ricchissima e splendente, resa immortale dal libro Le mille e una notte.
Carlo Magno (742-814) arrivò persino a emanare un editto (Capitulare de Villis) recante un elenco di almeno cento piante medicinali, alimentari e aromatiche (senape, papavero, cumino, coriandolo,
carvi, nigella, aneto) che dovevano essere obbligatoriamente coltivate sulle terre imperiali e nei monasteri per scongiurarne la carenza, talmente era diffuso e indispensabile il loro
utilizzo.
Le spezie erano utilizzate in molti settori (religioso, curativo, culinario, profumiero-cosmetico), quasi tutti dipendenti dalla funzione dietetica, perché cucinare era considerato più un atto
medico che gastronomico.
Non erano solamente i cibi a essere arricchiti con le spezie, ma anche le bevande: la birra senza luppolo a/e e il vino speziato ne rappresentano un chiaro esempio.
In tutto il Medioevo il vino è stato preparato e conservato tramite miscele di spezie macinate e miele.
Di grande rilievo è l'idea medievale dell'equilibrio che deve sempre esistere tra cucina e salute: "il cibo per stare bene". Le spezie, come detto, sono dei potenti riequilibratori naturali,
concetto già noto alla teoria medica che riteneva essenziale che tutti i cibi presenti nella dieta non si scostassero mai dalla moderazione per non provocare uno squilibrio umorale e quindi la
malattia del corpo.
Tale concetto era così radicato che di rado i libri medievali fornivano nella ricetta indicazioni precise sulla quantità degli ingredienti. La loro quantificazione era lasciata al sapere del
cuoco, il Gran Speziale, che agiva secondo le sue precise finalità, rispettando l'individualità dei commensali; "un uomo dovrebbe mangiare e bere secondo la sua costituzione".
L'eccellenza e l'esclusività delle spezie era anche sottolineata dalla ricchezza dei contenitori nei quali venivano servite a tavola: vassoi d'oro o d'argento o opere d'arte appositamente
realizzate per presentare e conservare il loro potere magico.
La fine del monopolio delle spezie e la loro grande diffusione (tra XVII e XVIII sec.) coincidono con la loro progressiva acclimatazione in diverse aree geografiche. Furono i commercianti
inglesi, portoghesi e olandesi che tornando in patria portavano sulle loro navi le pianticelle di spezie e aromi nel tentavo di coltivarli. Dove l'habitat era proficuo, le spezie si acclimatavano
donando il loro potere a nuove popolazioni. Cannella, noce moscata e chiodi di garofano vennero così coltivate anche nelle isole Mauritius, Réunion, Seychelles e a Zanzibar, attualmente centro
mondiale della produzione di chiodi di garofano.
Oggi India, Sri Lanka (l'attuale Ceylon) e Sud-Est asiatico mantengono il loro primato di coltivazione ed esportazione di spezie esotiche come lo zenzero, il cardamomo, i chiodi di garofano, la
noce moscata, il macis e la cannella.
Sri Lanka, Indonesia e Grenada, isola caraibica nelle Piccole Antille, sono invece i principali produttori di noce moscata e macis (a dimostrazione del grande valore di questa spezia, sulla
bandiera nazionale di Grenada è raffigurata una noce moscata).
La cannella è invece prodotta in Madagascar, Sri Lanka e Seychelles; lo zenzero in Brasile, India, Indonesia, Cina, Tailandia e Giamaica. Brasile, India, Indonesia, Malesia, Tailandia e Sri Lanka
producono in prevalenza il pepe, mentre il peperoncino proviene da India, Cina, Pakistan, Tailandia, Messico e Africa, anche se, data la sua facilità di coltivazione, è presente in moltissimi
altri paesi.
Guatemala, India, Sri Lanka, Costa Rica e Honduras eccellono per la produzione del cardamomo, mentre i chiodi di garofano provengono principalmente da Zanzibar, Indonesia e Madagascar.
Vaniglia, zafferano e cardamomo sono più costose. Le spezie vengono commercializzate quasi esclusivamente intere (90% circa del commercio mondiale), con l'eccezione della paprica macinata e del
curry, che rappresenta praticamente l'unica miscela di spezie universalmente nota e quindi commercializzata a livello mondiale.
Le spezie dovrebbero essere sempre presenti nelle nostre cucine, perché un giusto uso, ci farebbe ridurre l'aggiunta del sale, che fa male alla nostra salute.
Le spezie sono di solito secche e sarebbe meglio procurarci quelle non tritate o polverizzare, solo per un problema di conservazione maggiore. E poi non confondiamo le spezie con
le erbe aromatiche!!!
Le erbe aromatiche le troviamo nell'orto e, di solito, non abbiamo bisogno si seccarle e conservarle.
Quali sono le spezie più usate in cucina...intanto facciamone un elenco...
Anice
Cannella
Cardamomo
Chiodi di garofano
Coriandolo
Cumino
Curcuma
Curry
Ginepro
Nigella
Noce moscata
Papavero
Paprika
Pepe
Peperoncino
Senape
Sesamo
Vaniglia
Zafferano
Zenzero
L'anice è una pianta dall’azione digestiva, utile come rimedio contro la tosse e ottima per aromatizzare dolci e liquori. Scopriamola meglio.
Proprietà e benefici dell'anice
Calorie e valori nutrizionali dell'anice
Uso in cucina
Curiosità sull'anice
Descrizione della pianta di anice.
Con il nome di anice vengono indicate tre piante che appartengono a diverse famiglie ma sono accomunate dal sapore e dall'aroma.L'anice arrivò dall'Oriente in
tempi remoti e divenne subito una spezia molto gradita sia dai Greci che dai Romani.Della pianta dell'anice vengono utilizzati i semi o i piccoli frutti essiccati.Le piante
indicate dal nome anice sono:
L'anice verde (Pimpinella anisum): è una pianta della famiglia delle Apiaceae ed è l'anice più diffuso in Occidente. I suoi fiori sono giallo chiaro e i semi
piccoli e ovali di color marrone con striature più chiare. Il suo sapore si avvicina molto a quello del finocchio.
L'anice stellato (Illicium verum): proviene dalla Cina e appartiene alla famiglia delle Illiciaceae. Il nome deriva dalla forma a stella dei
frutti ma questa pianta è conosciuta anche come "Anice di Siberia" (poiché introdotto in Europa attraverso la Russia), "Anice stellato cinese" e "Badiana". Il sapore è molto
simile a quello della pianta di liquirizia tanto da esserne sostituito in alcune ricette.
L'anice p
Proprietà e benefici dell'aniceL'effetto più conosciuto dell'anice è quello digestivo, apprezzato già dai Romani che lo utilizzavano alla fine dei banchetti più
impegnativi.L'anice è inoltre carminativo e antispasmodico, per questo viene utilizzato per tisane e infusi digestivi e antigonfiore.Favorisce
il rilassamento ed è spesso presente nei medicinali contro la contro la tosse.L'anice è inoltre stimolante e nell'antichità era considerato
un potente afrodisiaco capace di risvegliare gli ardori sessuali e combattere l'impotenza.Se assunto come rimedio naturale per curare dei disturbi va consultato un
medico: dosi elevate di anice possono risultare tossiche. Calorie e valori nutrizionali dell'anice100 g di anice contengono 337 kcal, e:
Proteine 17,6 g
Carboidrati 50,02 g
Grassi 15,9 g
Colesterolo 0 mg
Fibra alimentare 14,6 g
Sodio 16 mg
Uso in cucina.
Il sapore dell'anice è gradevole, balsamico e delicato, per questo è molto adatto ad aromatizzare pane, dolci e pasticcini.
Oltre che per le preparazioni dolciarie l'anice è usato sui formaggi e sulle verdure in Europa settentrionale, mentre in Oriente e in alcune zone del
Mediterraneo è spesso abbinato alla carne.In Cina, l'anice del tipo “stellato”, è alla base di molte ricette e aromatizza carni come anatra, maiale e pollo.
In Italia questa spezia appartiene in particolar modo alla tradizione marchigiana: l'anice è alla base dei liquori che vanno ad aromatizzare vari dolci, tra cui i famosi
biscottini conosciuti come “anicetti”.Con l'anice vengono preparati liquori e digestivi dal profumo aromatico come l'Anisetta e la Sambuca.In Francia, i
liquori con essenza di anice sono chiamati Pastis: la loro origine risale al 1905 quando le distillerie dovettero trovare una bevanda che sostituisse l'Assenzio, messo
al bando perché troppo forte. Curiosità sull'aniceNell’antica Roma l'anice era, assieme a mosto e formaggio, l'ingrediente di un dolce cotto in foglie d'alloro che
potremmo definire l'antenato delle torte nuziali: il mustaceum.
Questo dolce fu anche l'ispirazione di un proverbio dell'epoca che recitava: ”loreolam in mustace quaerere”, ovvero “cercare inutilmente le fogli di alloro nel mustaceum”
(probabilmente bruciate in forno!).In passato l'anice non era usato solo per il suo effetto digestivo: erano molte le proprietà che gli venivano attribuite.
Plinio il Vecchio consigliava di dormire con qualche seme di anice sotto il cuscino per combattere l'insonnia e allontanare gli incubi, Ippocrate raccomandava
l'anice per facilitare l'eliminazione del muco e nelle corti inglesi veniva usato per profumare gli abiti.L'anice è una delle spezie che compongono una miscela
conosciuta come le “5 spezie cinesi”. Le altre sono il finocchio, i chiodi di garofano, la cannella e il pepe.
Una leggenda narra che questa miscela di spezie (usata per carni e marinate) sia i realtà il risultato del tentativo di creare una polvere magica che richiamasse i 5
elementi fondamentali cinesi (legno, fuoco, terra, metallo e acqua) e i 5 sapori base (acido, amaro, dolce, pungente e salato).
La cannella
Cos'è la cannella?
La cannella è una nota spezia di colore giallo-marrognolo, il cui sapore piccante, impreziosito da sfumature dolciastre, arricchisce dolciumi e
liquori di vario tipo.
L'aroma della cannella, secco e pungente, ricorda quello dei chiodi
di garofano e si accompagna a note pepate.
Cenni botanici e tipi di cannella
La spezia di cannella è costituita dalla corteccia essiccata di
alcuni alberi, appartenenti alla famiglia delle Lauraceae; tra i più noti ricordiamo le specie Cinnamomum
zeylanicum (cannella propriamente detta) e Cinnamomum
cassia (cannella cinese).
La corteccia, liberata dal sughero esterno e dal parenchima sottostante, viene frammentata, arrotolata in cilindri multistrato ed essiccata.
Cannella pregiata
La qualità
migliore, più fine e costosa, si ricava da Cinnamomum
zeylanicum, denominata anche Cinnamomumvera;
si tratta di un arbusto originario dello Sri Lanka (in precedenza Ceylon),
che ancora oggi rimane il più importante produttore a livello mondiale. Si distingue dalle altre varietà di cannella per il colore chiaro e il sapore
dolce; si presenta in cilindri (denominati cannelli)
di 20-80 centimetri con diametro intorno ai 10 mm. Viene raccolta due volte all'anno, in primavera e autunno, dopo la stagione delle piogge.
Cannella orientale
La cannella
cinese (Cinnamomum
cassia o CinnamomumAromaticum)
si caratterizza per un colore rosso vivo, con aroma e sapori meno delicati; viene prodotta in Cina, Bangladesh, India e Vietnam, è costituita da cannelli più corti e spessi, e si colloca a un
gradino di qualità inferiore.
In generale, tanto più sottile è la corteccia e tanto più pregiata è la droga;
inoltre, la forma in bastoncini - da sbriciolare al momento dell'uso - è da preferire alla cannella in polvere, che in questa forma può essere più facilmente sofisticata e tende a perdere
molte delle sue caratteristiche originarie.
L'olio
essenzialedi cannella si ottiene dalle foglie e dai rami giovani, mediante il metodo della distillazione
in corrente di vapore. Si presenta come un liquido giallo scuro, con aroma gradevole e profumo speziato.
Cannella in Breve
Cinnamomum zeylanicum: piccolo albero sempreverde,
alto 10 metri, con rami lisci e quadrangolari, foglie opposte, coriacee, picciolate, e fiori terminali ramificati,
bianco giallastri; il frutto è una bacca contenente un solo seme.
Parte usata: corteccia di fusto e ramoscelli essiccati (cannella).
Componenti principali: contiene circa l'uno percento di olio essenziale (eugenolo,
aldeide cinnamica, ecc.), tannini e polifenoli,
tra cui le "famose"epicatechine.
La cannella vanta una storia millenaria: riferimenti si trovano già nella Cina del 2700 a.C e nella Bibbia (libro dell'Esodo); sappiamo che era utilizzata dagli antichi Egizi per le
imbalsamazioni e citata anche nel mondo greco e latino.
Oggi, l'impiego della cannella non si limita alla preparazione di dolci
di Natale, torte
alle mele e vin
brulè; aldilà dell'impiego culinario, infatti, questa droga riconosce alcune applicazioni fitoterapiche degne di nota.
Nella medicina popolare la cannella viene utilizzata come rimedio contro:
Per via topica, le frizioni a base di olio di cannella combattono le infezioni locali e stimolano la circolazione. Sempre per uso esterno, l'olio essenziale è indicato per le
proprietà deodoranti e
dermopurificanti, e - sotto forma di collutorio -
trova impiego anche nelle stomatiti (infiammazioni
delle mucose del
cavo orale) e nelle gengiviti.
Possiamo quindi ritrovare la cannella nei prodotti fitoterapici riservati a problemi
digestivi, disturbi irritativi del cavo orofaringeo e malanni influenzali di
stagione.
Alcune prove suggeriscono che una crema specifica contenente cannella e altri
oli essenziali potrebbe migliorare il disagio maschile dell'eiaculazione precoce.
Quali benefici ha dimostrato la polvere di cannella?
Molti degli effetti della cannella sono stati dimostrati ma in maniera insufficiente. Le evidenze appartengono, per lo più, a studi piccoli o effettuati su campioni di ricerca modesti. Si
richiedono ulteriori approfondimenti.
Studi recenti hanno dimostrato che la polvere di cannella ha una certa capacità di abbassare i livelli
plasmatici di glucosio,
rendendola potenzialmente utile nella gestione del diabete. Si tratta comunque di un effetto modesto, realizzabile soltanto a dosaggi importanti (1-6g/die sotto forma di cannelli sbriciolati
di Cinnamomum
cassia); per questo motivo, la droga non può essere considerata un'alternativa ai farmaci utilizzati contro il
diabete.
Cannella antiossidante
Degno di nota è anche il suo potere
antiossidante, mentre nella tradizione popolare viene spesso dipinta come un afrodisiaco.
Le proprietà fitoterapiche della cannella sono ovviamente maggiori per l'olio essenziale e per l'estratto fluido, la cui azione antisettica è
valida sia per ingestione che per uso esterno.
E' sempre preferibile il ricorso a forme farmaceutiche standardizzate nel loro contenuto di principi
attivi. In genere, gli estratti di corteccia vengono titolati in flavonoidi,
mentre l'olio essenziale viene titolato in eugenolo e aldeide cinnamica.
Collutorio alla cannella
Poche gocce di olio essenziale, diluite in un bicchiere di acqua naturale, possono essere utilizzate per un collutorio destinato a risciacqui
e gargarismi contro infiammazioni del cavo orale e gengiviti.
Non mancano anche le applicazioni della polvere di cannella essiccata.
Sotto forma di tisana (infuso o decotto),
la polvere di cannella si utilizza in dosi di 0,5/1g di droga essiccata (corteccia) per 150/250ml di acqua.
La tisana si prepara lasciando in infusione la droga in acqua bollente per circa 5 minuti, filtrandola e bevendola più volte al giorno.
Lo svantaggio principale di questa preparazione è che non si hanno garanzie sulla quantità di principi attivi estratti dall'infusione. Un esempio di tisana digestiva a
base di cannella è disponibile in questa pagina.
Dosaggio della cannella
La dose appropriata di cannella dipende da diversi fattori quali
Età dell'utente
Salute
Tipologia farmacologica (estratto
secco od olio essenziale).
Non si possiedono sufficienti informazioni per determinare una dose adeguata per la corteccia di cannella.
Effetti Collaterali
La cannella può scatenare effetti collaterali?
L'olio essenziale di cannella - specie ad alte concentrazioni - può produrre diversi effetti collaterali; pertanto se ne consiglia l'utilizzo sotto il controllo di un medico o farmacista.
Effetti collaterali per uso interno
La cannella (corteccia essiccata a dosaggi elevati ed essenza anche a dosaggi normali) può provocare reazioni
allergiche o pseudoallergiche a
livello di cute e
mucose nelle persone predisposte.
Tra gli effetti collaterali più comuni si annoverano:
Quando utilizzata a livello topico, la cannella può scatenare irritazioni locali molto fastidiose; è quindi fortemente sconsigliato l'utilizzo di olio essenziale di cannella in forma
concentrata (non diluita). A tal proposito, si sono registrati casi di:
La cannella contiene cumarina,
una sostanza moderatamente tossica per fegato e reni.
E' quindi da evitare l'utilizzo significativo di cannella in caso di ridotta funzionalità
epatica e renale.
I diabetici in
terapia farmacologica possono utilizzare i prodotti a base di cannella solo in accordo con il medico e raggiungere la dose utile in maniera progressiva, onde scongiurare l'evenienza
di ipoglicemia.
A dosaggi elevati, infine, la cannella può stimolare le contrazioni uterine e come tale risulta controindicata in gravidanza.
Per la capacità degli oli essenziali di passare nel latte
materno, le nutrici devono
evitare le concentrazioni medicinali di cannella.
Interazioni Farmacologiche
Quali farmaci o alimenti possono
modificare l'effetto della cannella?
L'interazione farmacologica più importante è quella tra cannella e farmaci
antidiabetici. Essendo potenzialmente ipoglicemizzante,
la dose di cannella deve tenere conto della terapia farmacologica specifica, che potrebbe anche richiedere una correzione del dosaggio. Alcuni farmaci antidiabetici sono: glimepiride,
gliburide, insulina, pioglitazone, rosiglitazone,
clorpropamide, glipizide e
tolbutamide.
Precauzioni per l'Uso
Cosa serve sapere prima di prendere la cannella?
Si tenga presente che i prodotti naturali non sono necessariamente sicuri e il dosaggio può essere un fattore molto importante. E' indispensabile seguire le indicazioni citate
sulle etichette dei
prodotti e consultare il proprio farmacista o medico prima di utilizzarli.
Si prenda visione di
quanto scritto nei paragrafi degli effetti collaterali, delle controindicazioni e delle iterazioni farmacologiche.
Inoltre, la cannella è da evitare prima di un intervento chirurgico programmato, a causa del suo potenziale effetto ipoglicemizzante.
Cucina
Come si usa la cannella in cucina?
Nella cucina italiana, la cannella trova spazio in moltissime preparazioni dolciarie di pasticceria secca. Il suo gusto deciso e avvolgente, che rilassa e riscalda, la rende un ingrediente
immancabile in molti dolci natalizi e vini speziati, ma anche in creme al cucchiaio, come la crema
catalana. Immancabile nelle torte a base di frutta, può essere utilizzata anche per aromatizzare carni
conservate, salsicce, wurstel e ragù
di carne.
Il cardamomo è originario dell’India e, con il suo sapore fresco e pungente, viene utilizzato in cucina per la preparazione di piatti sia dolci che salati.
Presenta innumerevoli proprietà e benefici per la salute. Scopriamolo meglio.
A cosa serve il cardamomo:
Il cardamomo è una spezia dal sapore fresco e pungente, che può essere utilizzata sia per la preparazione di piatti salati che dolci. Può essere utile per
insaporire verdure, carne, pesce, torte o biscotti.
Per sfruttare le sue proprietà digestive, si possono preparare degli infusi, tisane o tè al cardamomo, lasciando riposare un cucchiaino di semi di cardamomo in una
tazza di acqua bollente per 5-10 minuti.
L’olio essenziale, invece,viene comunemente utilizzato per realizzare delle fumigazioni, utili per liberare le vie respiratorie.
Proprietà del cardamomo:
Il cardamomo viene utilizzato da secoli nella medicina tradizionale per le sue innumerevoli proprietà terapeutiche. Eccone alcune:
Migliora la pressione arteriosa, grazie all’effetto antiossidante e diuretico.
Riduce i livelli di infiammazione, grazie all’elevato contenuto di antiossidanti.
Ha azione antitumorale.
Ha azione antibatterica.
Benefici del cardamomo:
Grazie alle sue proprietà, gli effetti del cardamomo sulla salute sono diversi, tra questi:
Migliora alcuni disturbi gastrointestinali, come nausea o cattiva digestione.
Migliora la funzionalità dei polmoni e la respirazione.
Migliora la funzionalità del fegato.
Migliora la glicemia.
Calorie e valori nutrizionali del cardamomo100 g di cardamomo apportano:
311 kcal
Proteine 10,7 g
Carboidrati 68,5 g
Grassi 6,7 g
Fibre 28 g
Fibra alimentare 28 g
Sodio 18 mg
Come il cardamomo, esistono altri rimedi naturali per l'intestino irritabile: scopri quali sono.
Che sapore ha il cardamomo:
Il cardamomo ha un sapore forte, deciso, fresco e pungente. Ne bastano piccole quantità per conferire gusto e aroma ad un piatto dal gusto semplice.
Ricette con il cardamomo:
Il cardamomo è una spezia piuttosto versatile, che si può utilizzare per insaporire piatti sia dolci che salati.Numerose sono le ricette con il cardamomo: questa spezia può essere
utilizzata per condire riso, carne, verdure o insaporire tè, caffè e dolci come creme, torte o biscotti.Inoltre, questa spezia può essere utilizzata per realizzare una tisana al cardamomo,
utile soprattutto in caso di difficoltà digestive.
Controindicazioni:
Non risultano controindicazioni particolari nell’uso di cardamomo, tuttavia, è sconsigliato in caso di gravidanza, allattamento, uso di farmaci antiaggreganti e calcoli
biliari. Descrizione della piantaLa pianta del cardamomo appartiene al genere Amomum Elettaria di cui fanno parte diverse specie di cardamomo, tra cui le più comuni sono:
Il cardamomo nero, ricavato dall'Amonum subulatum, molto più comune, dal sapore amarognolo e tendente alla menta.
Il cardamomo verde, che si ricava dall'Elettaria cardamomum, una pianta molto diffusa in India e Malaysia. Questa spezia ha un sapore molto intenso ed è piuttosto costosa.
Il cardamomo di Ceylon, ricavato dall'Elettaria repens, pianta diffusa nello Sri Lanka.
Curiosità sul cardamomo:
La fragranza di questa spezia è sempre stata molto apprezzata, infatti, già Greci e Romani la utilizzavano per produrre profumi, mentre le donne egiziane erano solite bruciare essenze
di cardamomo nell'aria per gli effetti benefici e stimolanti. Ancora oggi molti prodotti cosmetici sono al profumo di cardamomo.
Inoltre, il cardamomo è protagonista di alcune bizzarre tradizioni: in India è considerata una pianta così delicata che può essere toccata e raccolta solo da mani
femminili, mentre nel Kashmir alcuni semi di cardamomo vengono chiusi in un gioiello al polso delle spose a simboleggiare il cibo ristoratore che daranno ai mariti.
I chiodi di garofano
Hanno proprietà anestetiche e analgesiche, contrastano i radicali liberi che sono la causa di invecchiamento cellulare aiutando il corpo a rimanere giovane, inoltre sono ricchi di gusto e
nutrimento
Aiutano a digerire. Sono considerati antinfiammatori, e gli infusi di questa spezia si possono affrontare le micosi della pelle. Hanno un potere afrodisiaco. I chiodi di garofano, molto versatili e facili da utilizzare in cucina, come vedremo,
hanno proprietà e benefici da non sottovalutare.
Indice degli argomenti
PROPRIETÀ E BENEFICI DEI CHIODI DI GAROFANO
Non lasciatevi ingannare dal nome: i chiodi di garofano sono ben diversi dal garofano che abbiamo coltivato in giardino. Stiamo
parlando dei boccioli essiccati ancora chiusi della Eugenia Caryophyllata, albero
originario dell’Indonesia e oggi coltivato in tutta la fascia tropicale. Sono chiamati così sia per la loro forma (che ricorda quella di un chiodo), sia perchè la parte apicale assomiglia vagamente al fiore della pianta del garofano.
CHE COSA SONO I CHIODI DI GAROFANO
I chiodi di garofano contengono flavonoidi, tannini, triterpeni e composti volatili tra cui l’eugenolo, componente
responsabile del potere analgesico di questa spezia. Nel Medioevo, infatti, erano una delle merci più ambite come rimedio per quasi tutti i mali. Fra l’altro sono utili per allontanare
le farfalline dalle nostre dispense.
Seppur con meno entusiasmi miracolosi, le proprietà benefiche dei chiodi di garofano sono state in buona parte confermate dalla scienza
moderna. Quali sono, dunque, i reali benefici apportati nell’uso dei chiodi di garofano? Vediamoli insieme:
ANTINFIAMMATORIO. I chiodi di garofano possono essere impiegati per lenire qualsiasi infiammazione che interessi la bocca, come
gengiviti, afte,
herpes simplex, stomatite, nonché per il mal di gola. In tutti questi casi sono efficaci sia se tenuti in bocca e succhiati come una caramella, sia utilizzando l’infuso, o qualche
goccia di olio essenziale come colluttorio.
DIGESTIVO. Assunti sotto forma di infuso, sono considerati un ottimo digestivo. Aiutano il lavoro dello stomaco e sono indicati per
espellere gas intestinale in eccesso.
ALITOSI. Se avete un appuntamento galante provate a masticare un chiodo di garofano. E’ molto efficace anche quando abbiamo mangiato
dell’aglio.
ANTIOSSIDANTE. Un altro beneficio è che sono 80 volte più antiossidanti di una mela. Dunque il consumo di questi boccioli
contribuisce il contrasto dell’invecchiamento cellulare.
MAL DI DENTI. L’olio essenziale di chiodi di garofano è un famoso rimedio naturale utilizzato come efficace trattamento per il mal di
denti. In alternativa basta applicare un singolo chiodo di garofano vicino al dente dolorante e aspettare qualche minuto.
MAL DI TESTA. Masticare chiodi di garofano, o bere l’infuso, è un ottimo modo per lenire il mal di testa, per prevenire e combattere i
vuoti di memoria e per sconfiggere la stanchezza mentale.
AFRODISIACO. Confermato anche il loro potere afrodisiaco. Inoltre sono in grado di rendere afrodisiaco qualsiasi pietanza che
vanno a condire.
ANTIMICROBICO. Gli infusi di questa spezia sono utilizzati per combattere micosi della pelle, spesso uniti a timo e coriandolo.
PER CONSERVARE IL CIBO. I chiodi di garofano contrastano il processo di ossidazione dei lipidi, facendo in modo che i cibi possano
conservare più a lungo il loro carattere di freschezza.
NAUSEA. L’ infuso di Chiodi di garofano viene utilizzato per attenuare la nausea, l’indigestione ed i disturbi intestinali.
Nei momenti pù acuti di nausea e vomito, i chiodi di garofano possono essere consumati al naturale oppure sotto forma di tisana. Prepararla è davvero facile. Vediamo insieme cosa occorre e la preparazione.
INGREDIENTI
3-4 chiodi di garofano
1 bicchiere di acqua
PROCEDIMENTO
Riempiamo un pentolino di acqua. Uniamo anche i chiodi di garofano e portiamo a bollore.
Appena bolle, copriamo con un coperchio e spegniamo il gas.
Lasciamo così per 10 minuti fino a quando la nostra tisana non sarà tiepida.
A questo punto non ci resta che bere il nostro infuso prima o dopo i pasti. In poco tempo i sintomi spariranno.
VALORI NUTRIZIONALI DEI CHIODI DI GAROFANO
Quali sono in valori nutrizionali dei chiodi di garofano? Cento grammi di
questa spezia contengono:
Calorie 274
Zuccheri 2,38 grammi
Grassi 13 grammi
Fibra alimentare 33.9 grammi
Sodio 277 milligrammi
Proteine 5,97 grammi
Carboidrati 65,53 grammi
DOVE SI TROVANO E QUANTO COSTANO I CHIODI DI GAROFANO?
I fiori di garofano si possono acquistare facilmente in qualsiasi negozio fornito di spezie, o anche specializzato in questi prodotti. Li
trovate anche nelle erboristerie. Online si comprano nelle grandi piattaformi o su siti dedicati alle spezie e affini. Il prezzo medio,
per chiodi garofano di buona qualità, è attorno ai 15 euro per un barattolo di 250 grammi. I migliori chiodi di garofano sono quelli che arrivano dal Madagascar, da Zanzibar e dalle
Comores.
CONTROINDICAZIONI DEI CHIODI DI GAROFANO
Tra le importanti qualità dei chiodi di garofano c’è il fatto che, se vengono utilizzati in modo corretto (e il discorso vale anche per l’olio) non presentano alcune vere
controindicazioni. Se il prodotto risulta molto concentrato potrebbe causare irritazioni e micosi, mentre solo a persone molto sensibili a questo tipo di spezie, potrebbero causare dermatiti da contatto.
La cucina particolare...quella che fa bene...il cumino.
Nome Scientifico
Cuminum cyminum L.
Famiglia
Apiaceae (Umbelliferae)
Parti Utilizzate
Droga costituita
dai frutti (impropriamente chiamati semi di cumino)
La tradizione popolare ascrive al cumino anche proprietà emmenagoghe e galattogoghe.
Il cumino è molto utilizzato anche in profumeria, e come aromatizzante per dentifrici e collutori;
come stimolante cutaneo, viene inserito nella formulazione di oli ed unguenti da massaggio.
Attività biologica
L'utilizzo del cumino non
ha ottenuto l'approvazione ufficiale per il trattamento di alcun tipo di disturbo.
Tuttavia, l'olio
essenzialeestratto dai
frutti del cumino (che molto spesso vengono erroneamente definiti "semi") sembra essere dotato di alcune attività terapeutiche. Più precisamente, al suddetto olio vengono
ascritte proprietà carminative, antispastiche e
antifungine. In particolare, riguardo a quest'ultima proprietà, sono stati condotti diversi studi che hanno mostrato la potenziale efficacia di questo prodotto nel contrastare la
produzione di micotossine (che
possono contaminare gli alimenti)
da parte di microorganismi come
l'Aspergillus
ochraceus. Dati i risultati incoraggianti ottenuti, questi studi ipotizzano un possibile uso dell'olio essenziale di cumino come conservante sicuro
in prodotti sia farmaceutici che alimentari.
Cumino nella medicina popolare e in omeopatia
Nella medicina popolare, il cumino viene utilizzato come rimedio contro i disturbi
digestivi, la diarrea e
le coliche,
soprattutto in ambito veterinario.
Nella medicina indiana, invece, il cumino è impiegato nel trattamento della lebbra,
dei disturbi oculari, della diarrea e dei calcoli
renali, oltre che come rimedio abortivo.
Il cumino viene sfruttato anche dall'omeopatia con indicazioni per il trattamento di flatulenza, problemi
digestivi, dolori gastroenterici e infezioni intestinali. Inoltre, il cumino rimedio
omeopatico è impiegato anche per promuovere la secrezione
di latte nelle madri che allattano
al seno e per promuovere il flusso
mestruale. Infatti, al cumino vengono anche attribuite proprietà galattogoghe ed emmenagoghe (proprietà
che comunque non sono state confermate da adeguati studi clinici).
N.B.: le applicazioni del cumino per il trattamento dei suddetti disturbi non sono né approvate, né supportate dalle opportune verifiche sperimentali, oppure non le hanno
superate. Per questo motivo, potrebbero essere prive di efficacia terapeutica o risultare addirittura dannose per la salute.
Controindicazioni
Evitare l'uso del cumino in caso di gravi epatopatie o
in caso d'ipersensibilità accertata verso uno o più componenti.
A scopo precauzionale, si sconsiglia l'assunzione di cumino anche in gravidanza e
durante l'allattamento.
La curcuma è una spezia naturale di origine asiatica conosciuta da secoli per le sue straordinarie proprietà e sebbene non possa essere considerata un vero e proprio farmaco, sempre più studi
e statistiche confermano le sue spiccate proprietà curative.
Le 7 proprietà della curcuma
La comunità medico-scientifica ha riconosciuto alla curcumina, ossia il principio attivo che dà il tipico
colore giallo ocra al rizoma (fusto sotterraneo) e dal quale dipendono tutte le qualità benefiche della spezia, un potenziale alleato per la salute e il benessere
dell’organismo.
In particolare, alla curcuma vengono associate proprietà:
Antiossidanti: perché aiuta a proteggere
la pelle dai radicali liberi responsabili dell’invecchiamento;
Antinfiammatorie e antidolorifiche: la
spezia ha un effetto antiflogistico su tessuti e cartilagini affetti da dolori muscolo-scheletrici e aiuta contro patologie infiammatorie croniche come l’artrite reumatoide;
Immunologiche: aumenta il sistema di
difesa e grazie alla sua attività immunostimolante aiuta a combattere infezioni virali e batteriche;
Depurative: purifica l'organismo dalle
tossine garantendo il buon funzionamento della cellula epatica e dell’intestino;
Antitumorali: la curcumina sarebbe capace
di inibire e di fatto bloccare le funzioni di alcune cellule tumorali, danneggiandone la proliferazione;
Digestive: aiuta contro difficoltà
digestive e nel complesso riequilibra l’apparato digerente da disturbi gastrici e
intestinali proteggendo le pareti dello stomaco.
Curcuma: benefici ed effetti
Nonostante la difficoltà per il nostro organismo di assorbire la curcuma, assumerne ogni giorno dai 3 ai 5 grammi (circa un
cucchiaio o poco meno in polvere) ha numerosi effetti benefici.
Particolarmente rilevante è la sua attività cardioprotettiva in quanto un’assunzione costante
favorisce la fluidificazione del sangue e la circolazione, rafforzando il rivestimento dei vasi sanguigni. Inoltre, aiuta a prevenire patologie cardiocircolatorie come
l’ipertrofia e la necrosi del miocardio e protegge dagli infarti.
La curcumina sembra favorire anche la riduzione
del colesterolo: agirebbe a
livello epatico stimolando il fegato a produrre più bile, contribuendo così ad eliminare il colesterolo in eccesso.
Ma non solo. Numerosi altri benefici sono legati al consumo di curcuma:
stimola il metabolismo
e aiuta la perdita di peso perché
oltre a coadiuvare la digestione controlla anche la glicemia e migliora il metabolismo lipidico;
protegge il fegato dai danni dello
stress ossidativo;
contrasta i bruciori di stomaco e le
infiammazioni intestinali provocate da celiachia o morbo di
Crohn;
previene il Diabete di tipo 2;
incrementa l’autoguarigione del cervello in caso di depressione e
Morbo di Alzheimer;
favorisce
la cicatrizzazione di piccole
ferite, escoriazioni e punture di insetti.
Le controindicazioni della curcuma
Il consumo di curcuma – in cucina o sotto forma di integratori – è generalmente considerato sicuro ma il consiglio è di rispettare le dosi indicate dal medico e non eccedere nel
consumo perché potrebbe causare problemi gastrointestinali come nausea e diarrea.
È controindicata, poi, in presenza di patologie particolari come calcoli alla colecisti e problematiche alle vie
biliari, visto che potrebbe sovraccaricare i reni, ma anche in presenza di problemi di coagulazione del sangue.
La cucina particolare... quella che ci fa bene... il curry...
Curiosità sul curry.
Che cos'è il curry.
La parola curry è un termine occidentalizzato dal popolo britannico di ritorno dall’India. Deriva infatti dalla lingua tamil, cari o kari, che significa zuppa
o salsa. Il curry o masala, mistura di spezie come viene chiamato dagli indiani, è un mix di spezie ottenuto dal pestaggio con mortaio di diversi ingredienti, le cui
percentuali variano a seconda dei paesi in cui si produce: cumino, pepe nero, cannella, curcuma, coriandolo, chiodi di garofano, zenzero, noce moscata, fieno greco, peperoncino e
pepe nero.L'ingrediente principale del curry, quello che gli dà il colore giallo che conosciamo, è la curcuma, una pianta appartenete alla famiglia botanica delle Zingiberaceae.
La spezia della curcuma, che si ottiene dalla polverizzazione della radice e del rizoma della pianta, ha un gusto molto particolare in cucina, tinge di giallo tessuti e
vari materiali.Studi medici hanno dimostrato le proprietà antinfiammatorie della curcumina, nonché il potere anticancerogeno e antiossidante.Dall'Asia all'Africa, dall'Europa
alle Americhe, l’uso del curry è davvero molto diffuso. Sicuramente lo si trova in ogni regione dell’India, che del curry è considerata la patria. Noto anche in Giappone, è una
miscela fondamentale per diverse pietanze, mentre in Giamaica si cucina la capra con il curry. Proprietà e benefici del curryIl curry, grazie appunto alla curcumina che
contiene, ha le proprietà di alleviare l'affaticamento del fegato, proteggere lo stomaco e l'intestino e ridurre i fastidi collegati all'artrite e ai reumatismi.Il
curry in particolare fa bene alla digestione e disinfetta. La stessa azione antinfiammatoria e antiossidante del curry sarebbe efficace anche per ridurre il rischio di attacco
cardiaco: il curry dà infatti un piccolo aiuto anche al cuore, agendo a livello venoso e stimolando il flusso ematico. In più, questa spezia regola il metabolismo e fa bruciare
grassi, stimolando al contempo la secrezione di acidi biliari.È per questo che coloro che soffrono di malattie ostruttive alle vie biliari come i calcoli renali non dovrebbero
fare uso di curry. Dovrebbe evitarlo anche chi soffre di ulcere gastriche o gastriti, per via della presenza del pepe, così come il peperoncino potrebbe causare irritazioni e
infiammazioni a carico dell'apparato urinario.Se va bene in gravidanza, il curry andrebbe evitato durante l'allattamento. Calorie e valori nutrizionali del curry100 grammi di
polvere di curry apportano circa 325 kcal (carboidrati 58,15 g, proteine 12,66 g e grassi 13,81 g). Le proprietà e i benefici della curcuma, ingrediente principale del
curry Uso in cucinaIn cucina il curry può essere utilizzato davvero in mille modi. Dalle zuppe, alle verdure, alle carni, persino nei dolci. Risulta ottimo per la preparazione di
biryani e risotti pulao, tipici della cucina ndiana, così come condimento del ripieno delle samosa o nelle verdure. Esistono decine di masala differenti: nelle cucine dei ricchi
signori indiani esistevano esperti in miscele di spezie che selezionavano e preparavano le misture per i loro padroni.I masala più famosi sono il garam masala (una mistura
di spezie tipica della cucina indiana e pakistana: il significato del nome è spezia calda, bollente, anche nel senso di piccante), il tandoori masala (il curry fatto apposta
per cucinare i cibi nel tandoor, un forno cilindrico di argilla tipico dell'India settentrionale) e il pav bhaji masala, usato invece per le verdure. Il curry si usa anche per
pietanze a base di carne o pesce e con i crostacei. Si usa anche nella cucina cinese, per accompagnare piatti a base di tofu.La cucina africana porta il curry a tavola con
il cous-cous. Curiosità sul curryLa polvere di curry si può preparare da sé, oppure acquistare già pronta, con un occhio di riguardo alla conservazione: il curry, infatti, non
mantiene tanto a lungo il proprio aroma e, una volta aperta la confezione, è necessario richiuderla bene e riporla in un luogo privo di umidità e lontano da fonti di calore.Il curry
esiste anche in pasta ha tempi di conservazione più lunghi. Nella preparazione del curry non esiste una ricetta unica, ma vi sono infinite varianti. Il risultato può essere piccante o
molto piccante.Il green curry o kaeng khiao wan viene dalla Thailanda: si tratta di una polvere verde contenente varietà orientali di basilico. Molto diffusi sono anche il kaeng kari
o curry giallo, kaeng phet o curry rosso, curry molto piccante in uso a Singapore e Malacca, arricchito con noce indiana e galangal, quest’ultimo appartenente alla famiglia dello
zenzero, usato principalmente come un allucinogeno e come esaltatore di sapidità.Prik khing curry di tradizione cino-thailandese, il massaman curry o nam phrik kaeng massaman, il
curry giapponese o karē, e moltri altri che oltre o in sostituzione degli ingredienti del curry indiano possono contenere citronella, scalogno e altre spezie o essenze.
L'utilizzo del ginepro è stato ufficialmente approvato solo per il trattamento dei disturbi dispeptici, grazie all'azione
carminativa e stomachica svolta
dall'olio essenziale e, probabilmente, anche dalle sostanze resinose contenute nei frutti della pianta.
Tuttavia, al ginepro vengono attribuite anche molte altre proprietà. L'olio essenziale ha dimostrato, infatti, di possedere attività diuretica ed antinfiammatoria (esercitata
attraverso l'inibizione dell'enzima ciclossigenasi).
In particolare, il maggior responsabile dell'effetto
diuretico sembra essere il terpinene-4-olo, contenuto, appunto, nell'olio essenziale della pianta.
Il ginepro, inoltre, ha dimostrato di possedere proprietà
ipoglicemizzanti, ipotensive, antisettiche e antivirali nei
confronti dell'Herpes
simplexvirus.
Tuttavia, prima di poter approvare simili applicazioni terapeutiche del ginepro, sono necessari ulteriori e più approfonditi studi clinici.
Ginepro contro i disturbi dispeptici
Come accennato, grazie alle proprietà stomachiche e
carminative di cui è dotato, il ginepro può essere impiegato come rimedio
per contrastare i disturbi dispeptici.
Per il trattamento di questi disturbi il ginepro deve essere assunto internamente. La dose solitamente raccomandata può variare dai 2 ai 10 grammi di droga al giorno,
corrispondenti a circa 20-100 mg di olio essenziale al dì. Ad ogni modo, data la potenziale tossicità dell'olio
essenziale di ginepro, la durata del trattamento non deve essere superiore alle sei settimane.
Nel caso in cui si utilizzi la tintura di
ginepro (1:5), generalmente, si consiglia l'assunzione di 1-2 ml di prodotto tre volte al giorno.
N.B.: quando il ginepro viene utilizzato a fini terapeutici, è essenziale utilizzare preparazioni definite e standardizzate in principi
attivi (olio essenziale), poiché solo così si può conoscere la quantità esatta di sostanze farmacologicamente attive che si stanno assumendo.
Quando si utilizzano preparazioni a base di ginepro, le dosi di prodotto da assumere possono variare in funzione della quantità di olio essenziale contenuta. Tale
quantità, solitamente, è riportata direttamente dall'azienda produttrice sulla confezione o sul foglietto
illustrativo dello stesso prodotto, pertanto, è molto importante seguire le indicazioni da essa fornite.
In qualsiasi caso, prima di assumere per fini terapeutici un qualsiasi tipo di preparazione contenente ginepro, è bene rivolgersi preventivamente al proprio medico.
Ginepro nella medicina popolare e in omeopatia
Nella medicina popolare, il ginepro è impiegato internamente per il trattamento delle infiammazioni delle vie
urinarie inferiori, della gotta e
dell'arteriosclerosi;
oltre ad essere utilizzato come rimedio per regolarizzare il ciclo
mestruale e ridurre i dolori
associati alle mestruazioni.
Esternamente, invece, il ginepro viene sfruttato dalla medicina tradizionale per contrastare i reumatismi.
La pianta trova impieghi anche nella medicina
omeopatica, dove la si può trovare sotto forma di granuli, gocce e macerato glicerico.
In questo campo, il ginepro viene utilizzato come rimedio contro disturbi delle vie urinarie inferiori, cistiti, calcoli
renali e disturbi
digestivi.
La quantità di rimedio omeopatico da assumere può variare da individuo a individuo, anche in funzione del tipo di disturbo che si deve trattare e del tipo di preparazione
e di diluizione omeopatica che s'intende utilizzare.
N.B.: le applicazioni del ginepro per il trattamento dei suddetti disturbi non sono né approvate, né supportate dalle opportune verifiche sperimentali, oppure non le hanno
superate. Per questo motivo, potrebbero essere prive di efficacia terapeutica o risultare addirittura dannose per la salute.
La cucina particolare... quella che ci fa bene... la nigella sativa...
La nigella
sativa –
meglio conosciuta come “cumino
nero” o
“coriandolo romano”
– è un’erbacea dall’aroma di cipolla e dal gradevole retrogusto agrumato. Oltre a trovare largo impiego in cucina, questa pianta è molto utilizzata in fitoterapia e
omeopatia come antibiotico e antinfiammatorio naturale. Scopriamola insieme e impariamo a sfruttare tutte le sue virtù.I
primi a scoprire e sfruttare le tante virtù dellanigella
sativafurono
niente di meno che gli antichiEgizi.
A quel tempo, infatti, la pianta veniva utilizzata nel processo dimummificazionedei
defunti, per garantire una certa cura e conservazione della salma.
Non a caso, sempre gli Egizi la definivano anche olio di Cleopatra e
Nefertiti. Le leggendarie regine utilizzavano l’olio
essenziale da essa ricavato per le sue proprietà emollienti, nutritive e lenitive. Pare, infine,
che tracce di nigella sativa siano state ritrovate addirittura nella tomba di Tutankamon.L’efficacia medicamentosa attribuita a
questa pianta erbacea annuale è
confermata anche in alcuni scritti ritrovati presso antichi insediamenti arabi. Alcuni popoli la definivano ‘seme benedetto‘ per le sue proprietà antinfiammatorie e curative.Lo
stesso Maometto raccomandava di
“utilizzare i semi del grano nero poiché essi curano tutte le malattie
tranne la morte“. Questo spiega perché, ancora oggi, la Nigella sativa sia considerata uno dei rimedi fitoterapici più efficaci per il trattamento di
diverse patologie.Si tratta di una pianta erbacea
annuale della famiglia delle Ranuncolacee, originaria dell’Asia. E’ caratterizzata da unfogliame verde scuro, una struttura molto ramificata
e fiori delicati di colore bianco e blu.
Produce frutti simili a grandi
capsule all’interno dei quali si trovano semi
neri, molto utilizzati come spezia in cucina.
La varietà sativa si distingue da quella damascena per il fatto di essere commestibile. Si coltiva nei giardini e in vaso anche a
scopo ornamentale per i suoi
coreografici fiori.La semina avviene
ad inizio primavera e nel giro di pochi mesi la pianta raggiunge i 30-40 cm di altezza. I fiori graziosi e profumati della
nigella sono inizialmente bianchi, ma virano all’azzurro dopo appena un giorno dalla foritura.Una volta appassiti, i fiori della nigella producono dei baccelli in cui sono contenuti i semi. La maturazione
dei baccelli determina anche la morte della pianta che completa così il suo ciclo vitale dopo alcuni mesi dalla loro comparsa.Per la coltivazione in vaso, si consiglia di interrare i semi
direttamente nel terreno alla profondità di 1 cm dalla superficie e di assicurare alla pianta una posizione soleggiata e un terreno ben drenato e non troppo umido.
Altre guide per la coltivazione dei bulbi:
Incantevoli fiori
rossi: un solo colore per tante specie
L’olio essenziale di Nigella
sativa è conosciuto per le sue proprietà antibiotiche,antinfiammatorie e antibatteriche. E’ perciò
indicato in caso di allergie, asma e
bronchite. Questo prezioso estratto è ricavato dai semi della pianta per distillazione in corrente di vapore. Ha un odore muschiato ed è anche un valido alleato
per la cura della pelle e dei
capelli. A livello topico, infatti, trova applicazione nelle seguenti modalità:
Massaggio sedativo contro la
tosse direttamente sui bronchi fino a completo assorbimento (2 gocce).
Diffusione con bruciatore di
essenze per purificare l’ambiente (5 gocce).
Frizioni sul cuoio
capelluto mixato con aceto di mele e acqua (3 gocce). Massaggiato dopo lo sciampo sui capelli umidi, stimola l’ossigenazione e la
micro-circolazione.Infitoterapiasi
utilizza per le proprietà antiossidanti ed
antinfiammatorie come rimedio naturale per prendersi cura di pelle capelli. Le sue proprietà sedative, rigeneranti e
calmanti migliorano l’aspetto delle pelli secche, irritate o provate dall’inquinamento atmosferico. È un ottimo coadiuvante in caso di:
Come detto, siamo di fronte ad una pianta erbacea particolarmente ricca di ferro e dalla spiccata capacità riscaldante. E’ un vero e
proprio antibiotico naturale,
ma le sue proprietà benefiche non finiscono qui.
La nigella sativa, infatti, è in grado di svolgere sull’organismo una profonda azione:
prurito
La sua efficacia in campo tricologico è provata. L’uso
regolare di questo olio è in gradi di stimolare i follicoli capillari e prevenire la
caduta dei capelli. Per queste ragioni è considerato a tutti gli effetti un rimedio “ortodermico”.
Antibatterica, contrastando le
infezioni di origine virale che colpiscono le vie aeree.
Antinfiammatoria
e analgesica, che riequilibra la pelle in generale e in particolare il cuoio capelluto.
Ipotensiva, grazie alla
presenza prostaglandine. È quindi in grado di abbassare la pressione sanguigna e favorire la vasodilatazione.
Nigella sativa
controindicazioni
Le donne in gravidanza, specie nei primi mesi di
gestazione, non devono assumere gli estratti di nigella o utilizzarne l’olio poichè i principi attivi in essa contenuti possono provocare contrazioni uterine.
Nigella sativa
ricette
Antispasmodica, poiché
mitiga le irritazioni della gola e calma la tosse. Il nigellon – principio attivo che aiuta il controllo
dei fenomeni asmatici di origine allergica.
L’olio essenziale di nigella, infine, è anche un ottimo rimedio anti-cellulite e drenante, poiché aiuta
a rimuovere le tossine e i liquidi contenuti nei tessuti adiposi.
( dal web )
LA NOCE MOSCATA...
Noce moscata: proprietà, uso, valori nutrizionali
La noce
moscata è una spezia ricavata dal frutto della Myristica fragrans. Dall’azione digestiva, carminativa e afrodisiaca, è utile contro
vomito, nausea e diarrea.
Scopriamola meglio.
Descrizione della
pianta
La Myristica fragrans è un albero originario dell'Indonesia che cresce nelle regioni a clima
tropicale.
I frutti della Myristica fragrans vengono commercializzati come
spezie: il seme è la noce moscata, mentre il rivestimento carnoso che lo ricopre
è il macis (spezia poco utilizzata nel nostro Paese dal profumo simile alla noce moscata).
Proprietà e benefici della noce moscata
La noce moscata stimola la digestione,
è carminativa, antisettica e attenua alcuni disturbi come vomito, nausea ed è utile contro la diarrea.
Secondo la medicina popolare, tra le virtù di questa spezia c'è anche quella di essere considerata un potente afrodisiaco.
L'olio estratto dalla noce moscata è efficace, per uso
esterno, contro dolori nevralgici e reumatici.
Particolare attenzione va fatta nel non abusare di noce moscata. Questa noce, infatti, se consumata in dosi
elevate (parliamo di dosi che superano i 5 grammi) provoca alterazioni di coscienza e allucinazioni oltre che dipendenza.
Il sapore della noce moscata è raffinato, dolce ed esotico con una nota appena piccante.
In cucina viene utilizzata come ingrediente di dolci, creme e budini, ma anche in pietanze salate come purè di patate e verdure lesse, che arricchisce con un profumo
speziato.
Una spolverizzata di noce moscata è perfetta per aromatizzare cocktail e bevande alcoliche come vino caldo, punch e egg nog (bevanda inglese a base di latte, liquore e uova).
In Medio Oriente la noce moscata è molto diffusa e
arricchisce il sapore di carne, uova e formaggi.
In Europa è molto diffusa nella cucina tedesca. In Italia questa spezia
viene aggiunta al ripieno di tortellini e ravioli a base di carne, ai formaggi e
agli spinaci.
In commercio la noce moscata si può trovare già macinata o in semi interi (marroni o bianchi). Per apprezzarne
l'aroma al meglio è consigliabile acquistare le noci e grattugiarle al momento dell'uso.
Noce moscata: proprietà, uso, valori nutrizionali
La noce moscata è una spezia ricavata dal frutto
della Myristica fragrans. Dall’azione digestiva, carminativa e afrodisiaca, è utile contro vomito, nausea e diarrea. Scopriamola meglio.
La Myristica fragrans è un albero originario dell'Indonesia che cresce nelle regioni a clima
tropicale.
I frutti della Myristica fragrans vengono commercializzati come spezie: il seme è la noce moscata, mentre il rivestimento carnoso che lo ricopre è il macis (spezia poco utilizzata nel nostro Paese dal profumo simile alla noce moscata).
Proprietà e benefici della noce moscata
La noce moscata stimola la digestione,
è carminativa, antisettica e attenua alcuni disturbi come vomito, nausea ed è utile contro la diarrea.
Secondo la medicina popolare, tra le virtù di questa spezia c'è anche quella di essere considerata un potente afrodisiaco.
L'olio estratto dalla noce moscata è efficace, per uso
esterno, contro dolori nevralgici e reumatici.
Particolare attenzione va fatta nel non abusare di noce moscata. Questa noce, infatti, se consumata in dosi
elevate (parliamo di dosi che superano i 5 grammi) provoca alterazioni di coscienza e allucinazioni oltre che dipendenza.
Il sapore della noce moscata è raffinato, dolce ed esotico con una nota appena piccante.
In cucina viene utilizzata come ingrediente di dolci, creme e budini, ma anche in pietanze salate come purè di patate e verdure lesse, che arricchisce con un profumo
speziato.
Una spolverizzata di noce moscata è perfetta per aromatizzare cocktail e bevande alcoliche come vino caldo, punch e egg nog (bevanda inglese a base di latte, liquore e uova).
In Medio Oriente la noce moscata è molto diffusa e
arricchisce il sapore di carne, uova e formaggi.
In Europa è molto diffusa nella cucina tedesca. In Italia questa spezia
viene aggiunta al ripieno di tortellini e ravioli a base di carne, ai formaggi e
agli spinaci.
In commercio la noce moscata si può trovare già macinata o in semi interi (marroni o bianchi). Per apprezzarne
l'aroma al meglio è consigliabile acquistare le noci e grattugiarle al momento dell'uso.
Curiosità sulla noce moscata
Da tempo diffusa nei mercati Arabi, la noce moscata si affermò in Europa solo nel XVI secolo divenendo talmente
ricercata e apprezzata che fu presto motivo di aspre ostilità tra le potenze occidentali che tentarono di aggiudicarsene il
monopolio.
Il suo sapore così aromatico e speziato appassionò letteralmente l'Occidente: in alcuni libri si sosteneva che la
noce moscata fosse un potente eccitante da portare sempre addosso o in tasca, era menzionata tra gli ingredienti afrodisiaci della “pillola dell'amore” e per i suoi effetti
allucinogeni divenne nel Novecento lo “stupefacente dei poveri”.
La noce moscata era talmente amata che era diventata usanza comune portar con sé una noce ed una piccola grattugia
per aggiungere la spezia nel vino o nel cibo qualora si presentassero all'improvviso situazioni conviviali.
La cucina quella che fa bene...il papavero e i semi.
Erba della buonanotte
Tra le cosiddette erbe della buonanotte non si può tralasciare il papavero rosso, comunemente conosciuto come rosolaccio. Anche Celso descrive la pianta
per la sua spiccata azione sedativa: dai suoi scritti si desume che bollendo il papavero rosso nel vino d'uva appassita si ricava una bevanda utile per favorire l'addormentamento.
In botanica, il papavero rosso – da non confondere con quello da oppio – è Papaver rhoeas: analizzando l'etimologia del termine "Papaver" si intuisce
la virtù d'eccellenza attribuita a questa pianta. Infatti, la radice del genere, Papa-, deriva dalla lingua celtica e significa "pappa", in allusione ad una pratica antica consistente nel
miscelare l'estratto (o il succo) del papavero rosso alla pappa dei bambini, per indurre il sonno. La specie rhoeas (letteralmente "cado") fa riferimento, invece, alla precoce
caduta dei petali del fiore.
Nel contesto dell'antica medicina popolare, l'infuso o il decotto di papavero rosso erano utili anche per contrastare la tosse, alleggerire
irritazioni bronchiali, e diminuire la febbre catarrale e reumatica. [tratto da Dizionario di fitoterapia e di piante medicinali, di E. Campanini]
Prima di dilungarci sui principi attivi e sulle proprietà fitoterapiche attribuite al papavero rosso, analizzeremo brevemente la pianta in chiave
botanica.
Analisi botanica
Il papavero rosso è una pianta erbacea, gracile e delicata, appartenente alla famiglia delle Papaveracee; la sua altezza, generalmente, non supera i 60-80
centimetri. Il fusto del rosolaccio, eretto e peloso, mostra foglie dentate non avvolgenti, dai lobi appuntiti od oblunghi, profondamente suddivise in segmenti lanceolati. Il fusto esile sfoggia
fiori inconfondibili, dalla tipica veste color rosso porpora macchiata internamente da una piccola impronta nera. Quando i petali, nascosti dentro sepali verdi prima della sbocciatura, cadono,
danno vita ad una piccola capsula glabra (frutto).
Il fiore, semplice ma bello ed elegante, è assai comune sia nei campi coltivati (a grano soprattutto), che in quelli incolti, e vegeta sino ai 1.700 metri
d'altitudine: tant'è che il papavero rosso viene considerato anche pianta infestante.
Analisi chimica
Essendo un esponente delle Papaveracee, anche il papavero rosso contiene alcaloidi: tutta la pianta - fatta eccezione per i semi - contiene la roeadina ed
altre molecole alcaloidee isochinoliche. Le parti aeree abbondano in protopina (presente anche nelle radici), sanguinarina, coptisina e cheleritrina.
Tra gli altri componenti chimici si ricordano anche le mucillagini e gli antociani, responsabili della colorazione rosso sangue dei petali (a questo
proposito, gli antociani sono sfruttati anche come coloranti).
Dai semi si ricava un olio ricco di acido linoleico, stearico, palmitico ed oleico.
In fitoterapia, la parte di pianta maggiormente sfruttata è rappresentata dai petali.
[composizione chimica del papavero rosso tratta da Dizionario di fitoterapia e di piante medicinali, di E. Campanini]
Nonostante il papavero rosso ed il papavero da oppio appartengano alla medesima famiglia, il fitocomplesso risulta assai diverso: oltre all'assenza
di morfina, codeina e papaverina (molecole che caratterizzano il fitocomplesso della specie somniferum), l'intera pianta di papavero rosso è costituita
da lattice ben diverso da quello dell'altra specie.
Usi ed attività terapiche
Nella parte introduttiva dell'articolo abbiamo accennato le proprietà più importanti associate al papavero rosso: di seguito saranno analizzate più
dettagliatamente.
Anzitutto, dato che il papavero è un'erba della buonanotte, una delle virtù medicamentose più importanti è senza dubbio quella sedativa: in particolare, gli
estratti di papavero sono indicati nella formulazione di prodotti naturali favorenti il sonno degli infanti. È doveroso ricordare che gli estratti di papavero possono esser combinati con il
fitocomplesso di altre droghe ad azione sedativa, al fine di potenziarne l'effetto finale. Oltre che per l'età pediatrica, i prodotti a base di papavero rosso sono consigliati anche per la
senescenza, considerando che gli effetti collaterali della droga sono pressoché nulli.
L'attività sedativa non è l'unica ascritta al fitocomplesso: il papavero rosso viene largamente impiegato per le sue proprietà bechiche, vale a dire utili
per contrastare la tosse in generale: pertanto, viene consigliato per contrastare la pertosse, per calmare la tosse e per alleggerire le bronchiti catarrali acute.
Le attività antitussive sono rese dai principi attivi estratti dai fiori, in grado di favorire l'espettorazione e, nel contempo, di placare lo spasmo.
Da ultimo, l'estratto di papavero rosso si è rivelato un ottimo diaforetico, utile per abbassare la febbre da influenza, favorendo
la sudorazione.
Applicandone in loco l'estratto - sotto forma di unguenti o pomate - il papavero rosso trova impiego come lenitivo e disarrossante sulla cute irritata e
arrossata.
Da ultimo, gli antociani ricavati dai fiori di papavero rosso sono utilizzati come colorante.
Effetti collaterali
In generale, l'impiego del papavero rosso in fitoterapia risulta pressoché innocuo. Chiaramente, in gravidanza e in allattamento è consigliato il parere del medico
prima di assumere estratti di papavero rosso.
Considerata l'azione sedativa, è sconsigliata la concomitante assunzione di sostanze ipnotico-sedative.
Semi di papavero, proprietà e come utilizzarli
I semi.
I semi di papavero (dalla pianta "Papaver") sono conosciuti per l'alto contenuto di calcio e vitamina E, ma anche per l'effetto sedativo e calmante sul sistema
nervoso.
semi di papavero (dalla pianta Papaver) sono conosciuti per l'alto contenuto di calcio e vitamina E, ma anche per l'effetto sedativo e calmante
sul sistema nervoso.
Molto utilizzati in cucina, soprattutto per arricchire prodotti da forno, sono anche una fonte di grassi e proteine.
I principali nutrienti dei semi di papavero
Le proprietà
I semi di papavero in cucina
I principali nutrienti dei semi di papaveroEsistono diverse varietà di papavero, da quello da oppio al papavero comune, detto rosolaccio. I semi di
papavero possono essere bianchi o neri e sono, come tutti i semi oleosi, una ricca fonte di grassi e proteine.Sono inoltre una preziosa riserva di manganese, calcio,
acido linoleico (Omega 6) e vitamina E. Le proprietàI semi di papavero sono utilizzati come rimedio naturale contro ansia e stress, hanno infatti un
blando effetto sedativo e calmante per il sistema nervoso.
Il contenuto di calcio è un valido aiuto per la salute di denti e ossa, soprattutto per le donne in menopausa, mentre quello di manganese combatte
l'azione dannosa dei radicali liberi e contribuisce a tenere sotto controllo il livello di zuccheri nel sangue. I semi di papavero contengono inoltre i fitosteroli che riducono la
concentrazione di colesterolo nell'organismo. I semi principali fonte di omega 3 e omega 6 I semi di papavero in cucinaCome tutti i semi oleosi, anche i semi di papavero sono
molto utilizzati negli impasti di prodotti da forno e in pasticceria: davvero gustoso l'abbinamento con gli agrumi che vede spesso questi semini coprotagonisti di torte assieme
ad arance o limoni.Sono molto utilizzati nella cucina tedesca e in Italia appartangono alla tradizione culinaria del Trentino-Alto Adige. Un classico, ad esempio, è lo strudel
ai semi di papavero.I semi di papavero, nella varietà bianca, sono tra le spezie che compongono il curry, la miscela di origine indiana che regala a carne e verdure
quell'aroma esotico che le rende davvero gustose.Un'idea originale? Preparare un curry personalizzato! Basterà aggiungere ai semi di papavero altre spezie a piacere
tra coriandolo, curcuma, pepe, cumino e zenzero. Per ottenere una polvere si può usare un mortaio mentre per la pasta di curry andrà benissimo un mixer elettrico tenendo
presente che 1/3 del composto deve essere liquido (acqua, olio d'oliva o latte di cocco).
( dal web )
La paprika...
La paprika è una spezia che si ottiene dalla macinazione del peperoncino. Ha proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e antitumorali.
Che cos'è la paprikaLa paprika è una spezia che deriva dal peperone o peperoncino essiccato e successivamente macinato, fino ad ottenere una polvere: la paprika. Tipi di paprikaLa
paprika può variare in gusto e colore, in base alla tipologia di peperone o peperoncino utilizzato.
In particolare, può essere dolce, più o meno piccante, rossa o gialla. Proprietà e benefici della paprikaLa paprika, oltre ad essere molto gustosa, apporta diversi vantaggi per la
salute. Vediamo insieme quali sono i principali benefici e proprietà della paprika:
presenta buone quantità di vitamina A, vitamina E, vitamina B6 e ferro;
è ricca di carotenoidi come luteina e zeaxantina, che promuovono la salute dell’occhio;
presenta proprietà antinfiammatorie;
ha proprietà antiossidanti;
riduce il rischio di cancro.
Calorie e valori nutrizionali della paprika100 g di paprika apportano:
307 kcal
Proteine 15 g
Lipidi 13 g
Carboidrati 35 g
Zuccheri semplici 35 g
Fibre 21 g
Che differenza c'è tra paprika e peperoncino?Il peperoncino essiccato e ridotto in polvere si differenzia dalla paprika in quanto deriva da un’unica specie.Diversamente, la
paprika deriva da una miscela di peperoni e/o peperoncini essiccati, che permette di ottenere una vasta gamma di gusti e gradi di piccantezza. Paprika in gravidanzaUn consumo occasionale e
moderato di paprika in gravidanza non comporta alcun rischio, tuttavia, è importante limitare il consumo di spezie, soprattutto piccanti, in quanto potrebbero indurre contrazioni
uterine ed infiammazione dei tessuti. Uso in cucinaLa paprika è tra le spezie più versatili in cucina e può essere utilizzata per la preparazione di numerosi piatti.In
particolare, la paprika dolce si può utilizzare per insaporire carne, pesce, patate e uova, mentre la paprika piccante è più adatta per la preparazione di zuppe e
stufati. Ricette con la paprikaTra le ricette con la paprika più conosciute troviamo il pollo alla paprika, le patate alla paprika ed il gulash: un tipico piatto ungherese a
base di carne e verdure. Curiosità sulla paprikaIn Ungheria, il momento del raccolto dei peperoncini usati per la paprika, viene vissuto come un rito gioioso. L'8 settembre le
donne, vestite con costumi sgargianti, raccolgono i peperoni nei campi e dopo averli infilzati con ago e filo e fanno delle lunghe ghirlande che appendono a speciali sostegni di legno e
ai muri delle case.
Il pepe...
Il pepe.
Sotto il termine generico "pepe" si nascondono varie spezie ottenute dal frutto del pepe
nero (Piper
nigrum, Fam. Piperaceae).
Questa piccola pianta erbacea arbustiva e rampicante, originaria dell'India, impreziosisce i paesaggi e le economie di diversi Paesi tropicali.
Fin dai tempi più remoti, infatti, il pepe è stato oggetto di intensi scambi commerciali, che
hanno contribuito ad accrescerne la popolarità culinaria e fitoterapeutica. Oltre ad impreziosire gli alimenti,
infatti, il pepe contribuisce a prolungarne la conservazione e può essere d'aiuto per regolarizzare le funzioni
digestive. In effetti, se consumato senza abusarne, il pepe fa bene allo stomaco,
al fegato e
- per chi ne apprezza le virtù culinarie - anche allo spirito.
Pepe Nero
Il pepe nero, che tra tutti è il più piccante e aromatico, viene prodotto immergendo le drupe immature in acqua bollente per alcuni minuti. Segue un'essicazione al sole che ne concentra i
princìpi nutritivi, tra cui spiccano proteine, potassio, fosforo, ferro, calcio e niacina.
Manca invece la vitamina
C, particolarmente abbondante nel peperoncino.
Il pepe nero, verde e bianco condividono perlopiù le medesime
caratteristiche nutrizionali. Cento grammi di pepe nero in polvere sviluppano 296 Caloriee contengono approssimativamente:
Il pepe bianco, meno piccante ed aromatico del precedente, si ottiene per macerazione
in acqua delle drupe ben mature, che vengono così facilmente private del mesocarpo (polpa) per sfregamento ed essiccate. E' proprio in questa porzione del frutto che si concentra un
complesso oleoso aromatico e volatile formato da pinene, fellandrene e cariofillene (la volatilità di queste sostanze spiega come mai, per conservare intatto tutto il suo aroma, il pepe vada
macinato solo al momento dell'impiego; così facendo è anche minore il rischio di sofisticazioni). Nell'endocarpo - vale a dire nella porzione più interna del frutto - si concentrano
due alcaloidi,
la piperina e
la piperidina, a cui è dovuto il sapore pungente.
Pepe Verde
Il pepe
verde, infine, si ottiene immergendo in
salamoia le drupe ancora verdi, con lo scopo di bloccare i processi ossidativi di natura enzimatica. In questo modo il pepe verde conserva una certa morbidezza ed un sapore
particolarmente aromatico, seppur meno spiccato rispetto a quello del pepe nero.
Il peperoncino...
Generalità
Cos'è il peperoncino?
Nel linguaggio comune, quando si parla di peperoncino ci si riferisce al frutto piccante prodotto da alcune piante del Genere Capsicum (Famiglia
Solanacee).
Nell'immaginario collettivo, il peperoncino è una bacca simile a un corno e
di colore tipicamente rosso acceso. Tuttavia, producono peperoncini
piccanti solo alcune varietà e incroci appartenenti a cinque specie; rispettivamente: C.
Annuum, C.
baccatum, C.
Chinense, C.
frutescens e C.
pubescens. E' curioso notare come le stesse specie diano origine a cultivar e frutti molto diversi tra di loro; oltre che per la piccantezza, i vari tipi di bacca si possono
differenziare per: forma, dimensioni, colore, sapore e aroma. Famosi per la loro piccantezza sono ad esempio gli habanero (Capsicumchinense)
e i Naga
morich (Capsicum
frutescens), la cui forma è più vicina a quella di un classico peperone dolce in miniatura.
Nota: i comunissimi peperoni
dolci appartengono alla specie C.
Annuum.
Descrizione botanica del peperoncino
Di origine sudamericana, quello del peperoncino è un arboscello perenne che raggiunge mediamente 100 cm di altezza.
Produce foglie verdi e fiori bianchi (5-7 petali), dai quali si sviluppano le bacche indeiscenti
ricche di semi. Nei luoghi di origine ha un ciclo riproduttivo perenne, mentre nei climi più rigidi (come in Italia) è annuale.
Inizialmente verdi, con la maturazione i frutti del peperoncino crescono, assumono una forma caratteristica e possono arricchirsi o meno di carotenoidi (come
la capsantina), cambiando totalmente di colore.
In base alla tipologia di peperoncino, il colore delle bacche mature può essere verde, rosso, giallo, arancione, viola, marrone e quasi nero. La dimensione è compresa tra 2 e 10 cm o più. La
forma può variare da: a corno, sferica, a cubo ecc. Cambiano anche l'aroma, il sapore e la piccantezza.
Proprietà
Caratteristiche nutrizionali del peperoncino
Il peperoncino è un alimento che rientra nel VI e VII gruppo fondamentale degli alimenti.
Si tratta di un ortaggio utilizzato prevalentemente come spezia, fresco o secco. In altri paesi, ad esempio in Centro e Sud America, grazie all'abitudine per il gusto piccante,
ogni giorno vengono mangiate grandi quantità di peperoncino.
Il peperoncino ha un apporto energetico moderato,
fornito principalmente dai carboidrati (fruttosio);
le proteine sono
molto scarse, così come i lipidi.
E' privo di colesterolo e
contiene un buona percentuale di fibra
alimentare.
Il peperoncino maturo è particolarmente ricco di vitamine;
rilevante è soprattutto il contenuto in acido
ascorbico (229 mg di vitamina
C per 100 grammi di frutto fresco). Da sottolineare anche la generosa presenza di carotenoidi (precursori della vitamina
A) e una discreta concentrazione di niacina (o vitamina
PP).
Buono anche l'apporto di sali
minerali, soprattutto di potassio;
meno interessanti ma degni di nota i livelli di calcio
e fosforo.
Questo variopinto insieme di princìpi nutritivi (ad eccezione della vitamina C), si concentra ulteriormente nel peperoncino spezia, quindi nel frutto essiccato ed eventualmente ridotto in
polvere; allo stesso modo si rafforza anche il sapore piccante con cui ogni giorno viene dato un po' di brio ai piatti più scialbi.
Nonostante in questi casi sia tradizionalmente controindicato, alcuni studi clinici suggeriscono come l'uso costante di peperoncino possa prevenire alcune di queste patologie (in particolare
l'ulcera
gastrica e quella duodenale);
d'altro canto, in fase acuta è comunque buona norma eliminarlo dalla dieta.
Il peperoncino non ha ripercussioni negative nel trattamento del sovrappeso e
delle patologie metaboliche.
La porzione media di peperoncino utilizzato come verdura,
dando per scontata la tolleranza alla capsaicina,
equivale a quella dei peperoni dolci, ovvero 100-200 g.
( dal web )
La senape...
Cos'è la Senape
In cucina, col termine senape si
fa riferimento ai semi di alcune piante appartenenti al genere Brassica.
Tali semi possono essere utilizzati come spezia (pestati o schiacciati), o come base di un tipico condimento semiliquido, detto salsa
di senape.
Come spezia, i semi di senape vengono adoperati nella formulazione di piatti di ogni
genere e nella copertura di alcuni salumi
stagionati; sotto forma di condimento, invece, al giorno d'oggi la senape (salsa di senape) viene impiegata soprattutto come accompagnamento di certe carni (hamburger, wurstel, salsicce ecc.).
I semi di senape costituiscono anche uno degli ingredienti principali della mostarda,
prodotto tradizionale nord-italiano finalizzato all'accompagnamento del bollito
di carne.
ATTENZIONE! Si rammenta che i termini "salsa di senape" e "mostarda" NON indicano lo stesso alimento.
La mostarda si ottiene impastando la farina di
semi di senape (o la loro essenza) con un mix di frutta
sciroppata (termine improprio), acqua e zucchero,
mentre le salse di
senape si ottengono impastando la farina di semi di senape con aceto, sale ed
eventualmente zucchero e spezie a
piacimento (come chiodi
di garofano, pepe
bianco, curcuma e noce
moscata). I semi di senape integri si possono anche trovare in alcuni sottaceti e
conserve.
Composizione Chimica
L'interesse culinario è rivolto soprattutto a due specie botaniche di senape, la senape
nera (nomenclatura binomiale: Brassica
nigra) e la senape
bianca (nomenclatura binomiale: Brassica
alba).
Nelle bacche della
senape abbondano principi
attivi che conferiscono un gusto piccante, responsabili del sapore e dell'odore caratteristici. Si tratta di glucosinolati (o
tioglucosidi), vale a dire glucosidi formati
da una parte zuccherina che
si lega all'aglicone attraverso un atomo di zolfo.
Per idrolisi enzimatica (mirosinasi) queste sostanze liberano isotiocianati,
molecole con azione rubefacente, revulsiva,
lacrimatoria, antiossidante e vescicante.
Nella senape bianca, in particolare, troviamo la sinalbina,
mentre in quella nera abbonda la sinigrina;
quest'ultima, per idrolisi, origina isotiocianato (o isozolfocianato), che si distingue per il gusto più piccante rispetto al p-idrossibenzilisotiocianato (liberatosi dall'idrolisi della
sinalbina). Per questo motivo, la senape
bianca ha un sapore meno
piccante rispetto alla senape nera.
Nei semi interi, l'idrolisi dei tioglucosidi non avviene perché gli enzimi coinvolti si trovano in elementi cellulari diversi da quelli in cui sono presenti gli isotiocianati; per questo
motivo, la frantumazione dei semi freschi garantisce un aroma migliore rispetto alla farina di senape.
Aldilà della popolarità culinaria, la senape trova anche impiego (seppur limitato) nella fitoterapia. Per uso esterno, se ne sfruttano le proprietà rubefacenti (utili
in presenza di nevralgie, reumatismi e
dolori muscolari),
mentre per uso interno viene impiegata come agente emetico (ad
alte dosi induce vomito) e digestivo (stimola
le secrezioni gastriche);
in passato, i cataplasmi erano
molto sfruttati in presenza di tosse
catarrosa.
Come anticipato, l'uso della senape per applicazioni locali può risultare irritante e vescicante, fino a produrre vere e proprie lesioni cutanee. Ovviamente, se queste sono già presenti,
l'applicazione è del tutto sconsigliata; analogo discorso in presenza di disturbi vascolari.
Salsa di Senape
In sintesi, la salsa di senape è un condimento a base di semi di senape (nigra o alba).
Appare di consistenza parzialmente liquida, più densa del ketchup e
meno compatta della maionese confezionata.
L'aspetto è giallo caratteristico (tra l'oro, il verde, il grigio e il beige), tant'è che esiste un colore detto "senape".
Quelle disponibili in commercio sono lungamente conservabili, grazie alla natura degli ingredienti che le compongono e alla presenza di additivi
alimentari; parallelamente, la salsa di senape fatta in casa (si veda la video ricetta di Alice: Salsa
di Senape) tende ad ossidare più rapidamente ma, ad ogni modo, non rappresenta un substrato facilmente aggredibile dai batteri.
Basti pensare che, come altre spezie, i semi di senape vantano un certo potere conservante.
Di salsa di senape ne esistono vari tipi, differenti per il rapporto tra gli ingredienti e le spezie. Questo equilibrio cambia sia in base al marchio, sia in base al tipo (senape dolce,
senape piccante ecc.).
La salsa di senape è utilizzata come intingolo o condimento dei fast-food,
come accompagnamento delle carni fresche (crude e cotte, come tartare o filetti in sauté), per ricoprire gli arrosti e per formulare altre salse più complesse. Raramente viene impiegata
nelle ricette
a base di pesce (per il sapore molto deciso), ma spesso accompagna le preparazioni a base di uova
sode e, tra i contorni, si sposa bene con le patate
lesse (vedi la ricetta insalata
di patate alla senape), fritte o
arrosto.
La ricetta per preparare la salsa di senape è piuttosto semplice. Come anticipato, gli ingredienti possono variare sensibilmente; tuttavia, in linea generale sono: semi di senape, aceto,
zucchero, sale, acqua e spezie (nella ricetta della nostra "personalcoocker" troviamo: curry, curcuma, noce
moscata, zenzero, paprica dolce).
Il procedimento è altrettanto semplice: miscelare tutte le spezie e mixarle finemente, idratare la polvere con acqua e aceto fino alla giusta consistenza, quindi mixare nuovamente.
ATTENZIONE! La senape confezionata viene spesso utilizzata per il suo spiccato potere emulsionante. Ciò è dovuto soprattutto a particolari mucillagini presenti
nei semi di senape, che svolgono efficacemente tale funzione. In pratica, aggiungendo questa senape fatta in casa è possibile ottenere un risultato abbastanza simile a quella reperibile sugli
scaffali.
( dal web )
Il Sesamo...
Sesamo, semi
Semi di sesamo, proprietà e come utilizzarli
I semi di sesamo (dalla pianta Sesamum indicu), conosciuti per l'alto contenuto di minerali, proteine e carboidrati, sono utili per la prevenzione all'osteoporosi e per
le malattie cardiocircolatorie. Scopriamoli meglio.> Principi nutritivi dei semi di sesamo> Proprietà> L'uso in cucina dei semi di sesamo Principi
nutritivi dei semi di sesamoNei semini di sesamo si nasconde una grande riserva di energia. L'elevato contenuto di proteine (18%), carboidrati (20%)
e grassi (50%) gli conferiscono un potere calorico di tutto rispetto (poco meno di 600 kcal per 100g) rendendoli piccole pillole naturali di benessere.Tra i minerali che
caratterizzano i semi di sesamo troviamo:
magnesio,
ferro,
selenio,
potassio,
fosforo,
e soprattutto un contenuto record di calcio.
Questi semi oleosi sono inoltre un'ottima fonte di vitamine del gruppo B. Proprietà dei semi di sesamoGrazie all'alto contenuto di calcio, i semi di sesamo
sono efficaci nella prevenzione dell'osteoporosi e sono una valida alternativa per chi non può assumere latticini a causa di intolleranze alimentari per
rinforzare ossa e denti.I semi di sesamo sono ottimi integratori naturali di zinco che rinforza il sistema immunitario (valido aiuto in caso di affaticamento mentale
e convalescenza) e selenio che frena l'azione dei radicali liberi. I grassi che compongono questi semi oleosi sono prevalentemente insaturi (omega 6 e omega 3), utili nella prevenzione
di malattie cardiocircolatorie. Puoi approfondire anche tutte le proprietà e gli usi dell'olio di semi sesamo Uso in cucinaQuesti semi sono utilizzati per arricchire gli
impasti di pane e prodotti da forno, insalate e muesli per la colazione e in generale molto apprezzati dalla dieta macrobiotica, ma non solo.Nella tradizione culinaria orientale il
sesamo è davvero molto apprezzato: viene tostato e unito al sale marino per ricavare il gomasio, una polvere utilizzata come condimento. Nella cucina turca dai semi di sesamo si ottiene
invece la tahina (o tahin), un vero e proprio burro di sesamo che viene ad esempio usato per condire l'hummus.Mai sentito parlare di “giurgiulena”? Ebbene si, anche la cucina italiana
apprezza da tempo il sapore del sesamo, in particolare in Sicilia dove la giurgiulena, un dolce a base di sesamo, è parte della tradizione culinaria locale. Il pane al sesamo, poi, lo si trova in
ogni forno.Una curiosità: i semi di sesamo sono perfetti per preparare panature per verdure o pollo sfiziose e dal sapore esotico: basterà sostituirli al pangrattato e il gioco è
fatto. Di Stefania Puma.
( dal WEb )
La vaniglia...
Vaniglia: proprietà, uso, valori nutrizionali
La vaniglia è una spezia dolce e aromatica dall’azione afrodisiaca utile contro stress e insonnia. Scopriamola meglio.> Descrizione della pianta> Proprietà e
benefici della vaniglia> Calorie e valori nutrizionali della vaniglia> Uso in cucina> Curiosità sulla vaniglia Descrizione della
piantaLa vaniglia (Vanilla planifolia) è un'orchidea originaria del Messico che dà frutti commestibili: i baccelli.
I baccelli della vaniglia possono raggiungere i 30 cm di lunghezza e, una volta colti, vengono fatti fermentare ed essiccare.
Esistono diverse piante della vaniglia, tra queste la pregiata vaniglia Bourbon, dell'isola Réunion e del Madagascar, e la vaniglia Tahiti, dai baccelli molto scuri e carnosi e
dall'aroma fruttato e dolce. Proprietà e benefici della vanigliaLa vaniglia è un antisettico naturale ma anche un prezioso calmante, risulta infatti molto utile
per combattere lo stress e sconfiggere l'insonnia. Un buon latte caldo aromatizzato alla vaniglia è infatti un ottimo rimedio per chi ha difficoltà a prendere sonno.Il particolare
aroma della vaniglia è dato dalla presenza della vanillina, un polifenolo con proprietà antiossidanti che contribuisce a mantenere giovane l'organismo contrastando l'azione dei
radicali liberi.Alla vaniglia sono da sempre attribuite virtù afrodisiache. I seguaci della teoria delle segnature assimilano la forma dei bulbi della vaniglia ai testicoli e
associano a questa pianta la proprietà di stimolare l'eccitazione sessuale.
Agli inizi del Novecento i medici consigliavano l'assunzione di vaniglia per combattere la frigidità e tra i sintomi del “vanillismo” (insieme di disturbi causati da manipolazione o ingestione di
vaniglia) oltre a dermatite e malesseri era annoverata anche un’irrefrenabile pulsione sessuale. Calorie e valori nutrizionali della vaniglia100 g di vaniglia contengono 288 kcal, e:
Proteine 0,06 g
Carboidrati 12,65 g
Zuccheri 12,65 g
Grassi 0,06 g
Fibra alimentare 0 g
Sodio 9 mg
La ricetta della torta vegan con cioccolato e vaniglia Uso in cucinaLa vaniglia ha un sapore molto dolce e aromatico, fresco ed esotico, più intenso nella varietà Bourbon e
piuttosto delicato nella tahitiana.L'utilizzo in cucina della vaniglia risale alla notte dei tempi, quando gli Aztechi la univano al cacao per ottenere una bevanda dolce, antenata
del nostro cioccolato aromatizzato alla vaniglia.
Secondo una leggenda l'imperatore azteco Montezuma offrì a Hernando Cortés del cioccolato profumato alla vaniglia che il conquistare spagnolo riportò in patria facendone scoprire il
sapore a tutto il Vecchio Continente.La vaniglia è utilizzata principalmente nelle preparazioni dolciarie, per aromatizzare zucchero, cioccolato, latte e liquori e la crema di vaniglia è uno
degli ingredienti principali di molte torte e dolci.
La vanillina copre il sapore di lievito e profuma torte e biscotti rendendoli ancora più allettanti.
In alcune cucine, come quella orientale o africana, la vaniglia è un aroma utilizzato anche per preparare pietanze salate.
I baccelli della vaniglia contengono al loro interno dei semini che si possono utilizzare spargendoli direttamente nelle preparazioni, mentre il baccello può essere
posto in un barattolo di zucchero che verrà caratterizzato dal profumo della vaniglia, ottimo per dolcificare il caffè.
In Francia e nei paesi anglosassoni la Coca-Cola ha commercializzato una bevanda al gusto di vaniglia: la Coca-Cola Vaniglia. Curiosità sulla vanigliaLa vanillina è la
principale molecola aromatica presente nella vaniglia (fino al 4%) ma è una sostanza che l'uomo è in grado di produrre sinteticamente, per questo è reperibile sul mercato a costi
più o meno elevati, a seconda che si tratti di vanillina naturale o meno. La legislazione europea considera la vanillina sintetica come un prodotto identico al naturale, ma la dicitura da
dichiarare all’utilizzo è “aroma” e non “aroma naturale”. La vanillina prodotta sinteticamente ha un bouquet di aromi ridotto rispetto a quella naturale ed è molto utilizzata nell'industria
alimentare.La produzione di vaniglia è un processo molto difficile e delicato, infatti la fecondazione delle orchidee che producono i baccelli deve avvenire manualmente poiché un solo
insetto può svolgere il ruolo di mediazione tra fiore e fiore ma è un insetto che si trova solo in Messico. Di Stefania Puma Quali sono le proprietà cosmetiche della vaniglia?3
ricette al profumo di vaniglia
( dal web)
Zafferano In Erboristeria: Proprietà Dello Zafferano
Lo zafferano è una droga molto usata in gastronomia come colorante (vedi ricette
con zafferano), ma presenta anche interessanti proprietà terapeutiche. Infatti, lo zafferano è conosciuto da tempo in medicina popolare come eupeptico, sedativo e antispastico;
tuttavia, per la sua alta tossicità a dosi elevate, l'impiego è limitato alla cucina.
Attività biologica
Lo zafferano è una pianta ampiamente utilizzata in ambito culinario, alla quale sono attribuite interessanti proprietà, fra cui spiccano quelle digestive.
Infatti, lo zafferano assunto a piccole dosi è in grado di stimolare la secrezione dei succhi
gastrici, favorendo, in questo modo, la digestione.
Tuttavia, a causa della tossicità di
cui questa pianta è dotata (quando assunta ad alte dosi), il suo utilizzo non è stato approvato per alcun scopo terapeutico.
Nonostante ciò, diversi studi sono stati svolti per individuare e approfondire ulteriori proprietà dello zafferano che potessero essere applicabili in campo medico. Più in particolare, alcune
ricerche condotte hanno indagato le potenziali proprietà neuroprotettive dell'estratto
acquoso di zafferano e della crocina in essa contenuto, ottenendo risultati incoraggianti e proponendo un possibile utilizzo del suddetto estratto come coadiuvante nelle terapie
contro patologie
neurodegenerative caratterizzate da
stress ossidativi, come, ad esempio, il morbo
di Parkinson. Tuttavia - prima di poter approvare un'applicazione medica di questo tipo - devono essere svolte ulteriori ricerche in merito.
Inoltre, da altri studi condotti sullo zafferano, pare sia emersa una sua potenziale attività dimagrante, esercitata attraverso la riduzione dell'appetito e attraverso l'aumento
del senso di sazietà. Ciò ha portato all'immissione in commercio di numerosi integratori
alimentari a base di zafferano che vantano queste presunte proprietà dimagranti.
Ad ogni modo, per confermare i risultati preliminari ad oggi ottenuti, dovrebbero essere condotti ulteriori e più approfonditi studi clinici.
N.B.: le applicazioni dello zafferano per il trattamento dei suddetti disturbi non sono né approvate, né supportate dalle opportune verifiche sperimentali, oppure non le hanno superate. Per
questo motivo, potrebbero essere prive di efficacia terapeutica o risultare addirittura dannose per la salute.
Evitare l'assunzione in caso d'ipersensibilità accertata verso uno o più componenti.
A causa della sua capacità di stimolare le contrazioni uterine - quindi, di esercitare un'attività abortiva -
l'utilizzo dello zafferano è controindicato nelle donne in gravidanza.
A scopo precauzionale, anche le madri che stanno allattando
al seno devono evitare l'assunzione di zafferano.
Interazioni Farmacologiche
non note.
Avvertenze
La dose massima giornaliera di zafferano che si può assumere è di 1,5 g. La dose abortiva è
di 10 g, mentre la dose letale di zafferano è di circa 20 g.
( dal web )
Lo zenzero...
Zenzero: proprietà, benefici, come usarlo
Lo zenzero (Zingiber officinale) è una pianta erbacea di origine asiatica appartenente alla famiglia delle Zingiberaceae, di cui fa parte anche il cardamomo. Lo zenzero è utile per alleviare
alcuni sintomi gastrointestinali, come gonfiore addominale e nausea ed è molto amato in cucina per il suo caratteristico gusto piccante.
Controindicazioni ed effetti collaterali dello zenzero
Interazioni farmacologiche
Uso dello zenzero
Biscotti allo zenzero
Che cos'è lo zenzeroLo zenzero (o ginger) è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Zingiberaceae, di cui fa parte anche il cardamomo.
È dotato di rizoma (la radice dello zenzero), ovvero, una modificazione del fusto con principale funzione di riserva, che viene spesso utilizzata come spezia in cucina. Lo zenzero
disidratato, il più delle volte, viene preparato con l’aggiunta di zucchero e sebbene possa dare l’idea di una sorta di “caramella sana”, in realtà non lo è.
Che sapore ha lo zenzeroLa presenza del gingerolo conferisce allo zenzero un caratteristico sapore piccante.
Principi attivi dello zenzeroQuali sono i principi attivi princpali dello zenzero?
Olio essenziale;
gingerolo;
shogaolo;
resina;
mucillagini.
Proprietà terapeutiche e curative dello zenzeroLe proprietà terapeutiche dello zenzero lo rendono un rimedio prezioso in molti casi. Lo zenzero infatti:
Agisce come antinfiammatorio e antiossidante, inibendo l’attività dei radicali liberi e contrastando così lo sviluppo di malattie croniche legate all’invecchiamento cellulare.
Riduce il gonfiore addominale dopo i pasti, promuovendo lo svuotamento gastrico.
Agisce come gastroprotettore, stimolando la produzione di mucina, una glicoproteina che protegge la mucosa gastrica dall’acido cloridrico presente nei succhi gastrici.
Allevia i sintomi da reflusso gastroesofageo, agendo da inibitore della pompa protonica e riducendo così la produzione di succhi gastrici.
Sembrerebbe promuovere la perdita di peso, riducendo l’infiammazione e migliorando l’efficienza del metabolismo.
Grazie all’attività infiammatoria, è in grado di migliorare i sintomi dell’artrosi.
Riduce i livelli di zucchero nel sangue e alcuni fattori di rischio cardiovascolare.
Benefici dello zenzeroÈ un ottimo rimedio contro la nausea, anche in gravidanza.
Calorie e valori nutrizionali dello zenzeroIn 100 g di zenzero fresco troviamo:
80 kcal
Proteine 1,8 g
Carboidrati 17,7 g
Zuccheri 1,7 g
Grassi 0,7 g
Grassi saturi 0,2 g
Colesterolo 0 mg
Fibra 2 g
Essendo utilizzato come spezia, il suo consumo non inciderà minimamente nell’apporto energetico-nutrizionale della giornata.
Per trarre vantaggio dalle proprietà benefiche dello zenzero se ne può assumere liberamente, ad eccezione che nei casi controindicati.
Leggi anche: Infusi di zenzero Controindicazioni ed effetti collaterali dello zenzeroGli effetti dello zenzero possono essere controindicati in specifiche circostanze.
L'utilizzo della spezia dovrebbe essere soggetto a consulto medico nei seguenti casi:
Gravidanza e allattamento.
L'assunzione va completamente evitata in caso di allergia nota verso una o più componenti e le dosi limitate, perché un eccesso di zenzero può provocare gastrite e ulcere.
Interazioni farmacologicheL'uso di zenzero è controindicato nei seguenti casi:
Se si assumono farmaci antinfiammatori;
se si assumono farmaci antiaggreganti e anticoagulanti (come la cardioaspirana) a causa dell'effetto fluidificante dello zenzero.
Uso dello zenzero Gli utilizzi dello zenzero sono estremamente diversificati: può essere utilizzato come spezia per insaporire piatti come verdure, riso o
pesce e in tantissime preparazioni. Vediamo la più classica, in una versione più leggera.Lo zenzero può essere utilizzato fresco, in polvere o disidratato. Meglio preferire le prime due
versioni!Ad oggi viene venduto anche sotto forma di integratore in capsule, dati i suoi numerosi benefici.
La Harissa...
Piccante e speziata: una salsa che al primo assaggio ti prende per mano e ti conduce in
viaggio verso il Magreb, tra sapori vibranti ed intensi. Avete mai sentito parlare dell’harissa? Un ingrediente versatile che si fa notare: sta bene con tutto, dalla semplice fetta di pane al cous cous, ma anche con carne e pesce, verdura e pasta. Se fosse nostrana (e
non nordafricana), la potremmo chiamare tranquillamente “pesto di peperoncino”, ma in realtà è molto di più. Conosciamo meglio l’harissa, chi l’ha resa celebre e come si gusta a
tavola.
Harissa: la salsa hot che arriva dal Nordafrica
L’harissa, nome che deriva dalla radice araba harasa, ossia pestare, impastare e maciullare (in Marocco si usa per definire la
carne battuta), è una salsa a base di peperoncino tipica della cucina nordafricana. Per
spiegarne colore e consistenza, la si associa al concentrato di pomodoro, ed è ottenuta con peperone rosso e
peperoncino, olio d’oliva, aglio, coriandolo, carvi e cumino. A volte si aggiunge anche qualche goccia di succo di limone e menta.
Un condimento particolarmente aromatico e incisivo al palato, che spesso
compare in piatti della cucina marocchina, algerina e tunisina. L’harissa, per tradizione magrebina, è un
ingrediente molto utilizzato per insaporire minestre, insalate e il kebab o il cous cous. In tutto il Nordafrica la si prepara a casa, dopo aver “pestato” gli ingredienti e aver fatto riposare la salsa per almeno 12 ore (così i
sapori si legano al meglio), oppure la si acquista facilmente nei supermercati, in barattolo e in tubetto. In
Italia la sua diffusione non è ancora così comune: la si può reperire in alcuni negozi etnici ben forniti, oppure online (il costo non è propriamente basso:
un barattolo da 200 gr oscilla dai 10 ai 20 euro).
L’Harissa intesa appunto come pasta, o salsa, non va confusa con due piatti della cucina araba che portano lo stesso nome: un piatto di carne
e grano tritato e bollito, e un dolce simile ad un crumble alla mandorla.
Una storia incerta tra America e Magreb
La storia dell’harissa che, ad onor del vero non sembra essere antichissima, è abbastanza confusa. Ciò che è certo è che è postuma ai
viaggi di Colombo, giacché peperoni e peperoncini prima della scoperta dell’America non erano pervenuti. Come poi siano arrivati sulle coste del Magreb si potrebbero
aprire diversi capitoli: furono gli Spagnoli a portarle o i Portoghesi attraverso le rotte commerciali trans-sahariane? Oppure, ancora, potrebbero essere arrivati
passando per l’India sui mercati di Alessandria d’Egitto e di Aleppo. Fatto sta che in Tunisia, Marocco,
Algeria e Libia è uno dei condimenti più usati in cucina da almeno due secoli.
Come si gusta l’harissa: dalle ricette tradizionali a quelle rivisitate
L’harissa conferisce un tipico aroma piccante alle portate che
accompagna. La si usa molto spesso per insaporire il cous cous, a base di verdure, pesce o carne
di pollo e agnello; per condire la pasta (qui il rimando più familiare è senza dubbio
alla 'nduja); nelle minestre, e nel classico kebab. Questa salsa è spesso servita anche come antipasto,
con olive nere spezzettate e fette di pane abbrustolito. Meravigliosa anche con il pesce: a Biserta, la città più a nord dell’Africa, usano cucinare
il branzino con un mix di spezie, harissa, e petali di rosa, da accompagnare al riso o al cous cous, e spinaci o bietole saltate per un piatto unico
davvero mediterraneo, e dal bouquet di sapori interessanti.
(dal web )
Il Shishimi Togarashi...
Dopo aver provato diverse miscele di spezie di vari paesi ho avuto la fortuna di assaggiarne di giapponesi. Della cucina giapponese conosciamo solo il cosiddetto cibo da strada:
sushi e sashimi.
Un po’ come dire che la cucina italiana sia solo pizza…
E’ una cucina completamente diversa dalla nostra e non perché stanno agli antipodi: molto spazio alla forma e meno al contenuto.
Hanno introdotto o, meglio, definito un gusto, oltre all’amaro, al dolce, al salato e all’acido: umami.
Nel 1908 Kikunae Ikeda (池田 菊苗), professore di chimica all’Università imperiale di Tokyo, mentre ricercava sul sapore forte delle alghe, isolò il glutammato monosodico quale responsabile del
gusto. Studi successivi confermarono la scoperta dell’esimio professore isolando la molecola recettore.
E’ un gusto al quale non siamo portati ma è ben presente in carni, formaggi e altri alimenti ricchi di proteine.
Alcune ricerche stanno cercando di isolare un gusto legato al fritto e al grasso ma non sono ancora concluse.
Come dicevo noi italiani ed europei siamo meno sensibili all’umami, ma i giapponesi ci aiutano con alcune loro miscele di spezie e condimenti che tendono ad esaltare tale gusto.
Non si usano molto le miscele di spezie ma una è molto famosa, le altre che presento vengono utilizzate come correttori di sapore per incrementare l’acidità o la sapidità, rispettando però
l’umami-tà (non so come dirlo…)
Del loro curry, molto diffuso in tutto l’arcipelago, ne parlo in maniera approfondita in altro articolo.
Shicimi Togarashi
Tale miscela viene detta spesso al di fuori del Giappone (anche per facilità di pronuncia) “Nanami Togarashi”.
Nel numero quattro (Shi in alternativa Yon) e nel sette (Shichi in alternativa Nana) è presente il suono Shi che significa anche morte ed è il motivo della pronuncia alternativa.
La traduzione sarà quindi SETTE (Shici o Nana) SAPORI (Mi) PEPERONCINO (Togarashi): peperoncino ai sette sapori.
Questa miscela di spezie è nata 400 anni fa ed è considerata un condimento efficace per la salute, poiché ognuna delle sue componenti viene utilizzata come medicamento.
2 semi di sesamo bianco
3 pepe giapponese (sansho)
1 alga nori (ao nori)
3 flavedo essiccato di mandarino (chinpi)
3 peperoncino essiccato (togarashi)
1 semi di sesamo nero
1 semi di papavero
Non spaventatevi per nomi o ingredienti strani!
Pepe giapponese detto sansho: è il zanthoxylum piperitum: un parente stretto del pepe di Sichuan; e questo lo trovate facilmente (anche su internet).
Chinpi (flavedo essiccato di mandarino): con un pelapatate o un coltellino ben affilato togliete la parte aromatica della buccia di alcuni mandarini (non mandarancio o clementina!), mettetela su
una teglia in forno a circa 50° per almeno due ore e controllate che sia ben secca, altrimenti rimettetela ancora in forno. Ma, se lo avete, usate un essiccatore.
Ao nori (alga nori): è quella usata per preparare il sushi. Si trova assai facilmente anche in polvere (costa un poco di meno).
Togarashi: peperoncino essiccato, ne potete trovare di diversi tipi anche al supermercato. Il quanto piccante è a vostra scelta.
Semi di sesamo bianco, nero e papavero: sono prodotti facilmente reperibili. Se non trovate il sesamo nero, utilizzate quello bianco. Se non trovate i semi di papavero, li potete sostituire con
semi di canapa decorticati.
Mettete un ingrediente alla volta nel macinaspezie, macinate e per ultimo il chinpi (mandarino essiccato).
Un pizzico sul tonno alla piastra, in brodi di carne, nell’insalata, negli spaghetti con pesce o molluschi, sugli spiedini di carne o pesce o verdura, e chi più ne ha più ne metta…
Mix giapponese
2 pepe nero
2 pepe verde
1 zenzero
1 flavedo di limone
I giapponesi usano un condimento (yuzu sansho), pepe e buccia di yuzu (un agrume asiatico: citrus junus): due ingredienti introvabili.
Per avvicinarmi al sapore dello yuzu, utilizzo limone e zenzero; per il sansho miscelo pepe nero e pepe verde.
Da utilizzare per il pesce e per le verdure.
Goma shio
da 6 a 10 di sesamo
1 sale marino grosso
Traduzione: Sesamo Sale. Personalmente preferisco 7 parti di sesamo per una di sale.
Se vogliamo è un sale aromatizzato, va bene al posto di un qualunque sale, ottimo per chi soffre di pressione alta in quanto da una sensazione di salato superiore all’equivalente di sale puro.
Kimuchi goma
E’ sesamo (goma), peperoncino e altro. Kimuchi in giapponese o kimchee in coreano è uno stato d’animo, un sentimento, uno ‘star bene’.
Stato spesso associato al piccante. Se miscelate sesamo e peperoncino e lo utilizzate nelle verdure (cavolo cinese soprattutto) ottenete un sapore tonificante.
Non so come spiegarlo scrivendo, ma provate 3 parti di sesamo, una di peperoncino e mezza di aglio in polvere: conditeci del cavolo bollito con l’aggiunta di un filo d’olio.
Provate a descriverne il gusto…
( dal web )
Il Panch Puran...
Panch Phoron significa letteralmente “cinque spezie”. È una miscela di spezie comunemente
usata nell’India orientale e in Bangladesh e consiste dei semi seguenti: cumino, senape nera o marrone (io ho usato la classica), fieno greco, nigella e finocchio.Le spezie vengono lasciate intere e, a seconda di come vengono utilizzate, vengono tostate a secco o soffritte
nell’olio per ottenere i loro sapori pungenti.Panch Phoron specialmente per i piatti di lenticchie e verdure e le spezie vengono usate intere. Panch Puran – Panch Phoron- cinque spezie del
Bengala
La mente è come un miracoloso elastico che si può tendere all’infinito senza che si strappi.
Paramahansa Yogananda
E’ davvero molto semplice preparare questo mix a casa, perchè viene preparato mescolando uguali quantità di:
fieno greco- Trigonella
foenum-graecum
cumino – Cuminum
cyminum
finocchio – Foeniculum
vulgare
nigella – Nigella
sativa
senape – Brassica nigra
Panch Puran – Panch Phoron- cinque spezie del Bengala
Mescolare insieme una quantità uguale di ogni spezia e conservare in un contenitore
ermetico.Per usare il panch phoron, friggi le spezie nell’olio fino a farle
“schizzare” – questo rilascia l’aroma e il sapore agrodolce. Aggiungi le spezie alle tue
verdure, favoloso sulle patate, buonissime anche mescolate all’impasto del pane, delle
focacce, sottoaceti insomma queste 5 speze stanno davvero bene dappertutto.
Note: Potete leggermente diminuire la quantità di fieno greco, è piuttosto amaro.
( dal web )
Il Baharat, il cui nome in arabo significa appunto “spezie”, è una miscela di spezie utilizzata nella cucina di molti paesi del Magreb, anche se l’origine di questo mix di spezie è
la Persia.
Gusto leggermente piccante, tendente più all’agro che al dolce, il Baharat è una miscela eccezionale, in grado di esaltare qualsiasi piatto, dai primi ai secondi, soprattutto se a base di
carne.
Nella cucina marocchina, decisamente esperta in materia di spezie in cucina, viene ampiamente utilizzata in pietanze come stufati e carne bianca.
Noi che alle spezie online piace dare una connotazione anche locale, amiamo farne uso anche su verdure e ottime zuppe, con lenticchie e fagioli.
La miscela di spezie chiamata Baharat conquisterà presto anche il vostro palato, approfittate del prezzo di vendita particolarmente conveniente, a cui proponiamo questa spezia magrebina, in questo periodo. E ricordate sempre che le spezie in cucina
possono con un semplice tocco trasformare ogni portata in un’esperienza culinaria magica.
Ingredienti: noce moscata, cannella, aglio, coriandolo, cardamomo, pimento,pepe, kummel, paprika, cumino, chiodi di garofano. ( dal web )
Adobo...
Questa miscela è fondamentale per la cucina latino americana. La parola Adobo deriva dallo spagnolo e letteralmente significa “marinare”. Storicamente indicava una salsa fatta con olive,
aceto o vino e spezie.
Oggi l’Adobo si prepara in due modi come miscela secca o come pasta.
Composizione
6 cucchiai di aglio essiccato
6 cucchiai di sale
4 cucchiai di origano
2 cucchiai di pepe nero
2 cucchiai di curcuma
2 cucchiai di cipolla essiccata
Esistono moltissime versioni diverse in funzione della zona e della cultura locale. L’adobo cubano prevede anche cumino e succo d’arancio aspro. I portoricani aggiungono aceto. In altre
località si aggiunge succo di limone, prezzemolo, cipolle e coriandolo. Altrove anche semi di annatto, peperoncino ancho, paprika affumicata.
Usi
La miscela si usa innanzitutto per l’omonimo Adobo, ovvero stracotto di manzo o maiale di origine spagnola o portoghese, che si è diffuso in quasi tutto il Sudamerica e nelle Filippine divenendo
piatto nazionale. Ma si usa aggiungerla anche a zuppe, a fagioli, patate al forno e verdure.
Cucina particolare in ambienti belli, purificati e profumati...raccolta essiccatura e uso di mazzetti di erbe balsamiche e aromatiche da bruciare...
Gli smudge stick o mazzettino di erbe da bruciare, sono infatti incensi realizzati con erbe e fiori essiccati, e vengono
utilizzati per purificare gli ambienti, le persone o gli oggetti dalle energie negative, combinando lo sprigionarsi degli aromi e degli oli essenziali grazie alla combustione, alle proprietà
benefiche e terapeutiche delle piante, veicolate tramite la fumigazione: smudging significa proprio bruciare erbe e incensi. Il fumo è un elemento molto importante nei rituali di purificazione
spirituale sciamanici, e l’utilizzo delle piante essiccate come incenso nelle cerimonie religiose e di guarigione degli ammalati è antico di millenni: se ne registra l’impiego sin dai tempi dei
Greci, che utilizzavano gli incensi per guarire gli ammalati, e successivamente dei monaci buddisti, che utilizzavano il fumo dell’incenso durante la meditazione. Anche in Europa la fumigazione
era utilizzata per purificare e sanificare gli ambienti, come ad esempio gli ospedali, gli ambienti domestici, gli animali per liberarli da parassiti e insetti.
Quindi racconteremo di:
Artemisia;
Salvia Bianca;
Palo Santo;
Rosmarino;
Ginepro;
Pino;
Lavanda;
Rosa;
Rametti della fortuna delle Sandre Birbanti!!!
A presto care amiche e amici e buon profumo a noi!!!
Iniziamo la raccolta delle erbe in mazzetti e l'essiccazione...
Le erbe
si raccolgono con gli steli lunghi 15-20 cm, al
mattino nelle giornate asciutte e quando sono nel loro momento balsamico ideale, ossia
ben sviluppate e più ricche di principi attivi: di solito i mesi migliori sono luglio e agosto. Quindi si compongono piccoli mazzi, mettendo le erbe tutte nello stesso senso
e si
legano con filo naturale per tutta la lunghezza del mazzettino. L’operazione di legatura deve
essere fatta prima di essiccare le erbe, perché lavorando con erbe già secche si rischierebbe di frantumarle. In questo modo invece si ottengono mazzetti di erbe che, una volta essiccati, saranno
già pronti da usare. All'interno del mazzettino prima di legarlo e mettere a seccare le erbe , possiamo mettere un bastoncino di incenso, per rafforzarne l'aroma. Per fare la legatura, è
necessario usare del cotone naturale o qualsiasi altraaltra fibra naturale abbastanza
resistente ma sottile, tenendo presente che la legatura brucerà insieme al resto.
La cucina particolare...quella che ci fa bene... anche i fumi!!! E allora iniziamo a bruciare mazzetti di Artemisia secca...
Ecco l'Artemisia, un’erba magica molto potente. I suoi poteri sarebbero stati scoperti dalla dea in persona (Diana per i Romani), la Dea-Madre, la Luna, colei che presiede alla
vita e alla morte, la Signora delle Selve, protettrice degli animali selvatici, custode delle fonti e dei torrenti e protettrice delle donne, cui assicurava parti non dolorosi grazie proprio
all’uso di questa pianta, che venne chiamata “Artemisia”, ossia “dedicata ad Artemide”, proprio in onore della Dea-Madre.
La sua magia è in grado di allontanare tutto ciò che è male: spiriti maligni, epidemie e avversità. Ma i suoi fumi, se respirati, favoriscono sogni e visioni. I Celti la coglievano allo
spuntar del giorno, camminando a ritroso per confondere le tracce delle forze malefiche; poi la usavano per cingere la testa della vergini e regolarne le mestruazioni. Secondo alcune
credenze, sotto le sue radici cresce un carbone in grado di preservare dai fulmini, dalla peste e dai demoni… Persino San Giovanni Battista usava portare cinture di Artemisia per tenere lontano
il diavolo. Nel Medioevo si riteneva che imbevuta nel vino diventasse un utile antidoto contro l’eccesso di oppio, mentre Santa Ildegarda ne esaltava le proprietà digestive.
Secondo una leggenda cristiana, la pianta germogliò nel Paradiso terrestre, lungo il sentiero che doveva percorrere il serpente, allo scopo di impedirne il cammino e preservare l’uomo dal
peccato. Da qui l’Artemisia divenne l’erba del pellegrino per eccellenza: poche foglie nelle scarpe erano sufficienti per impedire la stanchezza e scacciare gli spiriti maligni o animali
pericolosi. Fu talmente radicato il suo legame con il viandante, che sulle portiere delle carrozze e delle prime automobili si usava dipingere una piantina di Artemisia per proteggersi
dagli incidenti.
Da migliaia di anni l'Artemisia viene bruciata per connessioni buone veloci e profonde con i sogni, per ringraziare gli dei, allontanare gli spiriti, durante cerimonie
religiose, per purificare gli ambienti
La Salvia...
La salvia è un’erba che ha un odore molto forte e piacevole quando viene bruciata. Si crede che quest’odore, utilizzato da migliaia di anni, possa eliminare le energie negative. Infatti, bruciare
la salvia è come fare una doccia energetica, una sorta di pulizia profonda. Alcuni studi hanno dimostrato che questa pianta può migliorare l’umore, ridurre lo stress e diminuire il dolore.
Inoltre, se bruciata può effettivamente ridurre la presenza di batteri presenti nell’aria. Questo processo è più efficace se fatto in un momento di transizione, ottimo anche durante la gravidanza
o il trasloco. Purificare la casa dalle energie negative bruciando la salvia ti aiuterà a ritrovare la tua serenità, riflettere e meditare.
Nello specifico:
·A
livello spirituale: molte persone bruciano la salvia e usano la fumigazione per dare continuità a una tradizione ancestrale. È una credenza diffusa che il forte profumo possa eliminare l'energia
negativa da una stanza, da una casa e dal cuore di una persona.
·A
livello psicologico: l'atto di bruciare la salvia può segnare un inizio, una decisione, un cambiamento radicale nella propria vita. Quando accetti il rituale consacrato dal tempo e affidi la tua
fede alla forza della salvia che brucia, puoi riuscire a liberarti delle negatività e trovare la vera pace della mente.
·A
livello fisico: la salvia che brucia rilascia ioni negativi nell'aria e questi, secondo le ricerche, sono correlati a tassi più bassi di depressione. La forza di questa correlazione è ancora
poco chiara, ma la salvia non ha certamente dimostrato di avere alcun effetto negativo.
Il rosmarino...o ramerino...
.Leproprietà curative del Rosmarino sono note sin dai tempi
antichi: i Romani erano soliti impiegarlo comeerba purificatrice per gli ambientiritenendo che avesse doti depurative e che fosse funzionale aprevenire le malattie infettive.
Virtù magiche gli vennero attribuite anche durante il Medioevo, quando si utilizzava per costruire amuleti magici contro i demoni, per fabbricare speciali pettini contro la calvizie e come rimedio per allontanare le tarme. Si credeva che avesse
un’influenza positiva sulle relazioni amorose e proprio per questo veniva impiegato durante i riti nuziali come simbolo di fedeltà.
Il suo uso era legato anche alla morte e alle cerimonie funebri poiché era considerato un emblema di immortalità. Ancora oggi in alcune parti del
mondo si trova l’usanza di bruciare foglie di rosmarino al posto dell’incenso durante i riti funebri.
Si iniziò a bruciare il Rosmarino nelle stanze dei malati di peste per purificare l’aria e successivamentevennero scoperte le sue proprietà benefiche nella cura del mal di testa e depressione.
Il Ginepro...
Per Greci e Romani, il Ginepro era considerato un arbusto magico, in grado di prevenire malattie infettive, bruciandolo nelle abitazioni per purificare l'aria.
Inoltre, nel Medioevo, c'era l'usanza di costruire piccoli talismani con rametti di Ginepro, per appenderli fuori dalle porte di casa, per tenere lontano fattucchiere e malocchi.
Il legno del Ginepro veniva impiegato per fabbricare utensili da cucina, come mestoli e cucchiai, così da insaporire i cibi mentre si cucinavano, con il suo delicato
aroma.
L'incenso al Ginepro veniva utilizzato nei riti di esorcismo per scacciare il maligno, mentre in altre culture è utile durante la meditazione per aprire la
mente, sostenere lo sviluppo della sensibilità e ritrovare lucidità.
In Toscana, come in altre Regioni, la tradizione popolare ha sempre attribuito al ginepro il potere di allontanare streghe e spiriti maligni, i suoi rami venivano appesi alle porte
delle stalle per preservare la salute del bestiame, sui tetti delle case o venivano bruciati perché l’incenso ne purificasse l’aria.
Nel periodo natalizio, in Norvegia, riempivano il pavimento di casa di ginepro per purificare l’aria.Ne esistono di tre tipi: lo juniperus communis, l’ exycedrus, il cui olio veniva usato
per imbalsamare i morti, e il sabina, usato anche come amuleto contro i sortilegi.
Il nome ginepro deriva dalla parola celtica juneprus che significa “acre”.In Mesopotamia il Ginepro era la pianta sacra di Ištar, la dea più potente e temuta. Ištar dea del
sesso e della guerra che poteva portare malattia e distruzione, ma anche amore e fertilità e donava agli uomini potere e conoscenza. Il suo animale era il leone e come simbolo aveva una stella a
8 punte. La fumigazione di bacche o legno di Ginepro veniva praticata per mettere questa divinità di buon umore ed evitarne l’ira.
Il Pino, aghi corteccia e gemme...
il pino è una pianta molto comune in Europa, ed economica. Ha proprietà balsamiche, e dona protezione da
noi stessi e dagli altri e dona sicurezza. È inoltre funzionale alla purificazione degli ambienti, in quanto li libera dalle energie negative.
Droga costituita da un gruppo di gemme coniche. Tuttavia, in campo medico si utilizzano anche l'olio
essenziale ottenuto dagli aghi di pino (ossia dalle foglie del pino) e l'olio essenziale di trementina
purificato.Gli aghi di pino, sotto forma di infuso,
sciroppo o pastiglie, hanno azione diuretica ma
soprattutto balsamica; quest'ultima azione, insieme a quella espettorante,
è esplicata principalmente dall'olio
essenziale, ricco in monoterpeni,
ottenuto perdistillazione
in corrente di vapore.
Per uso esterno, i terpeni presentano attività decontratturante muscolare ed antireumatica.
Attività biologica
Alle gemme di pino vengono attribuite diverse proprietà, fra cui ricordiamo quelle diuretiche, balsamiche, secretolitiche e leggermente antibatteriche.
Tali attività sono esercitate perlopiù dall'olio essenziale contenuto nelle stesse gemme e sembrano confermate da diversi studi, tanto che vengono usate per il trattamento di disturbi
come raffreddore, tosse, bronchiti, nevralgie e infiammazioni
del cavo orofaringeo.
L'olio essenziale ottenuto per distillazione in corrente di vapore degli aghi di pino freschi possiede proprietà analoghe a quelle approvate per le sopra citate gemme di pino. Inoltre, l'olio di
aghi di pino si è mostrato efficace anche nel trattamento dei reumatismi.
All'olio essenziale di trementina purificato, invece, sono attribuite proprietà
balsamiche, antisettiche e
iperemiche.
Inoltre, da alcuni studi condotti su animali, è emerso che l'olio di trementina è in grado di aumentare la secrezione bronchiale.
Grazie alle proprietà balsamiche, antisettiche e secretolitiche di cui le gemme e l'olio essenziale di aghi di pino sono dotati, questa pianta può essere utilizzata nel trattamento
di raffreddori, febbre e
affezioni delle vie aeree, quali tossi e bronchiti.
Generalmente, per trattare i suddetti disturbi, le gemme di pino vengono assunte internamente sotto forma di infusi, sciroppi o tinture. La dose solitamente consigliata è di circa 2-3 grammi
di droga.
Preparazioni semi-solide a base di gemme di pino (in concentrazioni del 20-50%), inoltre, possono essere applicate esternamente per contrastare tosse, raucedine e congestione
nasale. Tali preparazioni possono essere applicate più volte nell'arco della giornata.
L'olio essenziale ottenuto dagli aghi di pino, invece, può essere utilizzato sia esternamente che internamente per trattare i disturbi congestivi delle vie aeree superiori e inferiori.
Quando l'olio essenziale viene utilizzato per fare dei suffumigi,
generalmente, si consiglia di aggiungere circa 2 grammi di prodotto a due tazze d'acqua bollente e di respirare i vapori che ne derivano. I suffumigi possono essere effettuati più volte durante
il giorno.
Pino contro nevralgie e reumatismi
Come accennato, le gemme di pino, l'olio essenziale ottenuto dai suoi aghi e l'olio di trementina si sono rivelati rimedi efficaci nel contrastare dolori di tipo nevralgico e reumatico.
Per il trattamento di questi disturbi solitamente si utilizzano preparazioni per uso esterno.
Quando s'impiega l'olio essenziale di aghi di pino, generalmente, si consiglia di utilizzare preparazioni liquide o semisolide contenenti una quantità di droga che varia dal 10% al 50%. Tali
preparazioni dovrebbero essere applicate in piccole quantità (poche gocce) direttamente sulla zona interessata, anche più volte al giorno.
Se si utilizza l'olio di trementina, invece, si consiglia l'utilizzo di unguenti o gel con concentrazioni del 20%. Il gel o l'unguento possono essere applicati più volte al giorno, direttamente
sull'area interessata.
L'olio di trementina si può utilizzare anche per suffumigi. In questo caso, si consiglia d'instillare 5 gocce del suddetto olio in acqua calda e di inalare i vapori che si sprigionano.
L'operazione dovrebbe essere ripetuta tre volte al dì.
N.B.: quando il pino viene utilizzato per fini terapeutici, è essenziale utilizzare preparazioni definite e standardizzate in principi
attivi, poiché solo così si può conoscere la quantità esatta di sostanze farmacologicamente attive che si stanno assumendo.
Quando si utilizzano preparazioni a base di pino, le dosi di prodotto da assumere possono variare in funzione della quantità di sostanze attive contenuta. Tale quantità, solitamente, è riportata
direttamente dall'azienda produttrice sulla confezione o sul foglietto
illustrativo dello stesso prodotto, pertanto, è molto importante seguire le indicazioni da essa fornite.
In qualsiasi caso, prima di assumere per fini terapeutici un qualsiasi tipo di preparazione contenente pino, è bene rivolgersi preventivamente al proprio medico.
Pino nella medicina popolare e in omeopatia
Le proprietà del pino e dei suoi componenti sono conosciute anche nella medicina tradizionale.
Più precisamente, nella medicina popolare l'olio essenziale di trementina ottenuto dal pino viene utilizzato internamente per contrastare disturbi come i calcoli
biliari, il muco
nelle urine e come rimedio contro l'avvelenamento da fosforo.
Esternamente, invece, l'olio di trementina è usato per il trattamento di bruciature e lesioni cutanee, e trova impiego perfino come rimedio per contrastare la scabbia e
l'assideramento.
In medicina
omeopatica, invece, si utilizzano le gemme di pino con indicazioni per il trattamento di dolori
reumatici, infiammazioni delle
vie respiratorie e affezioni cutanee, quali orticaria ed eczemi.
Il pino
silvestre rimedio omeopatico lo si può facilmente reperire sotto forma di tintura
madre, gocce o granuli. La quantità di prodotto da assumere può variare da individuo a individuo, anche in funzione della tipologia di rimedio e del tipo di diluizione omeopatica che
s'intende utilizzare.
Alla lavanda sono attribuite numerose attività: sedative, antispastiche, antinfiammatorie, antimicrobiche e
perfino ipocolesterolemizzanti.
Più precisamente, tutte queste proprietà sono ascrivibili all'olio
essenziale estratto dalla pianta.
Secondo uno studio, l'azione antinfiammatoria dell'olio essenziale di lavanda deriverebbe
dall'interferenza di alcuni suoi componenti con l'attività della fosfolipasi C. Inoltre, il medesimo studio ha dimostrato che il suddetto olio essenziale è in grado di esercitare un'azione
antinocicettiva molto simile a quella esercitata dal tramadolo (un analgesicooppioide),
diminuendo in questo modo anche il dolore.
Un altro studio, invece, ha dimostrato che l'olio essenziale di lavanda è in grado di ridurre la componente infiammatoria che caratterizza le reazioni
allergiche attraverso l'inibizione della degranulazione
dei mastociti, quindi, inibendo il rilascio d'istamina.
Le proprietà antimicrobiche dell'olio essenziale, invece, sono state messe in luce da diversi studi che hanno evidenziato come diversi suoi componenti possano essere impiegati come battericidi
potenzialmente efficaci contro ceppi di Staphylococcus
aureus meticillino-resistenti e ceppi di Enterococcus
faecium vancomicino-resistenti. Inoltre, l'olio essenziale di lavanda - e, in particolare, il linalolo in esso contenuto - ha dimostrato di possedere anche proprietà acaricide, oltre
che di avere proprietà fungicide in vitro.
Grazie all'azione antimicrobica, in ambito erboristico e cosmetico, l'olio essenziale di lavanda è spesso impiegato esternamente per conferire sollievo e apportare miglioramenti in presenza di
affezioni cutanee come l'acne,
la rosacea o
gli eczemi,
e per ridurre l'irritazione e l'arrossamento.
Alcune ricerche hanno anche messo in luce le potenziali proprietà
ipocolesterolemizzanti dell'olio essenziale di lavanda. Proprietà che sembrano essere esercitate attraverso l'inibizione dell'enzima epatico idrossimetilglutaril-CoA reduttasi
(o HMG-CoA), uno degli enzimi implicati
nella sintesi
del colesterolo. Più nel dettaglio, sembra che tale inibizione sia dovuta al limonene e
al perillil alcol contenuti
all'interno dello stesso olio essenziale. Inoltre, del perillil alcol si stanno indagando anche le potenziali proprietà antitumorali.
Per quanto riguarda l'attività dell'olio essenziale di lavanda a livello gastrointestinale - oltre ad esercitare un'azione antispastica - esso è anche dotato di proprietà
carminative che, quindi, lo rendono un rimedio utile per contrastare flatulenza e coliche.
L'attività sedativa svolta dall'olio essenziale di lavanda sembra si possa espletare anche per
semplice inalazione (aromaterapia).
Infine, l'olio di lavanda si sarebbe mostrato efficace, quando utilizzato esternamente, nel contrastare i piccoli disturbi circolatori.
Alla luce di quanto appena detto, non sorprenderà, quindi, come l'olio essenziale di lavanda venga utilizzato dall'erboristeria per il trattamento di disturbi come l'irrequietezza,
l'insonnia e
alcuni disturbi
digestivi.
Rametti di lavanda essiccati, puoi bruciarli nell'ambiente e lo troverai, meravigliosamente purificato, rinfrescato e rilassanteeeeeeeeeeeeee!!! Provare per credere!!!
( dal Web )
La Rosa è la pianta protagonista del mese di Maggio. Appartiene alla famiglia delle Rosacee e molto probabilmente è originaria del Medio Oriente, anche se alcuni fossili di Rosa sono stati
trovati 30 milioni di anni fa in America. E’ nota per la fioritura del suo incantevole bocciolo, che può avere profumo diverso a seconda della varietà.
Sotto l’influenza positiva del pianeta Venere, simboleggia il piacere, l’armonia, la bellezza e il fascino. E’ infatti ormai di uso comune, regalare una rosa rossa alla propria amata come gesto
d’amore, magari dopo una lite o semplicemente ricordando il proprio anniversario. Altri significati importanti sono legati alla tonalità e all’intensità del loro colore.
Oggi se ne contano circa 3000 specie, tra le più note: Alba, Centifolia, Damascena, Gallica, Moschata ecc..
Rosa
Gallica – Giardino di Ninfa
Possono essere suddivise in sei classi: rose botaniche, rose moderne, comprese le ibridi, le rose antiche, a cespuglio, in miniatura e rampicanti.
La Rosa Damascena è un ibrido di Rosa Moschata incrociata con il polline della specie Fedtschenkoana. E’ una delle più importanti specie della famiglia delle Rosacee. Oltre che per uso
ornamentale, è coltivata principalmente per l’utilizzo in profumeria, medicina e industria alimentare. E’ infatti nota per il suo effetto profumato floreale.
Rosa Damascena
STORIA.
L’etimologia del suo nome non deriva dall’indicazione del colore da attribuire al fiore; in realtà rosa è una parola che viene dal greco rhodon, che ricorda Rhodos,
l’Isola delle Rose, che a sua volta deriva dalla radice vrad, con cui vengono indicate
le spine, in particolare quelle del cespuglio di rose. La parola “rosato” o “rossastro” appare solo successivamente dopo, ed è ispirata, appunto, alle tonalità di colore della rosa.
Esiste un forte legame tra gli uomini e questa pianta e non solo per le sue proprietà medicinali, ma anche per aspetti religiosi. La gente chiama questa pianta anche “Fiore del profeta Maometto”
(Gole Mohammadi), perchè crede che il suo piacevole aroma ricordi loro il profeta Mohammad.
E’ coltivata attualmente soprattutto in Iran, nella regione del Kashan, per la preparazione di Acqua di rose e di olio essenziale. La sua essenza è tra le più costose e pregiate sul mercato
mondiale, a causa della bassa resa dei petali, materia prima di estrazione. Ci sono molte prove della coltivazione e il consumo di R.Damascena in Iran; si ritiene che la distillazione di rose per
l’olio provenisse dalla Persia, alla fine del VII secolo d.C. e si diffuse nelle province dell’Impero Ottomano, solo più tardi nel XIV secolo. Fu importata in Europa all’epoca delle Crociate e
oggi viene coltivata soprattutto in Bulgaria e Turchia per la produzione di olio essenziale.
The Rose water festival in Iran
USI
TRADIZIONALI.
Ippocrate di Kos, , (460 a.C circa – 377 a.C.) , padre della medicina occidentale, prescriveva i petali di rosa macerati nell’olio, come rimedio contro alcune malattie dell’apparato genitale
femminile. Anche anni addietro, nell’Iliade, Omero descrisse Afrodite vegliare giorno e notte la salma di Ettore, massaggiando il suo corpo con olio di rose per imbalsamarlo.
La regina d’Egitto Cleopatra (69-30 a.C) pretendeva di avere il letto coperto di rose fresche ogni ogni giorno e si narra che accolse l’imperatore romano Marco Aurelio con profumatissimi petali
di questo fiore, al quale si attribuivano poteri afrodisiaci.
Se per i Greci rappresentava un attributo di Afrodite, per i Romani la rosa, creata da Venere, era simbolo di fecondità e prosperità. L’imperatore Nerone (37-68 d.C.) pare che dormisse in
un letto di petali di rosa, ne usava così tanti come tappeto e da bere come vino aromatico. Si utilizzavano a quei tempi ricette a base di acqua di Rose, di miele, di confetture e di oli presenti
negli antichi testi di medicina e di erboristeria.
“Le
rose di Eliogabalo” – Lawrence Alma Tadema
Nella Medicina Persiana tra gli effetti terapeutici sono inclusi il trattamento del dolore addominale, i problemi digestivi e la riduzione degli stati infiammatori, il trattamento del
sanguinamento mestruale e un’azione tonica sul cuore. Per la medicina preindustriale infatti si dice che “la Rosa rallegra il cuore.”
Le tribù degli Indiani d’America invece usavano bere il decotto della radice di R.Damascena come rimedio per alleviare la tosse dei bambini.
Nell’icona cristiana la rosa rappresenta sia la coppa che raccoglie il sangue del Cristo, sia la trasfigurazione delle gocce di questo sangue e il simbolo delle sue piaghe. Queste immagini
evocano al “Sacro Graal”, la coppa con la quale Gesù celebrò l’Ultima Cena e nella quale il suo sangue fu raccolto da Giuseppe d’Arimatea dopo la crocifissione.
La Rosa è stata scelta nella storia anche per simboleggiare un’emblema di movimenti, nobili casate, come per esempio quella dei Lancaster nel Regno d’Inghilterra o basti ricordare la presenza de
“La Rosa Candida” nella Divina Commedia, scelta appositamente da Dante come immagine del paradiso e formata dai Beati, che erano disposti in cerchi concentrici nella spirale dei petali,
illuminati dalla luce di Dio.
Divina Commedia – Candida Rosa
E’ in onore della “rosa-Maria” che si recita il “rosario” (corona di rose), che veniva proprio fabbricato con il legno di questa pianta per sottolineare il legame con il fiore. Pregare ancora
oggi con il rosario, significa costruire simbolicamente un roseto in onore di Maria e di Gesù.
PRINCIPI
ATTIVI ED ATTIVITA’ FARMACOLOGICHE.
I diversi componenti isolati dai fiori e petali di Rosa, sono in maggioranza terpeni, glicosidi, flavonoidi ed antociani. Questa pianta contiene acido carbossilico, mircene, vitamina C,
kaempferolo e quercetina. I fiori contengono anche un principio amaro, tannini, oli grassi ed acidi organici. In uno studio del 2007 (Loghmani-Kouzani) sono stati trovati più di 95 macro e micro
componenti nell’olio essenziale di R.Damascena, in Iran nella regione del Kashan. Tra questi, i composti identificati erano B-Citronellolo (14,5-47,5%), Nonadecano (10,5-40,5%), Geraniolo
(5,5-18%), Nerolo e Kaempferolo.
Le funzioni medicinali delle Rosacee sono in parte attribuite alla loro abbondanza di composti fenolici. I fenoli possiedono un’ampia gamma di attività farmacologiche: antiossidanti, spazzini dei
radicali liberi, antitumorali, antinfiammatorie, antimutagena e antidepressive.
Estratti etanolici ed acquosi hanno dimostrato effetti positivi sul SNC, grazie alla presenza di flavonoidi che contribuiscono all’azione ipnotica in numerosi studi e a quella ansiolitica ed
antidepressiva. L’olio essenziale di Rosa, inoltre, può ritardare l’inizio delle crisi epilettiche, dove altri componenti presenti come il geraniolo e l’eugenolo, sembrerebbero aver dimostrato
effetto antiepilettico in un meccanismo di questi composti che è ancora sconosciuto.
Sempre l’olio essenziale di Rosa, ha proprietà antimicrobiche di ampio spettro, con studi in vitro che dimostrano l’importante attività antibatterica del fiore su ben 15 specie di batteri.
PRODOTTI.
La R.Damascena è una delle più importanti specie della famiglia delle Rosacee, nota principalmente per la sua profumazione. I prodotti più commercializzati ed usati derivano dalla lavorazione dei
suoi petali per produrre la famosa acqua aromatica di Rose e l’olio essenziale, che trovano utilizzo soprattutto nel campo della cosmesi e della profumeria.
ACQUA DI ROSE: si
tratta di un prodotto molto abbondante in Iran, contiene tra il 10-50% di olio di rose. E’ usata tradizionalmente nelle cerimonie religiose, nelle moschee soprattutto in caso di lutto, per
calmare e rilassare le persone. La migliore qualità di Acqua di Rose è prodotta nel Kashan. Oggi ha un valore e un mercato prettamente cosmetico e viene commercializzata nell’industria alimentare
e in quella della profumeria. L’acqua di Rose, usata come classico tonico per il viso, è consigliata per la sua azione antiage e rivitalizzante, soprattutto in pelli secche e mature.
OLIO
ESSENZIALE: l’arte della distillazione dei petali di rosa è indubbiamente della Persia, dove sin da tempi molto antichi si distillava già l’acqua di rose. Sono stati molto probabilmente
gli Arabi a portare l’arte della distillazione nei paesi Occidentali. Oggi i paesi produttori più importanti di olio essenziale di rosa sono la Bulgaria, la Turchia ed il Marocco.
distillazione di
olio essenziale di Rosa
Si tratta di una frazione aromatica della pianta, ottenuta a partire dalla distillazione dei fiori freschi di Rosa Damascena. La raccolta avviene a mano il mattino presto, quando la rosa contiene
la maggiore quantità di olio essenziale. Il raccolto viene immediatamente portato alla distilleria, affinchè non avvengono fermentazioni nocive per la qualità dell’essenza. L’olio viene preparato
a partire da alambicchi di rame dal contadino o in grandi fabbriche sotto controllo scientifico. Circa 3000 parti di fiori produce una sola parte di olio. E’ molto costoso e facilmente soggetto
ad adulterazione. Si presenta pallido, giallo e semisolido. Viene utilizzato in Aromaterapia come supporto per aiutare a curare gli stati depressivi, il dolore, lo stress nervoso e l’eccessiva
tensione. Inalato è utile per alleviare alcune allergie, nel mal di testa ed emicrania.
I rami tagliati corti e i petali essiccati e arrotolati, sono degli ottimi cartoccini da bruciare negli ambienti... aumentiamo l'empatia e l'apertura del cuore...
Il timo...
L’aroma del Timo è molto apprezzato in cucina, favorisce l’appetito e stimola la digestione. Il suo utilizzo
in campo alimentare viene sfruttato, oltre che per le sue qualità aromatiche, anche per le proprietà antisettiche per mezzo delle quali viene facilitata la conservazione dei cibi.
Il timo viene utilizzato in cucina principalmente per aromatizzare le carni, (manzo, agnello, pollame),
ricette a base di pesce e piatti di cacciagione in genere. Inoltre, si utilizza per insaporire i sughi e le verdure cotte, patate in primis, e per aromatizzare olio e aceto; viene anche impiegato
nella preparazione di alcuni liquori.
Il timo è ricco di vitamina C e vitamine del gruppo B. Contiene, oltre al timolo, linaiolo e carvacrolo, anche diversi sali minerali che, insieme all’olio essenziale, ne fanno una pianta
molto interessante in ambito erboristico.
Il timo svolge principalmente un’attività antisettica e antibatterica, per questo è considerato un antibiotico
naturale. Peraltro, contrariamente agli antibiotici di sintesi, il suo uso non induce multiresistenza.
Al timo vengono attribuite proprietà balsamiche, anticatarrali, antiossidanti, antispasmodiche, antifungine e diuretiche, oltre a quelle aromatiche e digestive.
L’infuso è molto indicato in caso di influenza stagionale; tosse, bronchite, raffreddore e in tutte le
affezioni alle vie respiratorie contro le quali sono molto indicati i suffumigi a base di timo.
Si inspirano i vapori coprendosi il capo con un asciugamano. In tutti questi casi, oltre all’infuso e ai suffumigi, è consigliato associare un bagno aromatico, particolarmente efficace per
liberare le vie aeree.
Basta aggiungere alcune gocce di olio essenziale di timo (una decina circa) ad un cucchiaio di un normale bagnoschiuma e versarlo nella vasca da bagno, oppure, se non si dispone di una vasca da
bagno, è sufficiente versare il prodotto su di una spugnetta e strofinarla sulla pelle sciacquandosi poi con acqua ben calda.
Storia e curiosità
Il timo è una pianta mellifera, ben apprezzata dalle api che ne ricavano un ottimo miele.
È una pianta che è sempre stata utilizzata dalle antiche civiltà, principalmente per le sue proprietà
antisettiche. Il suo utilizzo, sia per usi terapeutici che culinari, si perde nella notte dei tempi.
Già gli antichi Egizi lo utilizzavano per la conservazione del cibo, oltre che come incenso da bruciare
in offerta agli dei. Veniva utilizzato anche per l’imbalsamazione dei defunti. La sua efficacia è talmente comprovata che a tutt’oggi vengono utilizzati alcuni suoi derivati per
l’imbalsamazione di animali.
Pare che i soldati romani lo aggiungessero all’acqua del bagno nella quale si immergevano prima di
iniziare una battaglia.
I greci usavano realizzare un olio aromatico con il timo. Era loro convinzione che l’applicazione tramite
massaggi di quest’olio infondesse coraggio (la parola timo, in greco antico, significa coraggio).
Galeno, medico e filosofo greco lo considerava il più potente antisettico conosciuto. A Sud Est di Atene si trova
il monte Imetto; lì cresce una particolare varietà di timo dal quale si ottiene un miele che nella Grecia classica era considerato il migliore.
Pure Carlo Magno apprezzava il timo, tanto che ne ordinava la coltivazione nei vari giardini di piante
officinali del suo impero. In seguito a ciò, i Romani cominciarono ad introdurre il timo in cucina per aromatizzare i cibi, ma non solo: grazie alla sua azione antiputrida, contribuiva alla loro
conservazione, in particolar modo i piatti a base di carne, rallentando i processi di putrefazione.
Nel Medioevo il timo era considerato un’ottima difesa in caso di epidemie di peste e di lebbra. Famoso è
l’aceto dei quattro ladri in cui compare il timo . Fino a relativamente pochi anni fa, era utilizzato per disinfettare gli ambienti in cui si trovavano gli ammalati o dove erano riposte le
derrate deperibili.
Il rametti di timo da bruciare, infondono nell'ambiente una sensazione di forza e coraggio...
erba conosciuta per dissipare il dolore in caso di una perdita, disperazione oltre a provocare un sonno
ristoratore e favorire, si dice nei miti, la comunicazione con le fate.
Bruciamo le resine...l'incenso...
Ci sono tanti modi per "ricevere" quello che una pianta può darci. Si può ingerire o strofinare sulla pelle, se ne può fare un farmaco - un rimedio - ma si può anche bruciare ed esporsi al suo
aroma. L'uso è sicuramente molto antico, testimoniato dalla presenza delle fumigazioni in tutte le grandi culture del passato.
All'inizio forse si trattò solo dell'esposizione ai balsami di una conifera, bruciata per riscaldarsi, ma che si rivelò un sollievo contro una malattia da raffreddamento.
Presto, erbe e legni si associarono a rituali e pratiche religiose, si vide che ogni profumo "parlava" in modo diverso. Aveva un potere, apriva porte nella psiche dei primi sapiens.
Incenso - Il profumo del cielo
L’incenso, o franchincenso, è la resina delle piante Boswellia. Crescono ai confini del deserto in una ristretta fascia di terra e sassi, la “cintura
dell’incenso”: troppa acqua le ucciderebbero. Una storia antichissima: la più famosa è Boswellia sacra, diffusa nell’Arabia del sud, ma ci sono più di 20 varietà tra cui l’indiana Boswellia
serrata, detta Guggul.
La fumigazione dell’incenso, bruciato anche nelle chiese cattoliche, veniva fatta per due scopi principali: per disinfettare gli ambienti
e per le proprietà psicoattive.
Da sempre si ritiene che questo aroma avvicini l’anima a Dio; innumerevoli generazioni si sono servite di Boswellia per la preghiera, il
raccoglimento, e per entrare in stati meditativi.
In quanto tale si ritiene che purifichi i nostri spazi interiori, alleggerendo la psiche da tutto ciò che la opprime e proteggendo da influssi negativi. Agendo su questi piani profondi, è come
essere trasportati al di fuori dal caos quotidiano con effetti rilassanti e antistress.
La varietà Guggul, in India, entra tra i rimedi dell’Ayurveda: tradizionalmente si brucia alla sera, spesso insieme al benzoino,
per superare stati di nervosismo, recuperare la pace interiore e avere un sonno ristoratore. Da un'altra pianta affine (Balsamodendron gileadensis) si
ottiene il cosiddetto Balsamo della Mecca: famosissimo nell’antichità, oggi è quasi impossibile trovarlo puro in commercio.
( dal web )
Curiosità: Un tempo le persone colpite da reumatismi si esponevano ai “bagni” di fumi dell’incenso. Un’azione antinfiammatoria
che recentemente è stata confermata da alcune università occidentali.
LA MIRRA...
Mirra - La forza sensuale della terra
Un'altra pianta del deserto è Myrrhis odorata. È la Mirra dei Re Magi: da sempre se n'è fatto commercio insieme all'incenso.
Se l'incenso è "maschio", la mirra è "femmina": racchiude in sé l'energia della terra, dona forza, radicamento, tonicità. Ideale per uscire da
stati di affaticamento e confusione mentale. Nel mondo medio-orientale, ma anche nell'antico Egitto, si riteneva che questa fragranza accendesse la sensualità: in Egitto era detta "scongiuro
dalla pazzia" proprio perché in grado di calmare le persone con gravi disagi psicofisici. Come altre piante, si usava bruciarla nelle stanze dei malati, per somministrare forza e come
antisettico.
Curiosità: La Mirra non va confusa con la mirra dolce (opoponax) che ha un
sorprendente profumo di lavanda. Quest'ultima si pensava che funzionasse come uno scudo protettivo contro agenti patogeni e influenze negative. Potenzia la percezione e i sensi, acuisce le
capacità di osservazione.
Il Benzoino...
Dolce e balsamico, ricorda la vaniglia. Si usa nelle miscele, quasi mai bruciato da solo (è irritante). Alla sera, insieme a cannella e sandalo, risulta calmante, rasserenante. Mentre, insieme a
incenso e cedro, apre varchi sui mondi dello spirito.
Al benzoino viene inoltre attribuita un'azione di stimolo sulla creatività. Una ricetta fumigatoria tradidizionale,
a base di benzoino, si chiama "Shakti" (in commercio): l'impronta femminile di questo aroma richiama i sentimenti amorosi, libera la fantasia e la creatività.
Originario dell'Estremo Oriente, era esportato fin dall'antichità nel Mediterraneo. È la resina dell'albero Benzoe Siam, diffuso in Indocina.
Il cedro...
Cedro - Il profumo dei giardini dell'Eden
Albero imponente, originario della Mesopotamia, quando era fertile. Se ne parla nel ciclo di Gilgamesh e in innumerevoli leggende. Si considerava l'albero
delle rivelazioni: esporsi ai suoi fumi apriva alle ispirazioni sovrannaturali, da cuitrarre saggi consigli.
Si usava nei rituali, anche a scopo di purificazione. Dona forza interiore e sicurezza nei momenti di crisi, conferendo fiducia e autostima. Nello stesso tempo riduce la pressione psichica e
riporta un po' di serenità: non a caso è l’albero dell’Eden, dove non esisteva la fatica del vivere. In più, ha un effetto balsamico e anticatarrale. Oggi, questo legno si trova più spesso
ridotto in polvere per fumigazioni. Il suo aroma è caldo e intenso.
Dal web
Il ladano...
Ladano - Travolti da un'ondata di sensazioni
Il ladano è la resina di un arbusto, il Cistus creticus. Era l'aroma prediletto a Creta mentre oggi si coltiva in varie aree del Mediterraneo. Entra anche
nelle fumigazioni giapponesi.
È un aroma molto complesso, affascinante.
Rafforza la percezione del corpo e la sensibilità in genere: si consiglia nei momenti in cui non riusciamo più a percepire noi stessi. Esporsi al suo profumo significa essere colpiti da immagini,
ricordi e stati d'animo che normalmente non si provano. Corrobora quindi la forza dell'immaginazione.
Aroma caldo, terrestre, è utile quando non sentiamo più il terreno sotto i piedi, quando abbiamo bisogno di calore e solidità, fuori e dentro.
Lo storace...
Storace - La gioia delle feste
Originario della Mesopotamia, è un cespuglio dal quale si ricava un balsamo liquido il cui aroma ricorda l'ambra: la pianta si chiama infatti Liquidambar.
Era considerato il profumo delle feste, forse perché – come sostenevano gli Egizi – dona energia psichica, vigore, autostima e potenzia la sensualità e le capacità seduttive. Venduto come "gomma
storace", si usa spesso insieme al calamo e alla cannella.
Il sandalo...
Antico aroma della tradizione induista, si usa anche nelle pratiche di incinerazione. Si brucia il legno dell'albero Santalum album, che cresce soprattutto
nell'India orientale.
Il sandalo è citato anche nei Veda e nel corso dei secoli gli indiani hanno imparato a utilizzarlo in molti modi,
anche in medicina. In India è considerato un aroma che coltiva l'energia vitale, dunque ottimo per trattare stati di esaurimento psicofisico, nevrosi e stress.
Lo si inquadra anche come disinfettante degli ambienti chiusi. Bruciare un pezzetto di legno pregiato di Sandalo può alleviare il mal di testa.
Curiosità: Attenzione agli acquisti, perché in commercio si trovano legni, o polveri, spacciati come sandalo ma che in
realtà non lo sono. In particolare, a volte si presenta come sandalo il legno di un albero sudamericano (Amyris balsamifera) che costa di meno. Il vero legno di sandalo è quello color sabbia.
Lentisco (resina mastice) - L'espulsione della malattia
Questa resina era un "must"dalle isole dell'Egeo. Si ricavada una
pianta cespugliosa(Pistacia lentiscus) ed è anchedetta "lentisco".
In Grecia e nei paesi arabi si usa tradizionalmente in rituali curativi che prevedono la fumigazione. Ci si espone al fumo della pianta, chiudendo gli occhi e visualizzando "l'uscita" della
malattia dal corpo. Le madri visualizzavano i figli immersi in una nuvola di questo fumo, come protezione dalle malattie. Utile in caso di stanchezza, apporta una sensazione di leggerezza: in più
il lentisco favorisce la meditazione donando una sensazione di luce.